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Categoria: Appuntamenti

Il 29 maggio 2021, a Bitti, nel santuario della Madonna del Miracolo, Diego Asproni ha allestito la seconda anteprima della mostra “Grazia Deledda chin nois”. Per un pomeriggio, alcune opere dell’artista, ideatore e autore della mostra,  hanno trovato casa in due dei nove portici, situati a destra dell’arco di entrata. Il sito espositivo del primo anticipo di mostra è stato il santuario di San Francesco, a Lula, il 5 maggio scorso. Era il giorno di celebrazione della festa dedicata al santo di Assisi. Al secondo a Bitti,  è seguito il terzo evento similare a Orosei, di domenica, nel santuario della Madonna del Rimedio. Il pittore ne allestirà altri due, uno a Gonare (Orani-Sarule)  e l’altro a Valverde (Nuoro). Durante l’estate seguirà la mostra conclusiva in data e luogo ancora da definire. Il progetto è nato “per ricordare la figura di Grazia Deledda, scrittrice sarda, nel centocinquantesimo anno della sua nascita”, ha detto l’artista. Ciò che unisce i cinque  siti delle anteprime è, infatti, l’essere  meta  di pellegrinaggio e luoghi di fede raccontati nelle sue opere. . . . Al Miracolo, la grande corte di cemento è disadorna e sembra  allagata dalla luce calda del sole. Percorrendola in cerca di parcheggio, sembra di planare in un’altra Bitti. Il percorso per arrivarci, dentro il paese, è infatti segnato dalle ferite doloranti dell’ alluvione di novembre scorso.  Ferite profonde e già infette che hanno mutato il volto del paese dei tenores. E mentre gli occhi cercano il cielo azzurro per un cambio di immagine e così evitare di inumidirsi, la domanda prepotente è se sia sufficiente pregare per riportare strade e abitazioni alla normalità o se l’urgenza  sia di altri e più consistenti fondi. Ma nel santuario del Miracolo le campane sono allegre e chiamano i fedeli a raccolta. La chiesa si anima. Altri rintocchi dichiarano poi la fine del rito e nella corte non arrivano più voci in preghiera né canti. Non è il giorno della festa mariana, ma le ore pomeridiane di un sabato di fine maggio. Tante persone si riversano nei portici, sotto la collina di “Sa de Cucu”, a gustare l’assaggio di mostra nel rispetto delle norme anti Covid-19. Altre arrivano dal paese alla spicciolata. Diego Asproni, artista poliedrico e attivissimo, si intrattiene con tutti a parlare della sua pittura e di come la scrittura di Grazia Deledda lo abbia motivato.  Parla dell’autrice nuorese e del suo mondo, della scuola a lei negata, della capacità di osservazione e descrizione della realtà sarda e dei contenuti delle opere, ancora attuali seppure a distanza di oltre un secolo: un omaggio di parole e belle immagini al Premio Nobel sardo della letteratura. Le suggestioni originate dalla lettura delle opere deleddiane  si colgono, insieme alle citazioni, nei disegni e nelle tele esposte. Colpisce una figura femminile massiccia. I suoi piedi sono grandi e abituati al cammino. Le braccia e le mani, forti e tozze, sono chiuse a formare una nicchia-culla per un bimbo che dorme. Le vesti, dai segni formali e cromatici in sintonia emotiva col paesaggio buio e muto, evidenziano il volto minuto e forte con gli occhi infine spalancati alla luce del perdono. Il riferimento  è alla novella “Due miracoli”. Ma la citazione della Deledda in locandina, dopo il chiarimento che si tratta di “travallos a china a supra de papiru e ozu a supra de telu”,  è invece tratta dal romanzo “Colombi e sparvieri”, e riguarda le storiche paci di Orune e Bitti: […] “La cerimonia per le paci si compì in una chiesa campestre dell’altipiano. […] […] un numeroso seguito di borghesi e di paesani, di donne e di fanciulli, cavalcavano attraverso l’altipiano che divide il villaggio di Tibi dal villaggio di Oronou. Pareva una processione […]   Il tempo vola con i discorsi di arte e letteratura, mentre il cielo, già solcato da nuvole rade, si fa più intimo sopra le colline di Sant’Elia, Cucureddu e Sant’Anna. Sopra Monte Bannitu e le pinete. Grovigli e cascatelle di nuove nuvole, candide e pigre, emigrano lentamente verso il villaggio scomparso di Dure e le chiese di Santa Maria e Babbu Mannu. L’ora di chiusura della mostra si avvicina, ma intorno all’artista bittese continua a percepirsi l’energia della stima di amici e compaesani, grati per il pomeriggio insperato di cultura. . . . Alla mattina di Lula e al pomeriggio di Bitti si può ripensare nella corte del  Rimedio, a Orosei. La terza anteprima della mostra “Grazia Deledda chin nois” è in corso. Sono le ore 17:00 di domenica 6 giugno 2021 e in chiesa si celebra il Corpus Domini. Di mattina i bambini del paese hanno ricevuto il sacramento della prima comunione. Non è il giorno della festa del Rimedio, che si celebra a settembre, ma è festa solenne comunque. Il viale alberato, dall’ accesso al santuario, è tappezzato di fiori. Ai suoi lati, negli spiazzi verdi, nel sentiero che serpeggia per tutto l’insediamento di fede e davanti alle oltre ottanta lozas destinate ai novenanti, le piante e i fiori ornamentali sono rigogliosi e danno l’idea di un piccolo paradiso fatto di verde, di colori e di vita comunitaria. Il tempo gioisce di suo, alternando sprazzi di sole caldo a spruzzate di pioggia cheta, rendendo ancora bizzarra la coda di una primavera che consuma i suoi giorni giocando a rimpiattino. Diego Asproni ha sistemato i disegni e le tele nel portico della chiesa ubicato a destra rispetto all’entrata. Intorno a lui ci sono già gli amici arrivati dai dintorni e da Orosei, da Bitti.   