Nel concepire l’articolo di questo numero di Làcanas sono stato stimolato da un volantino che accompagnava una mostra dal titolo Contaminiamoci presso una scuola elementare di Alghero, curata dall’insegnante Marina Favata. Il volantino ricopiava un graffito riportato sul muro di Berlino, con questo contenuto: Il tuo Cristo è ebreo e la tua democrazia è greca. La tua scrittura è latina e i tuoi numeri sono arabi. La tua auto è giapponese e il tuo caffé è brasiliano. Il tuo orologio è svizzero e il tuo walkman è coreano. La tua pizza è italiana e la tua camicia hawaiana. Le tue vacanze sono turche, tunisine e marocchine. Cittadino del mondo non rimproverare il tuo vicino di essere … straniero.
Colpito dal contenuto, non potevo non pensare di analizzare l’argomento dal punto di vista culinario. Da sempre gli uomini grazie ai viaggi, ai commerci ma anche alle migrazioni dovute alle guerre di conquista, alle catastrofi naturali, alle carestie, si sono scambiati cultura e cibo.
In ogni parte del mondo esistono civiltà alimentari specifiche che si caratterizzano per lo sfruttamento di particolari territori e di determinate colture. Proprio per queste specificità le derrate, l’uso e l’utilizzo di determinate modalità di sfruttamento e d’impiego del territorio, hanno da sempre suscitato curiosità e non hanno mai cessato di viaggiare da un territorio all’altro, oltrepassando ogni confine. Viaggiare è sempre stato il mezzo per raggiungere altri, scambiare conoscenze e colture e conquistare nuovi spazi. Mare e porti furono le basi di partenza e d’arrivo per raggiungere paesi sempre più lontani e scambiare derrate alimentari, usi e costumi.
Non vi è epoca che non abbia espresso vitalità negli scambi alimentari. Nei porti della Roma antica sono affluiti i vini dolci di Lesbo, il cumino di Siria e Etiopia, prugne di Damasco, datteri di Tebe, cipolle di Ascalona, pane d’Alessandria, lumache e tartufi d’Africa, garum di Cartaghena, miele dalla Sardegna e Spagna, grano tunisino, siciliano e sardo.
Viaggi compirono gli Egizi per stabilire relazioni con le regioni mediterranee dell’Asia e i Cretesi, per sviluppare la loro civiltà e confrontarsi con altri popoli lontani. Viaggi furono quelli degli Apostoli per diffondere il Cristianesimo, nato in Oriente, e conquistare nuovi credenti. Le vie da loro tracciate sono state poi seguite dall’olio d’oliva che veniva utilizzato per somministrare i sacramenti e illuminare i luoghi sacri. Usare l’olio, quindi, ma anche bere il vino e mangiare il pane, sono gesti eletti a simboli della cristianità. Quei tre prodotti sono ancora oggi simbolo della cultura alimentare mediterranea. Viaggi furono quelli dei Fenici per insediarsi dove trovavano porti e fonti di sale, che li ha portati lontano fino al distacco completo dalla loro terra natia.
Ogni regione nonostante scambi e influenze storiche, ha comunque costruito una sua cucina tipica secondo le sue preesistenti conoscenze: si pensi alla zuppa di pesce, che oggi si presenta come un’elaborazione di antichi e poveri piatti preparati in barca dagli stessi pescatori con i pesci meno pregiati. Oggi la moderna e raffinata zuppa, sempre in continua evoluzione, è una versione ricca, maturata in epoca rinascimentale e preparata con diverse varietà di pesci.
La zuppa assume denominazioni spagnole, a seguito del dominio della Spagna in tutta Europa, e quindi: sopa de pescado, zarzuela de pescado oppure de mariscos. Nel suo viaggiare il piatto si attesta anche in Francia con le note soupe de poisson, bouillebaisse marsigliese, e rouille ; e poi in Italia: in Liguria con il ciuppin, burrida, buiabessa,cappon magro e in Toscana, a Livorno, con il cacciucco e nel centro-sud con le cassuola, casciola o casolla, burrida.
Altre e nuove vie furono tracciate e percorse dalla Roma Antica alle Repubbliche Marinare, fino alla scoperta dell’America, con la finalità di conquistare i preziosi e ricchi commerci delle spezie, ritenuto cibo pregiato e afrodisiaco. A determinare il successo delle spezie era stata principalmente l’opinione comune di considerarle simbolo di ricchezza; ad esse venivano riconosciute proprietà curative perché si riteneva che combattessero il deterioramento dei cibi.
Viaggio fu compiuto dal riso che è il cereale più consumato al mondo. Originario dell’Asia Orientale e coltivato in Europa sin dal Rinascimento. Era conosciuto dai Romani, proveniente dall’Oriente, che lo trattavano come pianta medicinale miracolosa. Furono gli Arabi ad introdurlo in Spagna e Sicilia e oggi diffuso in tutte le cucine mediterranee, dalla Grecia alla Turchia, dall’Egitto alla Libia, dal Veneto alla Sardegna. Il riso cotto in forno viene chiamato in arabo pilaf ma si chiama pilaw anche in Francia, dove questa tecnica di preparazione è stata acquisita a seguito della dominazione dell’Algeria. Anche in Sardegna vi è la coltura del riso e sopravvivono a Carloforte e Calasetta preparazioni arabe chiamate pilau o pilafi che accompagnano pietanze di pesce o carne.
