Una piccola appendice in Lombardia nei circoli degli emigrati sardi (Vimodrone e Cinisello Balsamo) prima dell’inizio vero e proprio del tour, per promuovere il suo secondo lavoro discografico “A giru a giru” ci dà l’opportunità di conoscere Claudia Aru. La cantante di Villacidro, musicalmente si è formata insieme ad Arrogalla (Francesco Medda), fondando il duo di musica elettro folk dalle sonorità Dub ‘Bentesoi’.

“Quella con Arrogalla è stata un’esperienza grandiosa che mi ha permesso di calcare palchi importanti in Sardegna, in Italia e in Europa”.

Il disco che oggi la vede voce solista ed autrice dei testi e delle musiche è inciso insieme a Matteo Marongiu, contrabbasso e Marcello Pilleri, chitarra, ukulele, anjo. Insieme costituiscono un trio acustico che miscelando diversi generi musicali, racconta storie, atmosfere e riflessioni della Sardegna, tra tradizione e innovazione, tra passato e presente.

 

 

“Questo secondo disco (dopo ‘Aici’ del 2012 che per Claudia ha significato il ritornare al suo suono originale, l’acustico, è nato anche il binomio con la produzione Nootempo) ‘A giru a giru’ in pochi mesi ci sta dando tante soddisfazioni. Per informazioni e per eventualmente ordinare il disco, abbiamo creato uno spazio web www.agiruagiru.net”.

 

 

Spiccano collaborazioni che hanno arricchito musicalmente il progetto. Quindici canzoni che hanno il sapore di Sardegna tra emozioni, storie e personaggi dove hanno trovato spazio un quartetto d’archi formato da Diego Deiana al violino, Massimiliano Viani alla viola, Anna Maria Viani al violino e Maria Giovanna Cardia al violoncello; la partecipazione di Paolo Carta Mantiglia nel pezzo ‘Lassaddu proi’, in cui suona il clarino basso e Stefano Vacca batteria e percussioni. Nel disco troviamo anche una rilettura acustica di un brano tratto dal disco ‘Folk you – oi mi scidu chitzi’ del fortunato progetto electro dub Bentesoi ed una versione di una delle più belle canzoni d’autore in sardo sassarese, scritta da Alessandro Carta, voce e autore della band sarda NasoDoble.

 

 

Claudia però, non è solo musica.

 

 

Mi sono laureata in Storia dell’arte col massimo dei voti a Bologna nel 2005, ho vissuto per tre anni a Barcellona dove ho completato gli studi universitari e ho cominciato a studiare jazz nella scuola ‘Taller de Musics’ . Nel 2006 decido di realizzare un mio grande sogno: andare a  New York, ci ho vissuto circa un anno e questo mi ha permesso di perfezionare la conoscenza della lingua inglese, studiare canto e partecipare a diverse jam session. Nel 2007 ho vinto una borsa di studio grazie alla quale ho potuto frequentare un master sull’organizzazione di eventi culturali all’Università “La Sapienza” di Roma e, parallelamente, studiare ancora canto. Nel 2008 decido di tornare a vivere in Sardegna perché mi sono resa conto dell’immenso patrimonio a mia disposizione e delle possibilità di chi vede in quest’isola non un deserto, ma una terra vergine,la Sardegna offre una qualità della vita incredibile, fatta di cose semplici ma per me indispensabili, non ho smesso di viaggiare ma ho capito che è qui che voglio vivere.”

 

 

E poi, l’amore per la musica ha avuto la meglio?

 

 

Fin da piccola ho ascoltato tantissima musica di generi diversi, per me era una vera ossessione e oggi mi rendo conto di quanto questo abbia arricchito la mia fantasia. Nei miei dischi si respirano, infatti, tante influenze diverse che rispecchiano il mio interesse a 360° per la musica. Ho cominciato a studiare per migliorare degli aspetti fondamentali quali la respirazione e l’intonazione che sono la colonna portante di un buon cantante e ora mi ritrovo a scuola a condividere quello che ho imparato con ragazzi di diverse età che si affacciano a questo mondo insieme bellissimo e complicato, della musica. Attualmente ho una formazione musicale molto solida che crea ma soprattutto si diverte, Marcello Pilleri e Matteo Marongiu sono i migliori ‘soci’ che potessi trovare.”

