Tra l’XI e il XIII secolo, anche la Sardegna, come tutta l’Europa, è interessata dalla diffusione dell’arte e dell’architettura romaniche. E’ un momento di grande fermento culturale, animato da viaggi, scambi e contatti e da una generale rinascita economica: si assiste a un incremento demografico in tutto il continente, si affermano nuovi centri urbani, l’organizzazione del potere si trasforma e si concentra non più su grandi imperi ma su casati che amministrano piccole comunità; la società e il sistema del lavoro cambiano radicalmente. La religione, in questo contesto, ha un ruolo primario con la nascita di nuovi ordini religiosi e monastici.

La Sardegna, amministrata dai quattro giudicati di Cagliari, Torres, Gallura e Arborea, fa proprie le novità e accoglie migliaia di monaci e maestranze di architetti, artisti e artigiani che arrivano da oltremare, in particolare Provenza, Toscana e Lombardia.

In generale nelle architetture religiose del periodo possiamo osservare tratti comuni come l’uso della pietra locale (tufo, calcare, trachite, pietre vulcaniche), una pianta generalmente unica o più raramente divisa in tre navate, chiusa da abside semicircolare e transetto, la presenza di decorazioni pregevoli come affreschi e sculture.

Gli elementi in marmo come colonne, capitelli, fregi o altri dettagli scultorei sono materiali di spoglio che arrivano da aree preesistenti, di solito di età romana imperiale.

La chiesa romanica più antica e maestosa è San Gavino a Porto Torres: voluta dal giudice di Torres e Arborea Gonnario Comita de Lacon-Gunale e terminata dal figlio Torchitorio Barisone I sulla cima del monte Agellu, fu consacrata nel 1080 ma documentata già nel 1063. Venne realizzata da maestranze pisane in un luogo dove già c’erano necropoli romane e paleocristiane e due chiese. Con i suoi 58 metri è la più grande chiesa romanica della Sardegna, e conserva tratti originali rispetto alle altre, ad esempio gli ingressi laterali e le due absidi contrapposte sui lati più corti. L’interno, illuminato da piccole finestre monofore, ha tre navate, ed è arricchito da alcuni materiali di spoglio come  colonne in granito rosa e marmo grigio, i capitelli, i sarcofagi di età romana che ospitano le reliquie dei tre martiri a cui la chiesa è dedicata: Gavino, Proto e Gianuario.

Restando in territorio sassarese troviamo un altro pregevole esempio di stile romanico: è la basilica di Saccargia dedicata alla Santissima Trinità, nel territorio di Codrongianus. La sua figura si staglia nella piana omonima in maniera spettacolare, con mura di basalto scuro e calcare chiaro per un effetto di bicromia e l’alto campanile che danno alla chiesa un aspetto del tutto peculiare. Voluta dal giudice Costantino I di Sorres per un voto alla Madonna, fu consacrata nel 1116. Si accede alla chiesa attraverso un portico quasi completamente ricostruito, a parte un’arcata e un capitello romanici; la sala interna è unica, con tre absidi e arricchita da affreschi probabilmente di artisti pisani.

A poche decine di chilomentri, anche questa su un suggestivo scenario panoramico, c’è la chiesa di Santa Maria del Regno, nel paese di Ardara, fatta costruire intorno al 1065 da Giorgia, sorella di Gonnario Comita, e consacrata nel 1107. Realizzata da specialisti pisani in trachite, ha una struttura a tre navate divise da colonne. All’impianto romanico si aggiunge, secoli dopo, un monumentale retablo di dieci metri per sei dietro l’altare, firmato nel 1515 da Giovanni Muru. Un secolo dopo la sua consacrazione, nel 1238, la chiesa ha ospitato il matrimonio di Adelasias di Torres con Enzo di Svevia.

Anche San Nicola, su una collinetta all’ingresso di Ottana, è in trachite nera con dettagli rossi e rosa. Consacrata nel 1160, un tempo era la cattedrale della diocesi di Ottana, poi trasferita ad Alghero. Ha una facciata del tipo “a capanna”, alta e stretta, e l’interno ha una navata unica con copertura lignea e pianta a croce commissa o T. Conserva un celebre retablo datato al 1338 in cui si vede raffigurato il futuro giudice Mariano IV d’Arborea.

