Malva  silvestris L. (fam. Malvaceae)

A Nuoro: marmarutza, marmaredda

Nel Logudoro: màrmara

A Macomer: pramutza, parmutza

A Tempio: palmucia

Sardegna meridionale: naibutza, narba, narbedda

Sardegna settentrionale: narbighedda, narvutza, narbutza

 

È interessante conoscere il regno vegetale e osservare che le piante, ovunque eleggano la propria residenza – sulla nuda roccia, su una qualunque zolla di terra, sull’acqua o semplicemente esposte all’aria – non hanno bisogno di affannarsi in corsa alla ricerca di nutrimento per completare il loro intero ciclo vegetativo, sia esso annuale, biennale o perenne. La loro vitalità è strettamente connessa a una legge naturale che le vincola indissolubilmente al loro ambiente dove ricevono alimento, fecondazione e disseminazione.

Pare che tutte le forze della natura siano messe a loro completa disposizione. Beneficiando di tale immenso privilegio, le piante si mostrano generose nel dare, senza nulla chiedere al regno animale. Noi in questo grande regno siamo destinati a muoverci, a correre, saltare e arrampicarci leggeri, per trarre da esso e dai suoi derivati il nostro alimento e la cura ai nostri mali quotidiani, e sentire affiorare dentro noi stessi i sentimenti più puri d’armonia, pace e condivisione.

 

Dopo questa doverosa premessa procediamo alla conoscenza della Malva selvatica. Il termine latino deriva dal greco malàke che significa morbido, molle, volendo indicare le sue proprietà emollienti e addolcenti. La parola silvestris esprime il concetto di pianta selvatica. Fin dai tempi  remoti è considerata un’eccellente verdura. I giovani germogli venivano utilizzati in minestroni primaverili dalle benefiche virtù rinfrescanti e le foglie non ancora mature erano consumate fresche in insalata, o lessate nella preparazione di ottimi piatti dal morbido tocco campestre. La radice ben lavata veniva impiegata come masticatorio nella dentizione dei bambini.

 

La malva è comunissima ovunque, dalla zona mediterranea a quella submontana, cresce lungo le strade di campagna, negli incolti erbosi, tra i cumuli di macerie, nei luoghi calpestati e nei centri urbani. In Sardegna è molto comune da 0 a 1500 metri di altitudine. Si riconosce per i suoi fiori con 5 petali rosa-violacei (appunto chiamato color malva), striati e ben distanziati. Dopo la fioritura si sviluppano i frutti, che hanno forma di bottoni dapprima di colore verde chiaro e sempre più scuri via via che maturano e si seccano.

La  fioritura inizia in primavera e finisce in autunno. Tutta la pianta può raggiungere spesso grandi dimensioni (anche oltre un metro d’altezza), ma in genere non supera i 50-60 centimetri. Le foglie sono più o meno circolari con 5-7 lobi poco profondi e con lamina ondulata. Le foglie e i fiori costituiscono la droga.  Le prime si raccolgono da aprile a luglio, staccandole senza il picciolo; i fiori invece si raccolgono da maggio a settembre, quando sono in bocciolo o sono appena aperti.

 

Perché è così preziosa per noi questa umile pianta?

 

Contiene molte mucillagini, antociani (malvina, cannabinina, malvidina), flavonoidi, amminoacidi, amido e zuccheri (glucosio, fruttosio, saccarosio, xilosio), vitamine A, B1, C, E.

 

Attività farmacologica: emolliente, protettiva delle mucose, antinfiammatoria, rinfrescante, bechica e lassativa.

 

Indicazioni terapeutiche: irritazioni delle prime vie aeree, tosse, gastriti, enteriti, stitichezza, cistiti.

