Ieri sera, rientrando dal lavoro, attraversando Cagliari e alcuni paesi ho visto bambini in maschera bussare nelle case come nella migliore tradizione anglosassone di Halloween. Anche quando io ero bambino esisteva Halloween e in tv i film targati Disney raccontavano di notti gioiose tra dolci e maschere turbate da streghe e zombie. Ma noi non ci siamo mai mascherati, noi eravamo is animeddas. I preparativi avvenivano nei giorni precedenti al 1° novembre. Si decideva a che ora sarebbe iniziata la ricerca dei doni per le “piccole anime” ma l’aspetto più importante era: con chi vado a fare is animeddas? Si usciva con il migliore amico, mai tutti insieme perché c’era il rischio di non riuscire a portare a casa nulla, di avere una busta semi vuota e nessuno spicciolo. Era come natale, nonostante la scuola fosse chiusa ci si svegliava comunque presto per essere tra i primi a bussare nelle case dei suellesi nel ricevere i doni migliori. Indossata la felpa per i primi freddi di novembre e trovato un sacchetto robusto per raccogliere le offerte eravamo pronti per uscire. Diciamo che is animeddas sono una palestra per quando si è grandi e si partecipa alle prime questue per l’organizzazione delle feste religiose. E per noi chierichetti is animeddas si univa all’impegno in parrocchia, il 1° novembre però non di partecipava alla messa del mattino perché la gioia dell’andare casa per casa era troppo forte, in compenso partecipavamo a tutte le altre funzioni sino alle celebrazioni per il 4 novembre. C’era chi ci accoglieva con le porte spalancate e con il sorriso, chi con timidezza per regalarci un piccolo momento di soddisfazione nel riuscire a raccogliere poche cose che valevano tanto, per la generosità che accompagnava le mani e per la tradizione che si rinnovava ogni anno, nei gesti, nelle aspettative e nelle intenzioni di una generazione di piccoli che cresceva sapendo che in animeddas facevano parte di noi. Dentro le nostre buste cadevano dalle mani generose le caramelle alla panna e al mou, avvolte da quell’incarto pastello e familiare sempre presenti nelle credenze delle nostre nonne, merendine, cioccolati e gomme da masticare come pioggia cadevano dentro il nostro sacchetto. Qualche spicciolo o una banconota di piccolo taglio così da avere l’occasione di passare al bar a fine mattina per dividere la cifra e fare una partita ai videogiochi nel bar di tziu Sergiu. Ancora per le piccole anime anche melagrane grandi, dai chicchi dolci e color rubino, molto più dolci di quelle che ancora ci sono nell’orto di nonna, erano una prelibatezza anche se a quell’età la frutta non era il nostro cibo preferito. Una visita anche alle botteghe di generi alimentari che per noi aprivano pacchi di cioccolati kinder e patatine. Si tornava a casa pieni di gioia, si svuotava la busta sul tavolo e si conservava tutto per evitare di avere il mal di pancia in poche ore. Troppi dolci fanno male e da quando siamo cresciuti abbiamo scoperto che fanno pure ingrassare. Ma perché questo racconto nostalgico e naif? Dopo 20 anni fa bene ricordare e ricordare le cose belle, le tradizioni e gli ambienti familiari del proprio paese soprattutto quando i tempi rischiano di cambiare tutto questo, quando le tradizioni cambiano, si perdono, si dimenticano. Halloween sembra aver conquistato i grandi centri e la voglia di far fare festa ai bambini a tutti i costi in un carnevale anticipato. Nessuno ci aiuterà a custodire e conservare la tradizione e i nostri ricordi ci spingono a riflettere, sono certo che is animeddas dei miei genitori e dei miei nonni portano alla luce usanze e abitudini ancora più caratteristiche della tradizione. Ma c’è un’ultimo aspetto che voglio sottolineare, la generosità e la solidarietà di una comunità che spero rimanga sempre viva e forte. Questo stesso legame deve essere il laccio che tiene unite le tradizioni nel nostro paese. Non sarà una moda, un prodotto in commercio a farci dimenticare o a disabituarci a fare quello che sempre abbiamo fatto, saremo noi ad essere responsabili del passato che perdiamo, saremo noi che portando solo ciò che non ci appartiene nel presente non potremo dare un futuro alla nostra tradizione. Anche questi giorni come 20 anni fa un vento fresco, un cielo azzurro e quando sentirete dietro la porta urlare: IS ANIMEDDAS! Aprite col sorriso e rendete immortale l’anima di questa tradizione.