Nel leggere la storia intellettuale ed artistica di Paola Antonelli – genitori lombardi e sassarese di nascita, con laurea in Architettura al Politecnico di Milano – viene da pensare solo positivamente della “fuga di cervelli” nostrani, specie quando i risultati non lasciano margini ad inutili piagnistei nostalgici e sono coronati da una felice realizzazione umana e di successo professionale. A proposito di “espatrio”, in una intervista rilasciata alcuni anni fa via skype a Vittorio Zincone, ebbe modo di sostenere che “… apre la testa, dà prospettive e chiarisce le idee sulle ragioni per cui l’Italia è un Paese unico con molti lati sublimi”.
Paola Antonelli è infatti la “rivoluzionaria” Senior Curator (design-architettura) del MoMA (Museum of Modern Art) di New York che ha innovato e promosso, in modo significativo e con determinanti contributi creativi, il design “tra gli ambiti di ricerca del museo”; particolare attenzione ha riservato a come il digitale abbia evoluto e attualizzato il design per “immaginare futuri possibili”, con i chiari segni ideali di concepire il ripensamento del nuovo ruolo dei musei. Dunque, una designer e architetto che ha imboccato svariate direzioni e nuove strade di conoscenza in ambito museale e non solo (es.: creazioni in 3D-printed, che “sconvolgono” il concetto di design tradizionale), tanto da poter affermare che non esistono confini esplorativi, per arte ed imprese conoscitive, quando si ha “mente aperta e tanta curiosità” da far “crollare i confini geografici e mentali”. La designer, inserita dal settimanale Time nella ristretta cerchia d’eccellenza dei “cervelli visionari” e dalla rivista Art Review tra le cento persone più rappresentative e potenti del mondo dell’arte, è una ricercata conferenziera e vulcanica sorgente di iniziative e idee che realizza con estrema “elasticità” tra tecnologia e cultura.
Paola Antonelli era stata assunta al MoMA nel 1994 come Associate Curator, rispondendo semplicemente ad un annuncio letto su un quotidiano; in precedenza aveva lavorato come curatrice freelance di mostre di architettura e design (in Italia, Francia e Giappone), da giornalista con collaborazioni alle riviste Domus (1987-1991) e Abitare (1992-1994) e da docente ad Harvad.
Una sorprendente e rapida carriera “americana”, per una designer che opera, anche da Direttore della Ricerca e Sviluppo del MoMA, perché l’innovazione penetri nella quotidianità e si realizzi per migliorare le condizioni generali di vita. Bisogna proprio iniziare a considerare che il mondo contemporaneo, con le sue nuove frontiere e visioni d’avanguardia, vive sempre più sulle intersezioni tra tecnologia umanistica, scienza e il design come filosofia.