 

È da sempre nota per l’attività antinfiammatoria dovuta soprattutto alle mucillagini che lubrificano e quindi rimuovono le cause dell’irritazione (sia intestinale che di gola o esterna) e ne riduce i sintomi. Fa bene quindi in caso di mal di gola o di infiammazioni gengivali. È ottima per regolarizzare l’intestino infiammato (da una parte combatte la costipazione senza drasticità, dall’altra regolarizza in caso di diarrea). La medicina popolare rende omaggio alle sue virtù utilizzandola anche in caso di infiammazione delle vie urinarie.

 

Usi e dosi:

 

infuso: 30 grammi di malva in un litro d’acqua bollente. Riposo 15 minuti, a recipiente coperto, filtrare e bere durante la giornata. Volendo si può dolcificare con miele;

 

tintura madre: 50 gocce tre volte al giorno lontano dai pasti;

 

decotto: 30 grammi  in un litro d’acqua fredda, far bollire per 5 minuti, riposo altri 10 quindi filtrare.

 

Per uso interno la forma fitoterapica migliore è il leggero decotto o l’infuso. La tintura madre non contiene mucillagini ma conserva le proprietà lassative.

 

L’uso topico del decotto di foglie è utile nei lavaggi oculari (oftalmie), negli sciacqui boccali (stomatiti, gengiviti, afte) gargarismi (mal di gola e raucedine).

 

I cataplasmi si fanno con il decotto (200 grammi di malva in un litro d’acqua). Strizzare, ma non troppo le foglie e avvolgerle in una pezza di tela. Si applicano sui foruncoli, ascessi, orzaiolo, acne, eczemi. La mucillagine conferisce alla pelle un aspetto morbido e vellutato ed è lenitiva negli arrossamenti cutanei per cui si trova in molti preparati cosmetici: creme, tonici, detergenti, shampoo, dopobarba, lozioni post-depilatorie, ecc.

 

Usiamola abbondantemente in cucina utilizzando le giovani foglie cotte nelle minestre, nelle zuppe, nelle frittate, nelle creme, nelle torte salate, nelle frittelle. Con le foglie tenere crude e i fiori rosa violetto assieme ad altre verdure, faremo delle buone e belle insalate che nutriranno il nostro stomaco e i nostri occhi. Si possono usare sia i boccioli sia i fiori aperti o i singoli petali.

 

Avete mai assaggiato le caramelle gommose alla malva? Possiamo farle in casa con un grosso pugno di frutti (bottoncini) di malva, due albumi d’uovo, zucchero.

 

Si triturano i frutti e si mettono in una pentola coperti abbondantemente di acqua. Si fanno bollire fino a che la quantità d’acqua si dimezza, quindi si tritano e si frullano. A freddo si uniscono gli albumi e si montano a neve. Si aggiunge lo zucchero e si monta ulteriormente. Con un cucchiaino si lasciano cadere delle palline sulla carta oleata e si cuociono al forno a 150 gradi. Si sfornano dopo 15-20 minuti, quando le “caramelle” cominciano a imbrunire.

 

Se volete conservarle, ponetele ancora calde in un recipiente ben chiuso. I fiori in boccio si possono anche preparare sott’aceto, come i capperi, mentre quelli aperti si possono candire. Giuro che sono ottimi!

 

La malva era ben conosciuta dagli antichi greci e romani che ne decantavano altissime lodi di virtù emollienti, addolcenti, rinfrescanti, in sostanza antinfiammatorie giovevoli sia internamente che esternamente. Risale forse a questo periodo la tradizione popolare che individua nella malva “l’amore materno” proprio per l’aiuto sollecito contro molti mali: una vera panacea.

 

Sediamoci in mezzo a un prato, lontano dal rumore cittadino e vicino ad una pianta di Malva; guardiamola, tocchiamola, annusiamola, assaggiamola. Chiudiamo gli occhi e abbandoniamoci alle sensazioni che il suo contatto ci dà. La morbidezza delle sue foglie e la sensazione di carezza calda e vellutata davvero ci fa pensare ad un abbraccio tenero materno e, come tutte le mamme, nulla ci chiede ma tanto ci regala.