Due pagine in un libro dimenticato e il ricordo degli anziani: così Teulada ha riscoperto la sua maschera tradizionale. C’è voluta la determinazione di un piccolo gruppo di ragazzi e ragazze per restituire al paese il fascino del Carnevale  di un tempo. Così quest’anno Su Crannovali Teuladesu ha regalato ai cittadini e ai visitatori che hanno affollato le strade e le piazze del paese una piacevole sorpresa. Sono ricomparsi Su pastori e Su boinarxu, personaggi tipici di una festa semplice legata alle usanze e ai riti della pastorizia e dell’agricoltura. Ma andiamo con ordine. Un salto in biblioteca, la Grazia Deledda di Teulada, consente ad Antonella Milia, Maria Farina, Luca Lai, Giancarlo Contu e Stefano Garau di scoprire che in un piccolo libro, scritto dal sociologo Nicolò Migheli, edito qualche anno fa dal Gal del Sulcis Iglesiente, due pagine sono dedicate all’antico Carnevale Teuladese. Una tradizione unica nel territorio, dove non c’è il ricordo di maschere particolari o di carnevali tipici.

 

Teulada non solo si distingue per il suo costume maschile e femminile ma anche per le diverse tradizioni. Il fatto non sorprende, considerando le modalità con cui nel XVII secolo il paese ed i suoi salti furono ripopolati da immigrati provenienti soprattutto dal Nuorese. Questi importarono fra le molte usanze anche quella del Carnevale. Sino a 70 anni fa a Teulada le caratteristiche di Su Crannovali erano simili a quelle diffuse nelle terre barbaricine, in particolare alla maschera dei Thurpos di Orotelli.

 

Nicolò Migheli ne ha ricostruito le caratteristiche e le modalità di svolgimento grazie alle interviste ad alcuni anziani contadini e pastori. Dopo aver letto il libro i ragazzi e ragazze appassionati di tradizioni popolari hanno parlato a lungo con i loro nonni e con tanti uomini e donne, non più giovanissimi, che hanno confermato l’esistenza delle due maschere, Su pastori e Su boinarxu. Anche lo svolgimento della festa, nelle due ricostruzioni, coincideva perfettamente. Nella piazza principale del paese si ballava il ballo teuladese. Partecipavano tutti. I suonatori di launeddas e organetto diatonico si alternavano nell’eseguire la musica che accompagnava il movimento dei ballerini. I balli, senza alcun preavviso, venivano interrotti dall’arrivo di decine di persone mascherate, ricoperte di pelli di pecora, che rappresentavano un gregge incontrollabile.

 

Su pastori cercava di riportare l’ordine riunendo le pecore al centro della piazza e simulandone la mungitura. Le maschere/pecora, naturalmente, non ci stavano e non solo si avventavano sul pastore ma anche sulla gente fra il fuggi fuggi generale. Naturalmente erano risate incontenibili sin quando il gregge si riuniva pacificamente per le immancabili bevute e l’assaggio delle zeppole. Subito dopo riprendevano i balli, sempre più partecipati, coinvolgenti, allegri. Ma la festa durava poco perché le danze venivano di nuovo interrotte da un altro gruppo. Si trattava di maschere, anche queste ricoperte di pelli,  che interpretavano un giogo di buoi un po’ folle che trainava un aratro di legno col quale simulava l’aratura del selciato. A condurre il giogo, naturalmente, un’altra maschera, Su boinarxu, che alternava le sue frustate sulle spalle dei buoi e sugli spettatori ignari. Anche in questo caso grandi risate e generose bevute, sempre accompagnate da laute mangiate di zeppole e dolci tipici. Inutile dire che i gruppi vagavano senza meta per le strade del paese sino a notte fonda andando a bussare alle porte di amici e parenti ma anche di sconosciuti, i quali offrivano volentieri vino e dolci.

 

Come si può facilmente dedurre, i due gruppi rappresentavano le attività economiche tipiche del paese: pastorizia e agricoltura. Il sociologo dà una sua interpretazione sullo svolgimento di questo particolare carnevale: i balli vengono interrotti dalle maschere, a significare l’irruzione dell’animale nel consorzio umano. Una rottura di schemi e di convenzioni, tipica del carnevale, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Il selvatico viene a contatto con l’uomo in modo quasi violento. L’irrazionale va a contaminare il razionale. La maschera pastore e la maschera bovaro dopo una strenua lotta riescono ad avere ragione dell’animale. L’uomo riesce a dominare la bestia e le gerarchie vengono così rispettate. Sono tutte considerazioni ben illustrate da Nicolò Migheli e che qui vengono riportate per una maggiore comprensione del valore anche sociale di Su Crannovali Teuladesu. Nel corso degli anni le modalità, tuttavia, cambiarono. I visi anneriti per rendere quasi irriconoscibili le persone lasciano spazio a vere e proprie maschere di stoffa e cominciano a sfilare i cosiddetti mustaionis, maschere povere ricoperte di stracci ma con la stessa voglia di divertirsi e di divertire. Con la crisi della pastorizia e dell’agricoltura anche certe usanze sono cambiate. Dagli anni Cinquanta in poi vanno di moda i tanti personaggi imposti dal cinema e dalla televisione, sino ad arrivare, con buona pace della cultura e delle tradizioni, ai carri allegorici e alla satira politica. Resistono i tanti Zorro, Fatine, Arlecchino, Puffi etc.

 

A Teulada nel 2012, s’è tornati al passato. La prima uscita il 12 febbraio a Teulada, dove sono state sperimentate le coreografie e presentate le maschere. Una settimana dopo, sfilata a Carbonia e premio come miglior gruppo della tradizione. Il martedì grasso, sempre a Teulada, Sa serrada de Su Crannovali, con un corteo nel centro storico ed il classico rogo. La domenica seguente, in piena Quaresima, il gruppo ha partecipato al carnevale più trasgressivo del territorio: quello di Sant’Anna Arresi. Anche qui applausi, consensi e premio come miglior gruppo tradizionale. Una bella soddisfazione per gli organizzatori il cui lavoro di ricerca andrà avanti per scoprire altre usanze, feste, sagre, tutto ciò che può aiutare a recuperare le antiche radici della più genuina cultura popolare. L’esperienza maturata potrà essere utile per correggere gli inevitabili errori e incongruenze che possono essere emersi in un’organizzazione complessa anche se molto stimolante dal punto di vista culturale.