Le attività del mondo antico, da sempre rievocate grazie ai preziosi racconti dei nonni e degli anziani, non ci sono rimaste solo come immagini della memoria collettiva, pagine incomplete o sbiadite della nostra storia. Se prima il ricordo dei tempi andati gravava soprattutto sulle facoltà della mente, non sempre infallibile, in questi ultimi anni sono gli oggetti della cultura arcaica ad aver acquistato diritto di parola, affidando all’etnografia l’importante compito di operare nella valorizzazione e nel recupero delle arti antiche.
La tradizione rivive attraverso i manufatti, ognuno dei quali racconta la sua storia, quella di colui che lo ha forgiato e di chi ne ha fatto uso. Vicende remote e diverse che si intrecciano nel percorso di un unico arnese. Così ricordo e concretezza si sposano nelle sale della Casa Museo di Macomer, un’antica abitazione del paese che ospita una ricca esposizione e collezione di svariati oggetti tipici. A gestire questo patrimonio sono i giovani della Cooperativa sociale Esedra, impegnati nell’offerta di servizi per il turismo culturale ed ambientale e presenti sul territorio con iniziative, progetti ed itinerari di grande interesse. Un importante punto di riferimento per chi desidera partecipare ad escursioni naturalistiche ed archeologiche, o semplicemente accostarsi alle usanze locali ed alla tradizione.
La raccolta conservata all’interno del museo consta di ben tremila pezzi originali ed è suddivisa all’interno del percorso di visita in base ai cicli della vita, sia pastorale che contadina, ed ai diversi mestieri. Un’esposizione che ha per nome ”Le arti antiche” proprio a voler specificare quanto è possibile ammirare e riscoprire. L’abitazione, sorta nell’Ottocento in una zona all’epoca di campagna, si affaccia oggi sulla via principale di Macomer, ben visibile per chi attraversa il paese. E sebbene a primo sguardo possa sembrare di piccole dimensioni, è suddivisa in quattordici ambienti articolati tra zona interna ed esterna, ognuno dei quali descrive un particolare sapere antico, ed ha mantenuto conservato negli anni il suo aspetto originario.
In una delle sale del piano terra è possibile ripercorrere l’intero ciclo della produzione del pane, partendo dagli utensili impiegati per la raccolta e la lavorazione del grano. Il tutto passa poi attraverso la mediazione della macina, oggetto simbolo di questo processo di trasformazione, ammirabile sia nella versione interamente realizzata in pietra che in quella con la variante di su lacu in legno, realizzata nella zona di Mulargia. E ancora sa mesa de suìghere, i setacci di diverse misure, le pale per infornare, sas còrbulas. Nella cucina, priva di mobilia come nei tempi andati ma tappezzata di pentole e ciotole sulle pareti, è possibile vedere ancora sos furreddos, rimasti ben conservati.
La visita prosegue poi nel cortile, che accoglie due importanti settori: uno dedicato alle attività del fabbro e del falegname, l’altro alla cantina e agli oggetti legati alla produzione del vino. Ricchissima la sala che ricorda l’attività pastorale. Gli utensili sono vari, spesso di foggia bizzarra. Vi sono su malinzone, il recipiente dove veniva conservato il latte, s’aiscu,la forma usata per scolare l’acqua durante le fasi di produzione del formaggio, anche nella versione intagliata per realizzare il fiore sardo.
E poi tutti gli arnesi utilizzati per svezzare, identificare e gestire gli animali: semplici ma geniali, frutto delle conoscenza e dell’esperienza dei pastori. Interessante l’esposizione di selle, specialmente quella femminile tipica del Marghine e del Montiferru, s’istriglione, presente in due versioni: la più comunemente usata e diffusa, poco ricercata e più funzionale, e la variante propria delle donne nobili e ricche, realizzata con materiali pregiati, che imponeva all’amazzone una particolare postura e posizione delle gambe, considerata elegante e distintiva sebbene molto scomoda.
Il percorso museale continua al piano superiore, dove vi sono la sala dedicata alla tessitura, in cui il protagonista assoluto è il telaio con gli attrezzi per la battitura, cardatura e filatura, e quella che ricorda l’attività del calzolaio, maestro di manualità. Non poteva mancare infine la camera da letto tradizionale. La casa museo propone un itinerario che rivisita fedelmente la vita di un tempo, scandita dai momenti e dai periodi propri delle attività agricole e pastorali, e resa visibile grazie al potere evocativo degli oggetti conservati.
Oggetti che nascono e vivono tra le mani degli uomini e ne raccontano ancora i gesti. Un atto di rispetto e di affetto per il passato e un arricchimento per il presente. Ed infine un omaggio dovuto a ”su tempur de sar manos, ca issar fachiana e issar faeddaiana. Paria chi cumandaian’ issas a sa mente. E donzi cosa pariat in disizzu de esses toccata da issas e trasformata. Ini manos imbenteras, deinas, medicamentosas, tristas, allegras, cuenteras”(Michelangelo Pira, Sos sinnos).