san nicola ottana 2
San Nicola – Ottana
san nicola ottana
San Nicola – Ottana

Scendendo verso sud, a pochi chilometri da Oristano, si trova la cattedrale di Santa Giusta, dove nel Medioevo aveva sede la diocesi: anche questa, come quella di Ottana, è costruita su un piccolo rilievo ed è accessibile con una scalinata. Anche qui vennero impiegate maestranze e architetti pisani.Molti vedono la somiglianza con il Duomo di Pisa,  Mentre nel nord Sardegna si usa la trachite nera, le mura di Santa Giusta sono in arenaria chiara; non abbiamo documenti che ci suggeriscono gli anni di costruizione e non sappiamo neanche il nome del committente, ma possiamo immaginare sia stata realizzata tra il 1135 e il 1145. Si accede alla chiesa passando attraverso un portale, decorato con un leone e una leonessa scolpiti in marmo che racchiudono due cerbiatti: nella simbologia cristiana sono Cristo e la Chiesa e i loro fedeli. Ha una pianta rettangolare divisa in tre navate e una fattura apparentemente semplice e lineare; sotto la chiesa c’è la cripta, dove sono conservate le reliquie delle tre martiri Giusta, Giustina ed Enedina.

chiesa santa giusta 2
Santa Giusta (OR)

Ancora nell’Oristanese esiste un altro pregevole esempio di stile romanico: è la chiesa di San Pietro apostolo a Zuri, una frazione di Ghilarza. Grazie a un’iscrizione leggibile sulla facciata sappiamo il nome dell’architetto, Anselmo da Como, la data della consacrazione, il 1291, il nome del committente, Mariano II giudice d’Arborea, e quello della sovrintendente della fabbrica, la Badessa Sardinia de Lacon. Il luogo dove si trova non è quello originale: negli anni Venti del Novecento, in vista della costruzione del bacino del Tirso, fu necessario spostarla dalla valle. E così San Pietro venne minuziosamente smontata pietra per pietra e ricostruita nella posizione attuale, su una altura. La pianta della chiesa è semplice, con navata unica e tetto in legno. La facciata è impreziosita da fregi sculture con figure umane e animali, e tutto l’edificio ha un particolare colore rosso dovuto all’andesite delle vicine cave di Ghilarza. Tra le raffigurazioni scolpite vediamo anche la figura della Badessa inginocchiata di fronte alla Madonna e san Pietro, e osserviamo alcune figure in fila interpretata da alcuni come una scena di ballo in tondo, mentre secondo altri si tratta di pellegrini. Non lontano c’è la chiesa di San Palmerio, a Ghilarza, datata ai primi del XIII secolo: è un edificio semplice a navata unica che spicca soprattutto per la bicromia, con conci di basalto scuro alternati a vulcanite rossastra

Sempre in arenaria è San Pantaleo di Dolianova, anche questa antica sede di Diocesi. Il luogo, oggi al centro del paese, era già sede di culto in epoca paleocristiana: al VI secolo risale una vasca battesimale poi inglobata nel presbiterio. La particolarità di San Pantaleo sta soprattutto nelle ricche decorazioni scolpite all’esterno e all’interno con figure geometriche, fitomorfe, antropomorfe, zoomorfe e mostruose. Non sappiamo quando aprì il cantiere per la costruzione, ma sicuramente venne avviato nell’XII secolo e terminato tra il 1261 e il 1289 con tre fasi di lavoro. Ha una pianta longitudinale con tre navate.

san pantaleo dolianova 3
San Pantaleo, interno – Dolianova

Nel cuore di Cagliari c’è la basilica di San Saturnino, la più antica della città. E’ stata costruita dai monaci benedettini di San Vittore di Marsiglia, a cui il giudice Costantino Salusio II di Cagliari nel 1089 aveva donato questa porzione di Cagliari dove già c’erano una chiesa tardoantica e una necropoli. San Saturnino venne rinnovata e consacrata nel 1119. I monaci chiamarono costruttori provenzali che rispettano l’impianto originale della vecchia chiesa cruciforme con un corpo centrale coperto da una cupola e i quattro bracci uguali. Purtroppo la storia di San Saturnino è segnata da secoli di abbandono, rovina e spoliazioni (alcuni elementi architettonici sono stati reimpiegati nella cattedrale di Cagliari e nel castello di San Michele), e nel 1943 fu pesantemente danneggiata dai bombardamenti delle forze alleate nella seconda guerra mondiale. Quello che vediamo oggi, il corpo centrale con la cupola e parte di uno dei bracci, è in parte originale e in parte frutto di ristrutturazione recente.

Testimoni di questo nuovo stile artistico e architettonico sono circa 150 tra chiese, abbazie e basiliche sparse in tutta l’Isola, nelle città e nelle campagne: le architetture, spesso commissionate dagli stessi giudici, mostrano una Sardegna pregevolmente inserita nel panorama europeo. Ogni edificio ha storie e particolari unici: l’itinerario sulle tracce del romanico sardo è per questo motivo affascinante e suggestivo.

Francesca Mulas

 

Realizzato in collaborazione con la Regione Autonoma della Sardegna , Assessorato del Turismo , Artigianato e Commercio.
> Ripartiamo dalla Sardegna. Sardegna, capace di abbracciare il mondo