Nel caldo silenzioso della nostra estate, la Sardegna riecheggia puntualmente nelle testate e nei rotocalchi contrassegnata dalle presenze turistiche nelle coste e nelle spiagge. Eppure c’è una Sardegna di incommensurabile bellezza che lavora per far in modo che le sue meraviglie vengano conosciute spostando lo sguardo dal mare, rinnovando le proposte e le vesti, regalando essenze dei territori e delle identità.

 

Da questa base nascono ragionamenti per eventi di successo, articolati in luoghi non casuali, che diventano calamita per turisti e non: è questo l’abito che Tamuli da diversi anni sceglie per sé. Il complesso, risalente all’età del Bronzo medio (1500-1200 a.C.), è situato ad una altezza di 720 m, sul declivio del monte di Sant’Antonio, dove la catena del Marghine si congiunge con il Montiferru, e fa parte del Comune di Macomer, da cui dista circa5 chilometri

 

La sua posizione ottimale per l’osservazione del cielo – grazie anche alla totale assenza di inquinamento luminoso – ha portato alla nascita della manifestazione “La notte di San Lorenzo a Tamuli” un’idea per fruire del sito in maniera diversa dalla semplice e sola visita guidata, che consapevolizza i visitatori su come un sito possa essere vissuto e  rivisitato in maniera diversa.

 

È un discorso innovativo e tenace, portato avanti dalla Cooperativa Esedra che dal 1998 si occupa di servizi per il turismo culturale e ambientale, promuovendo la tutela, la conoscenza, la divulgazione del patrimonio culturale e naturalistico del territorio del Marghine: un territorio meno conosciuto rispetto ad altri, piegato dalla crisi delle aree industriali, ma non certo meno ricco di siti di valenza elevatissima a livello archeologico e culturale, da cui indubbiamente il territorio stesso deve ripartire, nonostante in questo momento storico – soprattutto per la cultura – le procedure burocratiche e l’inadeguatezza delle strutture non facilitino il ruolo degli operatori.

 

Il primo passo per l’area archeologica di Tamuli è stata una gestione non tradizionale: “L’impegno costante al mutare delle esigenze dei visitatori e alle aspettative che questi hanno nei confronti del bene culturale ha fatto nascere in noi un attenzione particolare affinché il bene archeologico possa essere sempre vissuto e rivissuto non come un bene fisso o immobile, ma come uno scambio reciproco e sempre attuale” racconta Rossana Muroni, presidente della Cooperativa Esedra.

 

La volontà e il dinamismo di queste parole è tangibile in tutta la manifestazione: un efficiente lavoro di rete in cui Tamuli si è trasformato al tramonto in un luogo di accoglienza in cui si sono alternati diversi suggestivi momenti. Ha aperto la serata il recital “Suono di Pietra”, un concerto di poesia civile sarda in lingua italiana, prodotto dalla compagnia Il Crogiuolo, con Mario Faticoni e Andrea Puddu alla fisarmonica: un momento raccolto, intenso, dove i visitatori si sono fatti trasportare dalle parole di Faticoni all’interno della nostra storia, ai molti per lo più sconosciuta. Dietro al recital un forte lavoro di squadra, in modo che la manifestazione di Tamuli venisse inserita nel NurArcheo Festival, nato 6 anni fa da un progetto pilota sostenuto dalla Provincia Ogliastra, che aveva favorito la circuitazione nei siti archeologici del territorio di alcuni spettacoli teatrali. La forza del NurAcheo Festival è stata, nel corso degli anni, la piena integrazione tra conoscenza/fruizione dei siti archeologici coinvolti ed eventi spettacolari di musica, teatro e danza. Nel 2014 il Festival ha ampliato i territori interessati, trovando in Tamuli un terreno abbondantemente fertilizzato dalla Cooperativa Esedra che si muoveva nella stessa direzione con intenti comuni, creando luoghi e tempi in cui i visitatori potessero confluire, respirarne l’atmosfera, innamorarsene, esserne rapiti e affascinati.

 

Lo sguardo e l’attenzione dei visitatori sono stati letteralmente ipnotizzati con l’arrivo a ritmo cadenzato dei Tumbarinos di Gavoi, e quello dei campanacci dei Mamutzones di Samugheo: suoni e movimenti ancestrali, in cui l’identità della madre terra si è rivelata con forza ai visitatori, emozionati spettatori di sconosciute tradizioni.

È stato quindi il momento del buio illuminato dalla luna, la più grande e luminosa dell’anno: grazie all’Associazione Astronomica Nuorese tutti hanno potuto ammirare dai telescopi astronomici non solo la luna e le stelle, ma anche Saturno e Marte.  In molti, hanno degustato un vino delle Cantine Pala, emergente dell’anno e ospite della serata.

 

Sono stati circa un migliaio i partecipanti, per circa l’80% turisti: una grande vittoria per l’organizzazione che ha scommesso in un evento non da poco e in un momento non facile per chi sceglie di investire in cultura oggi: sono sempre meno i contributi o finanziamenti per manifestazioni del genere, e spesso i costi sono troppo elevati per i soggetti promotori degli eventi, che in questo modo diminuiscono la propria capacità di crescita. Ma rimane comunque da sottolineare una parola: qualità. È l’unica che riecheggia alla conclusione di una suggestiva serata in un luogo tanto magico: e la qualità paga, in termini di presenze, di buone prassi, di professionalità e di territorio. Soprattutto in un territorio dove la cultura deve passare necessariamente anche dalla sua antica essenza: e in questo caso Tamuli, con la sua ancestrale energia, ha ricordato a tutti dove si trova la nostra primordiale identità, necessario punto di ripartenza.