Janas rmfSi dice che nell’Isola sacra ci siano gnomi vestiti di rosso che nascondono tesori. E sono maliziosi, furbetti, dispettosi. Si dice che boschi, grotte e fonti siano abitati da fate bellissime che fanno innamorare pastori e contadini. E che in riva ai fiumi, le notti di luna, le donne morte di parto vadano a lavare le fasce dei loro figli mai nati. E si vocifera di streghe malvagie pronte a rapire l’anima a grandi e bambini, e in tanti hanno visto orde di spiriti, e udito lamenti di esseri metà uomini e metà bestie. Credulonerie? A sentire i nostri vecchi, non proprio… Di certo è vero che a percorrere palmo a palmo l’Isola ci sono otto folletti seneghesi: i Janas, portavoce di una Sardegna fantastica – ma capaci di toccare efficacemente le tante tematiche della canzone d’autore – freschi della vittoria al primo Roma Music Festival, a fine gennaio. Làcanas ha intervistato Mondo Trogu, una delle voci della band.

 

 

Ciao Mondo, com’è nato il gruppo?

 

È nato nel maggio ’92 dall’idea del maestro Antonio Lotta. Vi confluivano differenti esperienze, da quelle legate alla tradizione sarda: canto a tenore e polifonia fino alla musica leggera. Nel novembre dello stesso anno abbiamo esordito dal vivo, mentre il nostro primo disco: Su carru de nonnai è dell’anno dopo. Fin da subito ci sono stati riscontri positivi, tanto che siamo andati in tour coi Tazenda, facendo da apripista ai loro concerti. Da lì, misurandoci con la piazza, siamo passati da un canto essenzialmente a cappella, che proponevamo in chiese e teatri, a un genere più ‘strumentale’, introducendo percussioni, organetto, fisarmonica, launeddas, trunfa, chitarra, basso, tastiere. Ci siamo evoluti, senza però smarrire le nostre radici.

 

 

Come mai vi siete dati questa dimensione ‘magica’?

 

Perché il nostro autore, Antonio Lotta, proprio da quel mondo traeva gran parte della sua ispirazione. E noi abbiamo sposato subito l’impostazione. In effetti viviamo in un contesto magico, pieno di leggende, ed è viva la consuetudine di riunirsi intorno al fuoco a raccontare storie di fate, orchi, streghe, gnomi e, insomma, esseri appartenenti a mondi incantati. Ad esempio ‘su carru ‘e nonnai’, letteralmente il carro del nonno, è l’evocazione sarda del tuono: un vero spauracchio per i bambini. Un’altra storia, da noi musicata, è quella de Sa Rejulta, una strega cattivissima che viene la notte di ferragosto, per portare via le persone, passando dal buco della serratura o sotto la porta. L’unico modo di fermarla è mettere una scopa rovesciata di fronte all’uscio oppure mucchietti di sale vicino al camino. Ricordo che in bocca agli anziani questa diventava una storia lunghissima, e di averla ascoltata tante volte impaurito e affascinato.

 

 

 

Ci racconti il successo al Roma Music Festival?

 

Era da un po’ che non partecipavamo a competizioni musicali. Già in precedenza avevamo ottenuto riconoscimenti interessanti: al Tim Tour, al Musicamistade di Bitti, al Festival della canzone sarda di Sestu, al concorso Una città per cantare di Olbia e nel 2004 era giunto anche il premio Maria Carta. Perciò c’era tanta voglia di rimettersi in gioco. Superata la prima selezione abbiamo resistito anche alla seconda, che prevedeva il voto on line tra una sessantina di brani in gara, e siamo giunti in semifinale, grazie a voti arrivati da posti insperati, persino da Germania e Australia. In finale, al teatro Adriano, siamo passati al vaglio di una giuria qualificata, che contava produttori discografici, musicisti, giornalisti, uomini di cultura, e che ha deciso di assegnarci il primo posto nella categoria dei cantautori. Tutto ciò ci dà un po’ di sprint, e avremo la possibilità di fare un tour nello Stivale insieme ai finalisti del concorso, promosso dall’organizzazione, e un mini cd con due tracce, che servirà da lancio per il nostro nuovo lavoro.

 

 

Di che parla la canzone con cui avete vinto: Bajana?

 

Parla di una nubile, di una ragazza che vive la sua età, che si prepara per la festa paesana di Santa Maria facendosi bella per farsi corteggiare. Fa parte di una triade dedicata alla donna, che comprende anche Isposa e Niña. Ovvero l’età in cui si è moglie e poi madre. Bajana è una canzone dal ritmo un po’ gitano, che abbiamo voluto cantare sia in sardo che in spagnolo, prima di tutto perché le sonorità delle due lingue si assomigliano, e poi perché grazie alla collaborazione della nostra amica giornalista Paola Pitzalis, che sta a Barcellona, abbiamo iniziato un’opera di traduzione dei brani per il mercato iberico. Non è facile entrarci, anche se qualche radio ha mandato in onda le nostre canzoni. Comunque vada, è un’esperienza che è valsa la pena vivere.

 

 

Quali sono le tue letture? E che musica ascolti?

 

Da ultimo ho letto Luisito di Susanna Tamaro. Ma leggo di tutto, mi piacciono molto le poesie di Paulicu Mossa, di Montanaru, i saggi sulla civiltà sarda. Tra le altre, ho trovato bellissima un’opera poetica di Salvatore Baldino, scrittore oristanese, da cui abbiamo tratto un brano cantato anche dai Tenores di Seneghe: Chicu Pedru Corimodde, più semplicemente Pedreddu o Ballu ‘e cantidu. Per quanto riguarda la musica ascolto i più svariati generi. Da Carmen Consoli alla musica celtica, Da Neil Young ai Bee Gees.

 

 

Che pensi dell’insegnamento del sardo nelle scuole?

 

Io sono nato fuori, in Belgio, perché sono figlio di emigranti. Quando avevo due anni ci siamo trasferiti a Piacenza, dove ho vissuto fino a quattordici anni. In Sardegna sono arrivato a fare le superiori. Per cui capisco e so parlare il sardo, i miei genitori mi hanno sempre parlato in sardo, ma penso in italiano. Sono però convinto che sia la lingua, la storia e la cultura sarda vadano insegnate a scuola.

 

 

Che differenza c’è tra cultura e folklore?

 

Credo che la cultura sia la conoscenza approfondita delle cose, mentre il folklore sia un modo per manifestare esternamente determinati valori. Non credo che le due cose siano slegate tra loro: il folklore fa parte della cultura, non potrebbe esistere o sarebbe vuoto senza che ci fosse la prima.

 

 

Quali sono i vostri progetti futuri?

 

Da aprile a metà settembre saremo in tour. Poi a ottobre entreremo in sala per incidere il nuovo disco, che se tutto va bene sarà pronto per la primavera prossima. In programma c’è anche la pubblicazione di un dvd e di un libro che raccontino i nostri primi quindici anni di storia.

 

 

Se dovessi esprimere in poche parole l’essenza dei Janas, che diresti?

 

Che i Janas sono un modo di essere, un gruppo splendido di amici che quando si incontrano si divertono. Credo che il pubblico, questo, lo colga. E per noi è un piacere.