Simpatici e frizzanti questi allocchi, gli Youlook: L.Cottifogli (voce), A.Mella (basso), G.Biolcati (percussioni). In una performance a tutto tondo nelle Grotte del Bue Marino che ha visto canti, danze, improvvisazioni e momenti di puro teatro. Da brani originali a rivisitazioni di quelli intramontabili (Angie, Shine On You Crazy Diamond giusto per citarne alcuni); pezzi dal sapore africano con punte di progressive sino al coinvolgimento del pubblico che funge da coro o utilizzato per creare un insieme di versi mostruosi per la spaventosa ninna nanna romagnola. La voce di Cottifogli colpisce e affonda in un repertorio di ottave, lasciando che la voci giri, salga, rimbalzi e si nasconda tra i cunicoli del soffitto roccioso. Mella ammutolisce con gli assoli al basso, nonostante l’umidità vorrebbe lasciare le sue dita adese alla tastiera a sei corde, ribaltando questo piccolo svantaggio in piena armonia con lo scrosciare delle onde, nella risacca accanto al palco. Stesso fortuito fato anche per Biolcati e i suoi congas, djembe e batteria quando la pedana si comincia a riempire lentamente di sabbia e mentre la rilascia crea effetti inattesi e straordinari.
Intro con monologo all’Acquario, una presentazione di Billie Holiday con la voce dei Tempi di Cris, la band nuorese che viaggia su onde innovative e sconosciute. Sono apprezzatissimi e chi li ha già visti in azione non ha alcuna intenzione di perdersi l’occasione di sentirli in questo contesto connotato dalla flora e la fauna mediterranea, senza contare la degustazione dei succulenti formaggi e vini dorgalesi. Matteo Pastorino e Zamua raggiungono questi straordinari musicisti e condiscono il tutto con interventi diversificati e personali, tra ballate rap, musica elettronica, jazz fusion e rock, questo giovane organico lascia senza parole anche quella fetta di presenti a cui la sperimentazione fa venire un certo prurito, specie se associata a strumenti così poco convenzionali, ma il gruppo ha preso la direzione giusta e si dimostra idoneo per ogni animo a portata d’orecchio.
“Buonasera, sono Alberto Pibiri, sono un pianista e vivo a New York da quattro anni e sono felice di suonare in questa bellissima isola, che è anche la mia” si presenta con poche e umili parole Pibiri al teatro comunale, poi è il turno del suo caro amico, contrabbassista tra i più richiesti in Italia, Alessandro Atzori. Infine l’introduzione più importante, la donna che ha cantato per i più grandi da Charlie Parker a Elvin Jones, la prima a essere convocata dal leggendario Blue Note “per il quale ho lavorato e ne sono onorato” ricorda Pibiri, “così come lo sono di essere amico della grande Sheila Jordan”.
Eccola la jazz child, di seta vestita, con una leggera battuta per rompere il ghiaccio riguardo il suo italiano e l’età (solo anagrafica in effetti) inizia il concerto: non si perde una nota la Jordan, non un calo di tono. Avanti tutta scioglie rapida ogni riserva ed emoziona. Sembra di assistere a uno show d’epoca e con Pibiri e Atzori l’atmosfera si scalda e il pubblico lo percepisce e incoraggia. “Non canterò quel genere di canzoni pompose e retoriche, eccovi un buon pezzo blues” dolcissima, divertente ed esperta nel suo bebop, i suoi gorgheggi non stancano e gli interludi autoironici e di spirito –compresa la canzone dedicata ai piccoli capricci della figlia da bambina- ne fanno una grande intrattenitrice e vera signora del jazz.
Il nostro pianista, invece, ha avuto la sua rivalsa artistica nei confronti del pubblico italiano che ancora lo conosce poco e siamo sicuri che da questo momento non lo dimenticheranno. Il volto sorridente e smaliziato, hanno tratto in inganno in un primo momento: Pibiri ci sa fare e ha l’indole di un navigato jazzista, nonostante l’età. La Jordan, energica ed esuberante, trae da questo sodalizio molta della vitalità dimostrata sul palco. L’arte si nutre e si rigenera e lo fa senza necessità di affettazione, bastano gli sguardi protettori e confortanti tra i musicisti, un trio da non trascurare e da seguire con grande attenzione.