«Se Giulio Regeni Fosse vivo lo farei venire a Sassari, dove certamente si troverebbe a casa: in questa città ho scoperto una sensibilità verso la tutela dei diritti umani superiore a tanti altri luoghi d’Italia». Il portavoce nazionale di Amnesty International, Riccardo Noury, ha iniziato così il 12 ottobre alle 17 la presentazione del Rapporto annuale sui diritti umani 2015-2016, in un’Aula Segni del complesso universitario di viale Mancini straripante di attivisti, studenti e avvocati.

Nel suo intervento, Noury ha toccato i tasti più delicati, soprattutto per la Sardegna, a partire dalla fabbrica di bombe di Domusnovas, che produce armi utilizzate con molta probabilità dall’Arabia Saudita per i bombardamenti nello Yemen, o l’attentato incendiario di Monastir contro il centro destinato ai profughi.

«Dobbiamo abituarci alla cultura dell’accoglienza – ha spiegato il rappresentante dell’organizzazione – perché non c’è la minima speranza che i fuggiaschi siriani tornino al loro Paese nel breve periodo, e non solo a causa della guerra, ma delle devastazioni che questa ha provocato».

Altro tema di grande interesse è stata la violazione dei diritti individuali in nome della sicurezza, situazione diventata esplosiva dopo l’attacco alle twin towers. «Milioni di persone  sono state intercettate negli ultimi anni – ha denunciato Noury – la stessa Amnesty è finita nel mirino».

Lo scorso anno sono stati maltrattati o torturati esseri umani in 122 nazioni, sono stati commessi crimini di guerra in diciannove Paesi, mentre altri trenta hanno respinto i rifugiati mettendoli in situazioni di pericolo, in un panorama con circa 60 milioni di persone sfollate.

Ma su 160 Paesi esaminati dal Rapporto, non tutti i dati sono negativi. Venti governi hanno riconosciuto legalmente l’unione o il matrimonio tra persone dello stesso sesso e per la prima volta, gli Stati totalmente abolizionisti della pena di morte hanno superato le cento unità.

Il dibattito è stato animato dagli interventi “Tutela dei diritti e sicurezza: le «extraordinary rendition» e il caso Abu Omar” di Silvia Sanna, docente di Diritto Internazionale nell’Ateneo sassarese,  e “Morire in carcere, morire di carcere” di Paola Sechi, docente di Diritto Penitenziario. Sono stati 72 i casi di morte per cause naturali nelle carceri italiane durante il 2015. Trentanove i suicidi ufficialmente riconosciuti, con un’incidenza più marcata negli istituti colpiti da sovraffollamento.

A introdurre i lavori è stato il responsabile della sezione sassarese di Amnesty, Attilio Pinna, che ha ricordato tutte le azioni intraprese in questi anni dal gruppo turritano. «Il Rapporto e questa giornata – ha detto Pinna – sono dedicati alle donne e agli uomini che, difendendo i diritti umani, danno speranza al mondo».

Sono intervenuti inoltre il presidente del Consiglio dell’Ordine Forense di Sassari, Mariano Mameli e l’assessora alle Politiche educative e giovanili, Maria Vittoria Casu.

L’incontro si è spostato in serata nei locali del Vecchio Mulino per ricordare la figura di Giulio Regeni. «I passi avanti fatti per ottenere giustizia sono scarsi – ha spiegato Noury affiancato da Marcella Sanna –. Appare sempre più evidente la volontà, sia da parte dell’Egitto sia da parte dell’Italia, di chiudere questa terribile vicenda in fretta e in qualsiasi modo. Per noi però il caso di Giulio non è da consegnare alla memoria, e continueremo a lottare fino a quando non avremo nomi, cognomi e ruolo di chi ha arrestato, fatto sparire, torturato e ucciso Giulio».