Viaggio fu quello riportato in un’antica leggenda, tramandataci dalla mitologia greca, e narra che Ercole inviò dalla Sicilia in Sardegna, al fine di fondarvi una colonia, 41 dei suoi 50 figli al comando di Iolao che giunto nell’isola ripartì le fertili terre fra i componenti la spedizione e grazie alla loro opera fiorì nell’isola una nuova agricoltura. Fu questa una delle prime vie del grano duro che serviva e serve a realizzare numerose pietanze. Con quel grano in Medio Oriente si preparava il cous cous. Non si sa bene come si sia diffuso ma si ipotizza che abbia seguito le vie percorse dai ricercatori di corallo che vagarono per tutto il Mediterraneo alla ricerca del prezioso materiale. Alcuni partirono dalla Liguria e raggiunsero Tabarka, in Tunisia, per poi insediarsi in Sardegna, a Carloforte. Le vie tracciate furono poi seguite dal Kuskus, che dal Medio Oriente, con i nomi zabzin, barkus, barkukish, mahammas, ha vagato per tutto il Mediterraneo per poi affermarsi prima in Spagna e Sicilia. In Sardegna ha assunto una diversità di nomi secondo la zona: cascà a Caloforte e Calasetta, succu in Logudoro, fregula in Campidano, fregua oristanese, ambu, ambus nell’Iglesiente, pistizone in Barbagia.
Viaggi furono quelli del caffè partito dagli altipiani del Kaffa, in Etiopia, fino a raggiungere i cinque Continenti. Con la Repubblica Marinara di Venezia, che commerciava con i turchi, arriva in Europa. La preparazione del caffé assume poi varie forme e metodi, secondo gli usi propri di ogni Nazione. Il caffè è lungo all’americana, ristretto alla napoletana, in infusione alla francese e spagnola.
Viaggi compirono la patata, il pomodoro, la zucchina. Viaggio compì il tacchino, originario del Nord America e addomesticato in Messico. Cristoforo Colombo lo vide la prima volta appena giunto nelle terre dell’attuale Honduras e dai nativi ricevette in dono le gallinas de la tierra. Furono poi i Gesuiti che lo allevarono e ne propagandarono il consumo. Con l’introduzione dell’animale in Spagna, si ebbe un immediato adattamento in cucina e subito sostituì il coriaceo e costoso pavone. Il tacchino divenne il protagonista della tavola nei sontuosi pranzi rinascimentali.
Viaggio compì il cachi, giunto dal Giappone fino a noi. Comparso nelle bancarelle dei nostri mercati all’incirca in coincidenza con lo scoppio della seconda guerra mondiale con il nome caki. Si hanno notizie della pianta del cachi nell’anno 1871, quando per la prima volta nel territorio italiano venne piantata nel giardino di Boboli a Firenze. Per lungo tempo la pianta di cachi rimase una curiosità botanica e non si avevano informazioni su come si poteva consumare il frutto. Ci aiutarono comunque le crisi alimentari della fine della guerra per capire come ci si poteva alimentare anche di quel frutto esotico.
Viaggio fece anche il nostro carciofo ricavato da una attenta selezione del cardo selvatico, cardus latino e cugunzula in sardo. Fiore ritornato in auge nel Medioevo grazie agli Arabi che lo avevano portato in Spagna e Sicilia per raggiungere successivamente il resto d’Italia e in seguito l’Europa con Caterina de’ Medici. L’ortaggio dal cuore tenero lo si ritiene originario dell’Etiopia, del quale ne hanno fatto largo uso alimentare gli antichi Egizi, Greci (kinara) e Romani (cynara). Il carciofo in arabo viene chiamato harsuf, da cui si origina lo spagnolo alcachofa e il sardo iscartzoffa.
Viaggio fu quello degli attuali fagioli che giunsero in Spagna nel 1528, provenienti dal Messico, in sostituzione degli antichi fagioli cara e monza e bentri niedda, perchè più carnosi e saporiti. Viaggio è stato quello della melanzana, che dall’India giunge fino a noi per insaporire le nostre pietanze.
La “nostra” cucina è grande, complessa e ricca grazie anche a tutte le influenze e gli scambi che hanno percorso la nostra storia. Le cucine di oggi sono il risultato di questo antico e fondamentale processo di circolazione di saperi e sapori che hanno permesso l’evoluzione gastronomica di ogni popolo sino ad identificarsi con esso. Questo “mare nostrum” oltre che culla di civiltà è anche il mezzo storico e naturale di contaminazioni, che tutti apparenta nonostante l’orgoglio delle proprie tipicità.