A Nuoro: Mela lidone.

In Campidano: Olidone, Olidoni, Elioni, Ulioni.

A Sassari: Aridoni, Meraridoni, Braghi-Braghi.

Ad Alghero: Albòsc.

A Carloforte: Armù.

In Gallura: Ghilidone, Ghilisone, Ghilisoni.

 

Quanti nomi per identificare la stessa pianta! Vi ricordate il catalogo  di giardinaggio Stassen, molto in voga anni fa tra i dilettanti giardinieri? Vi racconto un fatto realmente accaduto ad un anziano agricoltore dorgalese. Voleva migliorare la recinzione della sua vigna occultando la rete metallica con una siepe sempreverde e, dopo un breve consulto con un suo amico continentale, ordinò da quel catalogo 80 piantine di Corbezzolo. Quando arrivarono le mise subito a dimora, innaffiandole e concimandole a dovere.

 

Passò qualche tempo nell’attesa di vedere abbellito il suo terreno di piante  esotiche, ma il dubbio che lo aveva assalito divenne realtà quando sbocciarono i fiorellini bianchi e i frutti rossi del corbezzolo di cui, beffardamente, la sua vigna era circondata. Da qui la sua frase che ci piace ricordare: ”Melalidone! E chie nd’ischiat chi ti mutias corbezzolo!” (e chi sapeva che ti chiamavi corbezzolo!)

 

Per non fare lo stesso errore dello sprovveduto agricoltore andiamo a conoscere bene questa utile e bella pianta. Il suo nome botanico Arbutus deriva da un vocabolo celtico e significa frutto scabro (infatti la bacca è piena di verruche) e unedo  che deriva dal latino unum-edo, cioè uno ne mangio, intendendo che mangiarne molti  può provocare stitichezza o comunque dolori addominali. È un arbusto sempreverde, alto da due a sei metri, talvolta piccolo albero fino a dieci metri dalle foglie lucide e scure, lanceolate e seghettate e dai fiori simili a campanelle, in infiorescenza pendule.

 

I frutti hanno all’interno polpa gialla poco dolce, ricca di semi che maturano da ottobre a dicembre nell’anno dopo la fioritura. Sono ottimi per marmellate, gelatine, canditi e liquori.

 

Tutta la pianta è usata come arbusto decorativo. Cresce sui terreni silicei, calcarei ed asciutti attorno al Mediterraneo, dal mare agli ottocento metri; è uno dei componenti della macchia mediterranea assieme a mirto, eriche, cisti e ginestre. Ha la capacità di emettere polloni e di rivegetare nei luoghi incendiati. In autunno il corbezzolo è uno spettacolo della natura, ci rallegra e allontana la malinconia .

 

Si presenta con tre colori nitidi: bianco dei fiori, verde delle foglie e rosso dei frutti. Fu così che nel Risorgimento questa pianta, che per i suoi colori ricordava la bandiera del nascente Stato Italiano, divenne simbolo della lotta di Indipendenza. Un corbezzolo compare anche nello stemma della città di Madrid.

 

In fitoterapia si usano le foglie. Si raccolgono da maggio ad agosto, scegliendo quelle nuove e scartando quelle dell’anno precedente, si fanno essiccare e si conservano per usarle tutto l’inverno sotto forma di decotto. Sono molto ricche di tannini, arbutina, metilarbutina, idrochinone, acido gallico, arbutoside.

 

Attività farmacologia: diuretica, astringente, antisettica delle vie urinarie.

Indicazioni terapeutiche: uretrite, cistite, cistopielite, prostatite, incontinenza urinaria, diarrea.

 

Usi e dosi: decotto con 20 gr. di foglie in un litro d’acqua. Far bollire 5-10 minuti. Filtrare e bere durante la giornata, preferibilmente lontano dai pasti.

In alternativa è  efficace la Tintura Madre nella dose di 40 gocce mattina, pomeriggio e sera, diluita con un po’ d’acqua.

 

Il corbezzolo è una specie apicolo-mellifera molto visitata dalle api che ci regalano il pregiato miele amaro spesso richiesto da chi ha bisogno di un aiuto dalla natura per curare l’asma, le infiammazioni della gola e dei  bronchi e per favorire la diuresi.

 

L’odore di questo miele è penetrante, pungente e amaro, il colore è ambrato quando è liquido e nocciola o marron quando cristallizza.

 

Una curiosità: una delle più belle farfalle nostrane (Charaxes Jasus) parassita soltanto le foglie di questa pianta. È solo furbizia?