Il ricordo veloce di Gramsci attraverso una riproposizione superficiale di parole e scritti è come voler mettere in vetrina i pensieri migliori del più grande filosofo del mondo senza esserne interpreti. La pretesa è alta, direi finale per chi si richiama alla tradizione politica della sinistra ma se il risultato non può essere perfetto sarà comunque l’impegno profuso nel tentativo a farci capire quanto sia attuale e inattuato il suo pensiero.

Odio gli indifferenti” è immediato come un tweet, giusto per lo spazio in una maglietta o urlato per rivendicare i propri ideali. Si trascura però tutto ciò che viene dopo, le connessioni con le altre opere e ci si ferma ad aspetto statico che avrebbe bisogno di nuova linfa. Bisogna educare gli indifferenti. Quel parteggiare di lotta per la giustizia sociale ha bisogno della persuasione, del bagaglio che la storia ci ha consegnati e che nessuno è ancora riuscito a portare a destinazione. Educare chi si odia è una delle massime forme di generosità, mettere da parte un sentimento negativo per migliorare la società attraverso un’azione personale e collettiva. E’ per un certo verso quello che dovrebbero fare anche i partiti.

Gramsci parlava di passaggio dal sapere, al comprendere al sentire, dove l’elemento popolare sente. La base, quel blocco sociale di riferimento sente, unisce alla situazione reale sentimenti e stati d’animo che oggi si ripropongono con prepotenza nei confronti dei partiti con una crisi della rappresentanza politica dove la pretesa di rappresentare tutti ha finito col non rappresentare effettivamente nessuno se non se stessi. E qui possiamo richiamare il concetto del rapporto tra governanti e governati, per analizzare le forme di partito che da tradizionali sono diventate un ibrido frutto più della ciclicità dei congressi e dei leaders che di un’idea chiara di forma partito. Pensieri sui problemi del presente che possono essere avvolti dalla grande coerenza morale di Gramsci. Più che un pensiero è un modo di vivere qualsiasi epoca e che non si limita alla fedeltà ai concetti e pensieri elaborati nelle sue opere ma nella continua testimonianza toccando il momento più alto durante gli anni di carcere.

Gramsci infine ci dà un’ulteriore testimonianza per sopportare questa crisi totale e per educare gli indifferenti. Così scriveva alla madre nella preoccupazione tra carcere e malattia e il compito di riscatto sociale: “ Ci vorrà pazienza ed io di pazienza ne posseggo a tonnellate, a vagoni, a case“.

 

Moreno Pisano