vendemmia oroseiOrosei, fine settembre. Il caldo non è ancora un ricordo. Le masse di turisti lo sono già.  L’azzardo non è più avventurarsi nelle vie o nelle spiagge affollate, ma tuffare lo sguardo  nella luce del tramonto per cogliere la dolcezza del paese e del suo territorio.

 

L’emozione che si prova tesse nuove amicizie col passato. La memoria torna alle file di carri che rientravano dalle vigne sotto un sole languido e dolcissimo. Nelle vie strette, le ruote sbattevano sui ciottoli con grande frastuono. Qualche grappolo d’uva cadeva a terra e i bambini accorrevano. I vicinati erano in fermento. Nei cortili c’era l’euforia dell’attesa e le botti da riempire col nuovo vino erano già pronte: quando il tempo era condiviso e settembre era il mese sacro per i riti della Madonna del Rimedio e della vendemmia.

 

Nel 2011, l’enoteca osteria  Il Portico propone, per la seconda volta, uno spaccato di quel mondo, con l’iniziativa  Bentornata vendemmia. Alle sette di sera la via Grazia Deledda è sonnacchiosa sotto due nuvole di perle rosate. Dopo il campo sportivo, la deviazione a destra è polverosa. I nuovi insediamenti sono sorti come funghi. Gli orli dei tetti delle villette a schiera sembrano emergere  da un  bagno di luce  d’oro. Nuvole sparse e dense, di un grigio e di un rosa striati di celeste, annunciano l’autunno prossimo venturo. Poco più avanti lo sguardo si spoglia. Una linea d’orizzonte pulita e struggente si delinea fra i monti lontani e la campagna. I buoi spuntano all’improvviso. Tirano un carro carico di ceste. Provengono dall’azienda agricola Donna Lina, dove sas cofas sono state riempite di uva appena vendemmiata.

 

Nella strada sterrata camminano veloci, sollevando nuvole di polvere che sembrano riemergere proprio dai ricordi. Il giogo è guidato da Giorgino, una vita per la  campagna, che strattona e molla le funi a seconda del percorso. Ha ritrovato facilmente i gesti di un tempo cancellato da camion e furgoni. Li compie nel percorso fino al paese e attraversandone il cuore: da Via Mannu alla piazza di Sant’Antonio Abate, da via Satta per la via Nazionale alla piazza del Popolo e infine, a via De Gasperi, fino all’enoteca. Il carro è rumoroso. Durante il tragitto gli usci si aprono alla curiosità che bussa: l’avvenimento è ormai insolito. I bambini interrogano. Qualcuno salta addirittura sul carro e afferra qualche  grappolo. Dentro l’enoteca, una serie di vecchie foto in bianco e nero, esposte permanentemente, parlano di questo mondo scomparso che ha lasciato tracce di memoria e più di un rimpianto.

 

Fuori dei locali i turisti e i curiosi sono ansiosi di emularlo provando a schiacciare l’uva con i piedi, secondo il rito antico praticato nei cortili. L’invito a farlo era in locandina: Azoviate a pistare s’àchina. E così, mentre Tanina, titolare dell’enoteca, si dà da fare per servire i clienti e accogliere gli ospiti, il marito Giangiacomo e l’amico Piero, dopo aver scaricato le ceste, allestiscono uno spazio rudimentale per la pigiatura dell’uva. I turisti e i bambini si lavano i piedi in una fontanella e la sperimentano ridendo del risultato, mentre un rivolo chiaro fuoriesce da un sacco, scorre in su lacu di sughero e scende nella tinozza per la gioia dei presenti. Un tempo questo era un rito. Poi sono subentrate le macchine e il gusto del succo spremuto dolcemente dagli acini non è stato più lo stesso.

 

I tenores di Pattada si pesan a cantare sotto le palme. Fotografi e giornalisti fermano nel tempo questa iniziativa. Giangiacomo suona la batteria con l’Azura band chiamata a fare festa fino a notte fonda. Nel tavolo degli ospiti arriva la pecora in capota condita di discussioni e di ricordi. Qualche cliente acquista del miele e del pane carasatu. Altri osservano le confezioni di dolci sardi. La padrona di casa non si ferma un attimo. È una donna di progetto e di comunicazione: dalla data di apertura, la sua enoteca propone  il binomio prodotti-iniziative. La pigiatura dell’uva con i piedi, le mostre fotografiche e la realizzazione in diretta de sa trunfa hanno animato numerose serate. Da qualche tempo, oltre al buon vino, Il Portico offre anche le grigliate di carne e pesce freschissimi. A scegliere il vino e gli alimenti è sempre lei: Tanina Podda, un po’ sopra i cinquanta, radici di Orgosolo, sposata e residente ad Orosei.

 

Perché una donna a condurre un’enoteca? è la domanda spontanea. Perché non dovrei? è la risposta subitanea. Ho iniziato per caso e ormai lo faccio da anni. Assaggio i vini, li valuto e li scelgo. Li riconosco e distinguo tra i fruttati, i passiti, i corposi, i barricati. Certo ho anche studiato, ho visitato cantine e mostre… Il viso stanco si illumina di entusiasmo per un’attività che ha a che fare con  materia viva: “I vini non devono essere sistemati in posti qualunque. Alcuni addirittura  riposano e odiano il rumore e la compagnia di formaggi o altri cibi dal sapore forte…” Perché l’ubicazione nel centro storico? “Questo locale ha i muri spessi e la luce non è eccessiva, così la temperatura rimane abbastanza costante in modo naturale”.