Tra i costumi più belli dell’Isola, per foggia, colori ed eleganza, spicca certamente quello di Aritzo. È tanto caro ai suoi abitanti che l’amministrazione comunale, da anni, durante la celebre Sagra delle castagne e delle nocciole gli dedica una splendida mostra. Una descrizione dell’abito femminile la si trova già nell’ottocentesco Dizionario Angius-Casalis, che parlando di Aritzo, alla voce ‘Moda di vestire’, riporta: “Le donne vestono in un modo che direbbesi singolare, se in pari modo non si abbigliassero quelle di Belvì, Gadoni e Desulo. Usano elle un busto strettissimo di forese chiuso a tutte parti, e solamente aperto ai lati circa cm 20, per passarvi le braccia.
Esso scende giù sino a mezza gamba, di maniera che appena permette il passo. Quindi vi applicano un grembiule più corto del busto, della figura d’una parabola, attaccato ad una fascia che stringesi al fianco; il che deforma anche più la loro figura. Non fanno uso di calzette, eccetto alcune che ne vestono di lana rossa nel rigor del verno: invece portano un pezzo di scarlatto di poco più di cm 20, che legato a mezza gamba cade sciolto, e rendesi visibile, perché non giugne oltre questa legatura il suddetto busto.
Indossano ancora un giubbone di scarlatto o di velluto nero alla foggia moderna greca, con pezze attaccate internamente ad ambo i petti, le quali figurano l’interno giubbonetto, che dicesi corìtu. Questo giubbone tiene delle aperture al gomito, ed all’avambraccio. Con un velo di panno nero, o sajo rosso detto su capucciu, formato come il velo monacale, coprono la testa, e gli omeri. Quando sono occupate nelle bisogne domestiche lasciano il cappuccio, e restano con una mezza cuffia di seta o di filo, che sostienesi da piccole bende di panno legate sotto il mento…”.
La versione più sfarzosa del costume di Aritzo, sfoggiata nelle occasioni particolari e in special modo per i matrimoni, era composta in primo luogo da sa camisa: una lunga camicia di lino o cotone finemente ricamata, aperta fino alla vita e chiusa solo dietro la nuca con un bottone. Il petto, is pettorras, veniva lavorato a devellas: con ricami a pieghettine, affiancate allo sfilato sardo con disegni di fiori – sa mosta ‘e s’orrosa – o di frutta – sa mosta ‘e s’àxina – di modo che le devellas risultassero ai lati e lo sfilato al centro. Il colletto, is perras de zugu, ha due asole, legate con un fiocco rosso, dove si fissano i bottoni in filigrana d’oro: is buttones de oro.
La composizione di fiocco e bottoni prende il nome di istella coronada. Le striscioline del collo e dei polsini – is pugnittos – vengono ricamate a parte e unite all’arricciatura. Le maniche sono cucite e arricciate direttamente al collo, mentre il polsino è talvolta lavorato a prefallu. Un altro elemento fondamentale del costume è su cosso: busto strettissimo, in broccato ricamato bianco e verde, senza maniche e chiuso davanti, sotto il seno, con un nastro di raso incrociato che passa in alcuni gancetti.
Su cosso è diviso in tre parti unite tra loro con un nastro che può essere di diversi colori, ed è ornato tutto intorno con seta colorata – sa fetta frignia – e con sa trina. Caratteristico è su cippone attrinau: giubbone in velluto scarlatto cucito con seta gialla, ornato sulle spalle con sa trina e con decorazioni dette su biccu de prama, realizzate col nastro. Su cippone è abbellito lungo i bordi con un nastro liscio di seta blu: su galò e presenta aperture ai gomiti e agli avambracci, dove la camicia esce a sbuffo.
I polsi sono chiusi da lacci – coldiolas – pendenti sul polsino e da bottoni d’argento. Affascinante è su sautzu, la gonna d’orbace rosso lunga fino ai piedi e stretta con dei lacci sui fianchi, sia davanti che dietro. In vita presenta un bordo – sa capiciola – che permette di allacciare la gonna ai lati. Su sautzu è ornato ai fianchi con ricami orizzontali – realizzati a ‘punto erba’ e s’ispighitta – e con fili di seta verde: su cordonitu; mentre in basso è orlato con nastro azzurro: su galò, cucito intorno con filo di seta giallo a punto de coldone.
Sotto e sopra, l’orlo presenta decorazioni come sa fetta frignia o su biccu de prama. Sulla gonna risalta sa cinta: grembiule a forma di parabola o lingua, in velluto rosso ricamato ai lati con un tessuto di seta fiorito detto fetta froria che può essere liscio – lisu – ossia senza decorazioni. Impreziosisce il costume su velu ‘e tullu: l’ampio scialle bianco di tulle finemente ricamato. Lo indossavano le spose o le ragazze molto giovani nelle grandi occasioni. Su velu ‘e tullu cinge completamente il viso e viene rigirato intorno al collo. Particolare è su cappucciu, il cappuccio in panno rosso o nero, che copriva il capo o le spalle come un velo monacale.
Le donne lo vestivano in segno di devozione e di penitenza nelle cerimonie religiose e nelle occasioni importanti. Lascia scoperto solo il viso e viene agganciato sotto il mento. Completa il costume s’isciallu: il copricapo di seta quadrato ricamato, usato al posto del cappuccio, piegato a triangolo e abbellito tutto intorno da frange e da un bellissimo disegno a fiori.