Ecco il testo del discorso pronunciato dal podestà di Desulo, il poeta Antioco

Casula noto Montanaru, in occasione della visita del Maresciallo d’Italia Pietro

Badoglio nel paese del Gennargentu il 21 maggio del 1937 (i puntini di

sospensione sono dovuti a lacune nel dattiloscritto dell’autore, conservato

negli archivi del Comune di Desulo e in qualche altro archivio privato).

 

 

Glorioso Duca,

L’eroico Generale Achille Martelli, Medaglia d’oro, che regge le sorti della nostra Provincia, con l’ardore di un neofita e la fede di un apostolo, ha voluto accompagnarvi quassù, fra questa chiostra di belle montagne, ove ancora si conservano, assieme alla bellezza del costume, quelle fiere tradizioni di ospitalità e di amicizia che sono vanto e distinzioni della sarda Gente.

 

Nell’accompagnarvi ha forse pensato che qui vive e si agita lo Spirito di un poeta che ha cantato e lenito i dolori del suo popolo, esaltandole la virtù e la forza. E mai come oggi ho chiesto a Dio la grazia di far fluire nel mio spirito, come un torrente divino, l’Epopea di Omero, gli inni alati di Pindaro o la gravità di un carme di Orazio, per glorificarvi degnamente col canto.

 

Vorrei avere in quest’ora, in cui a me tocca il raro ed ambito privilegio di salutarvi a nome di Desulo, lo spirito puro e la freschezza immaginosa degli antichi Aedi, che sapevano con meravigliosa e ingenua espressione fondere le voci della Natura con quella dello Spirito, per trarre dagli alvei dei fiumi la voce scrosciante delle acque e dalle ritorte bucine (sic!) dei monti il mormorio possente dei venti, onde comporvi una canzone di gesta, o Grande Pietro Badoglio! Ripetere ad ogni strofa, in un canto di Epopea, il vostro nome che risuona nei nostri cuori come il fragore di un ciclopico maglio che batta sulla ferrea incude o lo squillo di bronzea campana, che chiami a raccolta popoli ed eserciti per spingerli nelle loro avanzate fatali. Quando il Duce sempre Veggente e Previdente interpretando ancora una volta l’unanime sentimento degl’italiani, Vi destinò al Comando della Grande Impresa Africana, tutti sentimmo con matematica certezza, che il valoroso Esp ………………………………………….……………………………………..

 

Così cadde la munitissima Amba Aradam, e lo spaventoso Tambien fu purgato dalla barbarie abissina. Sulle rive del lago Ascianghi si concluse la vostra fulminea e napoleonica manovra. Tafari vi aveva concentrato la sua famosa guardia imperiale che Voi disperdeste come uno stormo di passerotti sotto l’impeto vittorioso delle aquile romane. Quale sarà il poeta che un giorno canterà la Vostra marcia leggendaria? Attraverso un terreno immenso, senza strade, pieno di dislivelli; accidentato, impantanato dal fango, corso da lunghi fiumi, sotto l’insidia nemica, Voi avanzaste con un intero esercito senza perdere un uomo, senza sostare un giorno, per giungere, quasi per forza di magia, ad Addis Abeba, fiore dell’Etiopia colto dalle vostre mani. Dopo il crudo inverno era venuta per noi la grande smagliante sospirata primavera. Oh notte aulente di maggio, chi potrà dimenticarti? Beato chi ti visse nella tua vasta profondità! Grappoli di stelle pendevano dal cielo come ghirlande preparate per la festa imminente. Tutte le nostre strade erano diventate come un foro.

 

Gli anziani immobili appoggiati ai muri sembravano antiche cariatidi di bronzo mentre i giovani nel centro delle strade scalpitavano impazienti come puledri usi al corso, e le donne stavano in gruppi separati, vigilanti e belle come vestali. Anche i pargoli che tenevano in braccio tendevano in alto le manine lievi; come ali di farfalle notturne quasi a ghermire la grande ora che stava per scoccare. Ad un tratto, nel silenzio, tuonò la ben nota voce: il Maresciallo Badoglio mi telegrafa… Un clamore immenso si levò dai nostri petti e gli occhi si bagnarono di lacrime.

 

E Voi Duca foste benedetto assieme al Duce in un momento di passione sovrana. Dall’Ara di Vesta il fuoco mai spento, illuminò di nuovo i colli fatali sorti per l’impero. E pensammo al Conquistatore dell’Impero, a Voi lontano ma così vicino ai nostri cuori riconoscenti. E desiderammo con struggente amore di conoscerVi, di cercarVi in pellegrinaggio devoto, come mai gli antichi Greci andarono a Delfo. Ma il miracolo sognato in quell’ora Voi l’avete compiuto oggi con generosa umana semplicità venendo quassù a vederci e confortarci. Voi il Grande Condottiero di eserciti siete passato umile e sorridente in mezzo all’umile Gente nostra. Avete al nostro contatto offerta la vostra Persona glorificata da tanta guerriera fatica. CHE VOI SIATE BENEDETTO!

 

I nostri Vecchi potranno dire come l’antico Simeone: Ora possiamo chiudere gli occhi in pace perché si è offerto a noi questo memorabile giorno! I nostri Balilla cresceranno fieri del Crisma che Voi avete dato col vostro largo e paterno sorriso. Tutto questo Popolo eternerà con la memoria e con le Opere il premio che gli avete serbato. E questo Popolo che ha dato alla grande Guerra settantaquattro morti e riversa ogni anno nelle scuole settecento fanciulli, può con fiducia guardare all’avvenire! Tanta Balda Giovinezza prepara sulla grandezza d’oggi un più grande domani. E da queste gole, se l’ora giunga, scenderanno con la furia dei torrenti montani i nostri manipoli, per andare lieti a morire e farsi massacrare purché salga sempre in alto rispettata, temuta ed ingrandita, la PATRIA IMMORTALE!