La locandina arriva via WhatsApp. La provenienza: il Centro Studi Giuseppe Guiso. Il nome del Centro che organizza è lo stesso del Professore di Orosei, innamorato di Shakespeare e di tutta la letteratura, rimasto nel cuore di tanti studenti del paese. L’evento è la mostra “Segni dal passato”. Il tema? Il fumettista sardo Salvatore Deidda. La durata: fino al giorno 12 di questo dicembre 2021.
L’inaugurazione? Il 4 dicembre, alle ore 18, nei locali de su Monte granàticu.
Uno sguardo agli interventi invoglia a partecipare. Sono previsti i saluti della Prof.ssa Carmine Deidda, Presidente del Centro, e della Dott.ssa Elisa Farris, prima donna sindaca di Orosei, giovane e fresca di elezione. Parleranno poi l’architetto Salvatore Carboni, curatore della mostra, e il fumettista Manuelle Mureddu. Il nome di un altro fumettista, Salvatore Leone, è indicato di seguito alla voce “Laboratori”. In calce, sotto la nuvoletta bianca che racchiude lo stemma del Comune di Orosei, c’è l’avvertenza di rito per questi tempi di covid 19 e di pseudo libertà conquistata: “Ingresso con mascherina e green pass”.
Soddisfatto lo sguardo, il nome di Salvatore Deidda comincia a suggerire pensieri e associazioni. Così qualche ricordo emerge davvero, da un tempo lungo decenni. Sono ricordi di segni e di sogni che tornano con tavole e nuvolette di parole. Fra i banchi del Liceo-Ginnasio circola qualche fumetto. Il professore chiama all’interrogazione lo studente-lettore azzardato e furtivo e, nel silenzio che segue alla prima domanda, sentenzia: “Ahiahiahi! Vedete? I fumetti mandano tutto lo studio in fumo!”
La scuola di allora chiudeva le porte al fumetto perché considerato un genere narrativo minore e marginale nel migliore dei casi, deleterio in quello peggiore. Forse anche a causa dei classificatori di professione, che non hanno fregiato la sequential art della definizione univoca di arte o di mestiere e i fumettisti dei titoli di artisti o di semplici artigiani. Ma l’acqua ricca di umori scorre e fertilizza. Come il tempo. Quello del connubio di parole e immagini, sebbene non sia riuscito a definire una casella unica in cui posizionarlo, è però entrato a scuola, in biblioteca, in libreria. Piano piano, per quanto lo si volesse pensare genere o sottogenere di qualcosa, il fumetto è stato vincente sul terreno insidioso dei non lettori, dove altri generi, definiti e ufficiali, lo sono stati di meno. I corsi sono proliferati e si è affermata la libertà di lettura di un qualcosa che ancora sfugge alle etichette ma che tutto può essere fuorché minore.
Il Centro studi di Orosei bene ha fatto, dunque, a organizzare l’evento “Segni del passato” con opportunità di laboratori per il travagliato presente. Perché i fumetti ancora si leggono e per farli bisogna esserci portati e aver coltivato l’immaginazione. Ma anche l’educazione fa la sua parte. Fornire i presupposti per creare l’attitudine, o per farla emergere dalle pieghe più intime di chi ignora di possederla, è dunque cosa buona e giusta. D’altronde è stata la Presidente, già docente di scuola media, a proporre la mostra al Centro sudi. Lo chiarirà in apertura, parlando di un ritorno a Seui, dai parenti, e dell’incontro fortuito con Salvatore Carboni, che l’ ha accompagnata alla fabbrica di Kimbe, il “luogo non luogo” da lui fondato, dove ha allestito la prima mostra nazionale sul fumettista Salvatore Deidda.
Entrare nei locali del Monte granatico, nel giorno e nell’ora fissati in locandina, seppure con il fastidio delle verifiche d’ingresso, è un piacere che dura tutto il tempo dell’iniziativa. La casa del grano, infatti, anni fa è stata oggetto di restauro e con i muri in pietra, le nicchie in mattoni e le capriate in legno, testimonia le pieghe plurime della sua storia e si autopromuove museo di elementi architettonici.
All’arrivo, Salvatore Carboni racconta della sua titubanza a coprire i bei muri con gli espositori e le tavole di Salvatore Deidda. Ma è giusto un attimo. Appena dopo, parlando del suo incontro con l’opera del fumettista, della sua vita e del suo epilogo prematuro e tragico, l’architetto si commuove più volte. Il pubblico attento coglie l’emozione e la passione dell’ ideatore della mostra che, dalle sue parole e dalle tavole, appare meritevole di uno spazio parimenti degno. È uomo di discorsi brevi, il curatore. Si definisce “un sognatore pragmatico”, uno che cerca “di costruire ponti fra il passato e il futuro”, al fine di “creare nuove cose”. Discorsi brevi ma intensi. In una manciata di minuti, racconta di quando, studente sardo di Seui all’Università di Firenze, informato dal professore di Grafica pubblicitaria della morte di Salvatore Deidda, fumettista della Bonelli, comincia il suo sogno-indagine. Cerca notizie del compaesano emigrato a Genova. In paese lo incontrava qualche volta, d’estate. Trova ciò che cerca da parenti, amici, conoscenti. Piovono come doni disegni e fumetti originali che gelosamente raccoglie per farne una mostra, per dare dignità a un grande fumettista sardo caduto nella voragine dell’oblio.
Dalle parole dell’architetto, prende forma un legame fra la tragica fine di Deidda e il suo essere disegnatore di fumetti.
È Manuelle Mureddu, a dare spessore a quel filo con parole delicate e rispettose, a dargli consistenza con il disagio, con l’esigenza di “ dare più spazio alla propria anima” con “il bisogno di “uscire dal sistema rigido” del fumetto di quei tempi che stoppava la creatività vincolandola a schemi prefissati. E continua, il fumettista nuorese, donando ai presenti un viaggio nel mondo e nella storia del fumetto “per capire cosa c’è dietro, come funziona, come si diventa fumettisti” e così capire anche “la psicologia, alcune pieghe personali dell’azione artistica di Deidda”. Poco prima aveva apprezzato l’intervento di Salvatore Carboni, perché “denso di suggestioni umane che aiutano a capire la psicologia globale di chi sta all’interno del mondo del fumetto, di chi disegna e anche di chi scrive”.
Salvatore Leone, il fumettista di Orosei chiamato a condurre i laboratori, spiega le dinamiche, i contenuti, i tempi e le modalità di partecipazione e annuncia la presenza di un collaboratore molto importante: Luca Enoch della Bonelli.
“Sono stata lieta di accogliere questa iniziativa interessante”, aveva detto Elisa Farris in apertura, “perché celebra un talento sardo che ha avuto importanza a livello nazionale”.
Nella grande foto che troneggia da un muro, lo sguardo di Deidda che ha lavorato per il colosso Bonelli, leader del fumetto realistico, è quello di chi ha sondato l’abisso dal quale non ci sono ritorni. Ma è guardando le tavole esposte, che la “verità” della sindaca, quella della presidente del Centro studi e quelle raccontate dagli ospiti, diventano sacrosante. Perché il respiro della mostra è di grandezza. Un respiro che scosta il velo dal fumettista capace di dare volti, paesaggi e colore a ciò che era solo parola. E gli dona il ritorno al presente che spetta ai creativi. Chi guarda la mostra dopo gli interventi, sente il valore di quel ritorno e riflette su quanta eccellenza il paesaggio culturale sardo disponesse, e disponga, anche per il medium del fumetto.
Maria Teresa Rosu