Lui  illustra a tutti il suo progetto e il suo lavoro. Le altre persone di Orosei lo raggiungono alla fine delle celebrazioni, nel rigoroso rispetto delle distanze anti peste. La loro sorpresa è nella scoperta o nel ritrovamento dell’artista e delle sue opere. Si materializzano interesse e gioia dell’incontro, domande e riflessioni. Lui risponde a tutti e a ognuno, scambia opinioni, le gradisce e le sollecita. È per questo scambio che il pensiero di chi scrive ritorna ai due precedenti siti di esposizione. La relazione che Diego Asproni tesse con i fruitori della sua offerta artistica è infatti identica. Lui non si impone, ma si propone, anche quando il suo intervento è compiuto e scritto. Perché poi chiede e cerca. Ascolta e di ciò che gli dicono fa tesoro. Il perché della modalità del pittore bittese di relazionarsi con la gente diventa chiaro pensando alle sue attività: oltre a numerosissime  opere su tela e carta, ha firmato originalissimi racconti pubblici in alcuni paesi dell’interno. Le figurazioni murali comportano l’esposizione senza limiti di tempo all’ apprezzamento e alla critica.   Abbisognano, perciò, di condivisione e accoglienza nei luoghi, ancor prima che di progetto e di realizzazione.  Il perché del relazionarsi dell’artista con il suo pubblico diventa ancora più chiaro ripensando a quanto, di lui  e del suo intervento pittorico  murale (esteso e originale) realizzato a  Onanì, ha scritto il compianto storico dell’arte Salvatore Naitza: “Il messaggio rivolto al collettivo funziona solo se viene riconosciuto e compreso; necessita quindi di  un’intesa e di un consenso da parte della gente. Ci deve essere perciò uno scambio, un fattore di reciprocità.” E ancora: ” Non è difficile immaginare gli incontri e le lunghe intense discussioni, i consigli chiesti e ricevuti che hanno preceduto la esecuzione del ciclo pittorico.” Di tutto ciò che, secondo il Naitza, costituisce sostanza e forma dell’attività di muralista, Diego Asproni sembra custodire i segreti e l’arte, diventati approccio e metodo di lavoro costanti. Egli, infatti, cerca il dialogo, l’incontro,  il patto con le comunità, anche per le sue mostre. Anche qui, a Orosei. Forse perché una conclusione positiva sembra possibile solo con il coinvolgimento della gente. E inoltre, fra i compiti dei grandi pittori, c’è quello di studiare la realtà, trarne l’essenza e fungere da mediatore artistico ed estetico per renderla visibile anche a chi non ha capacità di sguardo. Così facendo, l’artista  si pone naturalmente come creatore e organizzatore di senso nelle comunità. A Bitti, nel periodo immediatamente post-alluvione, ha svolto tale ruolo rendendo alcune sue immagini  itineranti nei luoghi oltraggiati e poi nelle vetrine dei negozi riaperti. E cos’era quella nota di colore, se non una chiara metafora di con-partecipazione, di speranza nella rinascita, di creazione di senso? In una delle tele esposte a Orosei, una coppia dorme accovacciata per terra,  la testa poggiata sui sacchi dei bagagli. Un uomo e una donna asciugano le membra dopo essersi lavati nell’acqua del mare. È il ristoro dei pellegrini. In un’altra tela, tre figure di uomini saldamente abbracciati lievitano sopra una terra che sembra dimenticata dalla speranza. La didascalia è tratta da “Canne al Vento”: […] “È l’alba. I ciechi si alzano, intrecciano le loro dita, si curvano davanti a lui e lo costringono a sedere sulle loro mani ed a mettere le sue braccia intorno al loro collo: così lo sollevano. Lo portano su, via, lontano.” […] Dopo Lula e Bitti, la metafora del viaggio come ricerca, e non come meta,  continua a caratterizzare  le figure  di Diego Asproni, ritratte soprattutto nei momenti di riposo. La metafora caratterizza, infatti, anche quelle esposte nel santuario di Orosei, che traggono la luce dalla speranza nel domani. Nella grande corte, il buio ha ormai cominciato a farsi spazio per distendersi. Bisogna andare quando il respiro del mare, che è poco distante,  smuove  fragranze inebrianti, di terra e di fiori bagnati.   Maria Teresa Rosu https://www.lacanas.it/novas/2021/sa-de-duas-e-de-tres-iscampiatas-a-sa-mustra-grazia-deledda-chin-nois-de-diegu-asproni/  

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