Sarà il buon cibo, l’aria pulita, un quotidiano fatto di ritmi semplici? O è solo questione di genetica, magari con un pizzico di fortuna? Forse c’è tutto questo nel mistero della longevità dei sardi. Un elisir neanche troppo segreto fatto di alimenti sani, lavoro a contatto con la natura e un dna che ci rende più predisposti a una vita lunga. Ne sapeva qualcosa Antonio Todde di Tiana, classe 1889, entrato nel Guinnes dei Primati come l’uomo più vecchio del mondo e scomparso a pochi giorni dal 113esimo compleanno. O Giovanni Frau, di Orroli, morto nel 2003 a 112 anni come il più anziano d’Europa, Pasquale Frasconi di Luogosanto con le sue 110 primavere. Perdasdefogu vanta un altro singolare primato: nel 2012 i fratelli Consola, Claudina, Maria, Antonio, Concetta, Adolfo, Vitalio, Vitalia e Mafalda Melis, nati ai primi del Novecento, hanno conquistato il titolo di famiglia più longeva del mondo, 828 anni in nove.
I sardi che vivono a lungo non sono una curiosa rarità ma una realtà da tempo oggetto di studio, che ha attratto anche importanti finanziamenti di ricerca e ha portato la Sardegna a essere inserita nell’elenco delle Blue Zone, le zone del mondo in cui si concentra una forte longevità: accanto all’Isola ci sono la Penisola di Nicoya, in Costa Rica, Icaria in Grecia e Okinawa, in Giappone, e la comunità californiana di Loma Linda. Cinque territori lontanissimi ma uniti da un elemento unico: qui le persone vivono più a lungo. C’è poi una singolare analogia tra la Sardegna e l’isola giapponese, messa in evidenza anche dal recente documentario “Isole gemelle, dalla Sardegna a Okinawa sul filo della tessitura” diretto da Giorgia Boldrini e Giulio Filippo Giunti. Cosa lega i centenari sardi con tutti gli altri? La vita quotidiana a partire dall’alimentazione prevalentemente di legumi e verdure, e poi un’attività fisica moderata ma costante e la prevalente assenza di tabagismo. Esattamente come si vive in Sardegna nei paesi che registrano un numero maggiore di centenari e ultracentenari: i già citati Tiana, Orroli e Perdasdefogu, e poi Villagrande Strisaili, Arzana, Talana, Baunei, Urzulei, Ulassai in Ogliastra e Ovodda, Ollolai, Gavoi, Fonni, Mamoiada, Orgosolo e Oliena nella Barbagia di Ollolai. C’è poi il caso di Seulo: qui in vent’anni, dal 1996 al 2016, se ne sono contati ben venti. Al paese barbaricino Pino Ledda, storico e ricercatore esperto di genealogia, ha dedicato “Seulo: per non perdere la memoria. Genealogia, longevità e identità della comunità dei centenari”, pubblicato nel 2016 da Domus de Janas, frutto di un lungo lavoro di ricerca basato su dati demografici, genealogici e documentari: qui, forse più che in altri paesi, quello genetico è dominante rispetto ad altri fattori che determinano una vita lunga, dato che le persone che superano il secolo sono spesso fratelli e parenti. Altro elemento prezioso e non scontato nella longevità di Seulo e la straordinaria lucidità che accompagna la vecchiaia. Il record dei più anziani seulesi è nelle mani di Solomea Locci, morta nel 2003 a 106 anni dopo aver attraversato tre secoli, mentre Giovanni Antioco Mulas ha vissuto per 105 anni e sua sorella Speranza per 102. Da Seulo agli altri paesi la sostanza non cambia: viviamo in un’isola dove la vita lunga non è una casualità. Di questo fenomeno si parla da tempo, ma è nel 2004 che gli studiosi Gianni Pes e Michael Poulain hanno firmato un articolo, pubblicato sulla rivista scientifica Experimental Gerontology, in cui definiscono per la prima volta le Blue Zone e la Sardegna come terra di centenari. Insieme a quelli di Pes e Poulain c’è il contributo di Luca Deiana, a capo del progetto multidisciplinare AkeA (acronimo dell’augurio “A kent’annos”) nato oltre vent’anni fa da un team di medici, biologi e demografi attorno alla cattedra di Biochimica clinica dell’Università di Sassari con l’obiettivo di studiare le informazioni dei centenari e ultracentenari di tutti i comuni sardi. Studi ancora in corso, che si arricchiscono continuamente da nuove analisi e nuovi confronti, ma che hanno già dimostrato come quello della longevità sia un fenomeno sempre esistito in Sardegna. Deiana ha analizzato le informazioni dal 1867 a oggi ma ha registrato anche tre casi nel Settecento. Ieri come oggi, stile di vita e alimentazione sono gli elementi comuni tra tutti gli anziani che superano il secolo e che portano a contare 22 centenari ogni centomila sardi, il doppio della media italiana di 11 ogni centomila.
Oltre a cibi e ambiente, la ricerca si è concentrata anche sul dna: ProgeNIA, sviluppato dal Cnr insieme al National Institute of Health di Baltimora sotto il coordinamento di Giuseppe Pilia, ha coinvolto la popolazione di Ilbono, Arzana, Elini e Lanusei, mentre SharDNA, società nata nel 2000 per studiare la correlazione di una popolazione a lungo isolata, quella ogliastrina, con determinate malattie, ha prelevato campioni di dna su 15 mila abitanti di Talana, Perdasdefogu, Urzulei, Baunei, Ussassai, Seulo, Triei, Seui, Escalaplano e Loceri. Una storia che è diventata anche un marchio registrato, “Isola dei centenari”, e che ha attirato ricercatori, documentaristi e giornalisti da tutto il mondo, arrivati qui per trovare l’elisir di lunga vita. I componenti ormai li conosciamo: una vita semplice e genuina e il contatto con la natura. E l’ingrediente fondamentale: la Sardegna stessa.
Francesca Mulas
Realizzato in collaborazione con la Regione Autonoma della Sardegna , Assessorato del Turismo , Artigianato e Commercio.
> Ripartiamo dalla Sardegna. Sardegna, capace di abbracciare il mondo