 

 

Come vedi il futuro di Claudia Aru?

 

“Sogni ne ho tanti e ne realizzo quotidianamente, il segreto è non puntare troppo in alto e mirare a cose semplici ma che possono dare molta soddisfazione, io attualmente mi reputo una persona molto fortunata, in un contesto a tratti desolante, posso dire di fare quello che sognavo da bambina : la cantante. Ovviamente ci sono alti e bassi, le cose non vanno sempre benissimo, ma posso collezionare esperienze che mi arricchiscono molto, viaggiando, incontrando tante persone e … cantando!  Io spero di restare sempre così, non vorrei molto di più, mi piace stare in un equilibrio modesto che mi fa stare più che bene, quando si va troppo in alto, si sa, cadere fa molto più male! Per questo non andrei mai a un talent show, voglio poter comunicare la mia musica con i miei concetti senza dover scendere a compromessi per  “vendere” di più. Voglio dire quello che penso, possibilmente in sardo che è una lingua per troppo tempo taciuta che merita di rivivere, non credo sarebbero molto d’accordo nella TV italiana! E’ una scelta politica, si , lo è, come quella di non essere iscritta alla SIAE, non amo i monopoli e non credo che sia un ente che funziona e dia giustizia , vessa i commercianti costretti a pagare per avere una radio accesa e non distribuisce i guadagni con i ‘piccoli’, chi guadagna davvero, come sempre, sono ‘i grandi’.”

 

 

Hai avuto esperienze anche nei circoli degli emigrati sardi.

 

 

Ho suonato in tanti circoli in Italia e in Europa, mi sento molto fortunata per questo, sono tante “micro- Sardegne” sparse piene di persone meravigliose che mi hanno accolta sempre a braccia aperte. Non c’è sensazione più bella di finire un concerto e sentirti abbracciare da chi, con gli occhi lucidi, ti ringrazia per averlo portato per qualche ora a casa.La Sardegna, lo sappiamo, crea un legame molto forte per chi è stato costretto a lasciarla e difficilmente si supera la malinconia e il distacco. La cosa più bella dei circoli è che loro hanno risolto il problema della lingua sarda a dispetto dei linguisti che nell’isola si azzuffano ma non riescono a trovare una soluzione, nei circoli ognuno parla la sua variante e in questo modo tutti si capiscono, hanno trovato la formula giusta mischiando tutto e creando una lingua nuova che tutti possono parlare e capire, in realtà hanno vinto loro!”

 

 

 

Mi disegni la Sardegna che vedi.

 

 

La Sardegna è una terra che attualmente ‘galleggia’ in preda a colonizzatori di diversa provenienza che hanno sfruttato e depredato fino a che hanno voluto senza alcun rispetto. Io però faccio una critica anche ai sardi che hanno lasciato fare per tutto questo tempo, permettendo le privazioni più grandi in silenzio. Spesso è troppo comodo lasciare fare o demandare agli altri, non ci si prende nessuna responsabilità e non ci si affatica troppo. Certo, perché farsi rispettare è un lavoro che comporta impegno, sacrificio e dedizione, e troppo spesso non si ha avuto la voglia di farlo. Io spero con tutto il cuore che ci si innamori sempre di più di questa terra e da questo amore nasca l’esigenza di riscatto e amor proprio che non ci faccia più galleggiare ma stare solidi e saldi, forti di un’economia finalmente gestita dai sardi , in cui le grandi imprese lascino le loro tasse nell’isola,  forti di una cultura finalmente valorizzata, in cui il turismo diventi un motore di sviluppo per 8 mesi all’anno, in cui le infrastrutture funzionino davvero e le persone non perdano la vita in strade pericolose e spesso abbandonate, in cui il trasporto ferroviario ricominci a funzionare, visto che al momento siamo al livello di Nord Africa, in cui i collegamenti con l’Italia rappresentino veramente una continuità territoriale, in cui le grandi zone inquinate vengano bonificate e diventino un nuovo motore economico come è accaduto in altre nazioni. Insomma, spero che questo e tanto altro si possa fare per ridare dignità a questa terra meravigliosa e alla  sua gente, io lo spero davvero, e proverò, umilmente, a dare il mio piccolo contributo”.