Nato a Ploaghe il 4 marzo 1918, all’anagrafe risulta registrato col nome di Pinna Teodosio, figlio di Pinna Rosa. La madre si sposò poi con Giuseppe Nuvoli, da cui il ragazzo prese il cognome. Forse anche a causa di un rapporto non ideale con la famiglia, che di fatto lo abbandonò, visse un’infanzia e una giovinezza non particolarmente serene e felici. A prendersi cura di lui bambino fu la nonna, che egli ricorda con parole toccanti in una struggente Disisperada, prima di eseguire la quale soleva, sovente, inginocchiarsi e segnarsi, tra il divertito stupore del pubblico che ignorava il profondo significato dell’atto. Poiché riteniamo che possano essere di un qualche significato, ne trascriviamo i versi:

 

O cara nonna mia, beneita

sias dae s’eternu Criadore,

pro sa cura ch’as tentu e-i s’amore

de sa mia dolente anima afflita,

giutende a mie dae tita in tita

”Pro caridade –nende- e pro favore

de allatare bos nascat sa brama

su fizu sentza tita e sentza mama”

 

Facendo il servo pastore, trascorse la parte più importante della sua vita in campagna, a contatto più con gli animali che con gli esseri umani: ”So istadu vint’annos in su desertu, cun sos batos e sos canes” ci disse una volta che lo intervistammo (a Ossi, nel 1975).

 

La solitudine, i lunghi silenzi favorirono certamente lo sviluppo di un ingenuo e originale talento poetico che egli applicò prevalentemente al canto.

 

Negli anni della sua infanzia e adolescenza potè sicuramente ascoltare i grandi cantadores del suo o dei paesi vicini, in gara. In qualche bettola, o in altre occasioni, ebbe modo anche, certamente, di ascoltare altri che, pur non esibendosi sui palchi, non privi di qualità vocali e spinti dalla passione si dilettavano a cantare. E con loro forse si confrontò. Sicuramente immagazzinò nella memoria su tragiu di Filippo Fais e di Antonio Desole, su cui basò l’impostazione del suo cantare; che ebbe modo sicuramente di rielaborare nelle lunghe solitudini e nei silenzi della campagna. Donde il suo stile interpretativo che risulta di una straordinaria originalità.

 

La sua presenza sui palchi è attestata di certo a partire dalla fine degli anni Trenta. Qualcuno ci ha parlato, per averla ascoltata di persona, di una gara del 1937, che probabilmente per Nuvoli era quella d’esordio, a Siligo, con Pietro Porqueddu, Matteo Razzu e il chitarrista N. Cabizza.

 

Ha continuato a cantare poi nel dopoguerra, in specie negli anni Cinquanta, grazie soprattutto a Nicolino Cabizza, l’unico che, in qualche modo, riuscisse a tenerlo sotto controllo, frenandone le intemperanze (in particolare con l’alcool) e cercando di limitarne le stravaganza a cui gli scarsi contatti con gli altri lo portavano. Anche per tali motivi la sua carriera è stata molto discontinua e di certo meno intensa e proficua di quanto il naturale talento gli avrebbe potuto garantire. Benché, ripetiamo, soprattutto negli anni Cinquanta le sue esibizioni non siano state poche. Ma anche negli anni Sessanta e Settanta fece più ci qualche apparizione sui palchi. E qualche esibizione, sia pure sempre più rara, la fece ancora in epoca successiva.

 

Dotato di una voce di registro baritonale, dalle caratteristiche timbriche inconfondibilmente particolari, di un’armoniosità unica, con delle vibrazioni che non lasciavano indifferente l’ascoltatore attento, non era tuttavia, e giova sottolinearlo, un cantadore per tutti. Solo i veri intenditori potevano apprezzarne pienamente le peculiarità vocali e la assoluta e, per certi aspetti, geniale originalità interpretativa. Qualità che, spesso, venivano messe ancor più in risalto dai testi delle canzoni che, nonn di rado, erano di sua composizione.

 

Alcune sue boghes venivano e vengono riproposte ancora ai giorni nostri, dai cantadores più giovani che, magari, Nuvoli non l’hanno mai udito cantare direttamente. Così come molti ascoltatori che però, in tal modo, riescono a conoscere il suo canto. E notissimi sono alcuni suoi mutos, in specie quelli ”lunghi”, come Su mutu ’e sos puzones, Sas capitales, Su ricordo perenne e altri.

 

Quand’era in serata di grazia, il che significava quando non eccedeva nel bere e nel fumare, e saliva sul palco riposato e adeguatamente rifocillato, era in grado di tenere testa a chiunque, compresi i cantadores di alto livello e di chiara fama .

 

Sposatosi una prima volta negli anni Settanta con Giovanna Fruianu, già vedova, si trasferì a Sassari. Costei riusciva a tenerlo a freno con un’alimentazione adeguata e un controllo attento delle bevande (la sua vigilanza si estendeva anche a quando Nuvoli stava sul palco, tanto da meritarsi, da parte del marito, l’appellativo di marescialla). Mortagli la moglie, andò a vivere in un ospizio di Bonorva. Lì conobbe una donna di cui si innamorò; la sposò e si trasferirono, insieme, a Casa Serena (un ricovero per anziani), a Sassari.