Nell’estremità nord-occidentale dell’altipiano di Boretarzu, separato dal monte di Cossoine dalla stretta vallata del Riu Mulinu-Alchennero­Androliga, s’innalza una strana rupe chiamata Sa Roca de sos Sacos, la quale scaturirebbe – secondo la tradizione popolare – dalla pie­trificazione di non pochi sacchi di frumento e degli utensili per misurarne la capienza. Proponiamo, in questa sede, il relativo contu de foghile o racconto del focolare nell’esposizione saporita di Marietta Bissiri: “A Semestene, quando esisteva anche il vicino paese di Alchennero, c’era una vol­ta un grande proprietario terriero che seminava molto grano e quando veniva il tempo della mietitura, nel mese di luglio o agosto, dopo che mieteva, si preparava a fare s’arzola cioè a trebbiare. L’anno era molto abbondante. Il proprietario aveva fatto preparare dai servi un’aia molto spaziosa. I servi avevano portato le cose che servono dopo la trebbiatura. I sacchi erano fatti di lana bianca e nera cioè a stri­sce.

 

Per valutare i sacchi, quando erano pieni, avevano portato la misura detta sa meaza, su chiliru de su ferru e s’iscoba de s’arzola, su triutu e sa pala pro bentulare su trigu, per separare il grano prima dalla paglia e poi dalla pula (cioè dall’involucro che racchiude i chicchi). Quando avevano finito di separare il grano dalla pula, i servi e il padrone incominciavano a insaccare il grano e ne avevano fatto una montagna di sacchi. Ma il raccolto era tanto che era rimasto ancora un bel mucchio di grano sull’aia. Il padrone pensava: “Quest’anno sono più ricco di tutti i Semestenesi messi insieme”. Ma non ave­va avuto neanche il tempo di pensare come e cosa doveva fare di quell’abbon­danza che ha visto davanti a sé un povero mendicante che gli chiedeva: “Dammi un po’ del tuo grano perché ho fame”. Ma il padrone, un gran­de avaro, rispose alla domanda del povero: “Non ne ho”!. “Cosa c’è allora in questi sacchi così pieni”? replicò il mendicante. “Io non ho grano, non vedi che è un mucchio di pietre”? mentì il ricco cattivo. “E allora che pietre siano”! imprecò il povero che se ne andò, facendo un segno di croce e tutto si trasformò in pietra: i sacchi, il fiasco dell’acqua, sa misura, sos triutos, sa pala e il mucchio di grano che si trovava nell’aia,! Al padrone avaro e malvagio non  rimase niente altro che ammirare Sa Roca de sos Sacos tale e quale come la si può vedere ancora adesso. Il padrone diventava, da quel momento, il più povero dei poveri di Semestene perché il mendi­cante che gli aveva chiesto l’elemosina era proprio il Cristo Gesù in persona. Vera o falsa, questa storia finisce qui. A me l’aveva raccontata mia mam­ma, Assunta Sedda, quando ero ancora bambina. Ma Sa Roca de sos Sacos esiste davvero: io, personalmente, sono stata sul posto e vi posso assi­curare che è una cosa bella da vedere, vale veramente la pena andarci. Basta andare a Semestene, nella zona Boretarzu, e la si può ammirare. Però il paese di Alchennero, che non era lontano da quel posto, non esiste più.

 

 

Note

1 Racconto tratto da G. Deriu – S. Chessa, Semestene e il suo territorio dal Basso Medioevo agli inizi dell’Epoca Contemporanea, Sassari, Edes, 2003, pp. 61-63, al quale si rimanda per la relativa bibliografia. Fonti orali: Marietta Bissiri (2002) e Palmerio Sotgiu (1974). Riscontri parziali: Pietrina Bissiri (2002) e Filippa Testoni (1964). Seppure prèsentato nel 1974 (versione di Palmerio Sotgiu) in G. DERIU, Notice sur les traditions populaires et religieuses de Semestene, relazione dattiloscritta inerente al Corso di Storia delle Tradizioni Popolari della Facoltà di Magistero di Sassari (a. a. 1973-74), pp. 14­15, questo racconto – qui nella variante di Marietta Bissiri – era rimasto ine­dito. Stando all’esegesi fornita dallo stesso zio Palmerio, che vedeva al di là degli aspetti favo­losi escogitati dalla saggezza popolare per spiegare la struttura peculiare di “Sa Roca de sos Sacos”, l’attinente contadu avrebbe finalità schiettamente morale: «I cristiani, e specialmen­te i ricchi, hanno l’obbligo di fare la carità, come Dio comanda, soprattutto perché questi manda tal­volta il proprio figlio Gesù, talaltra S. Pietro o un altro Santo, i quali si presentano davanti alla gente, sotto le mentite spoglie di un vecchio mendicante, per provare la bontà o la durezza dei loro cuori. Dio vuole che i ricchi aiutino i poveri, altrimenti i ricchi diventeranno più poveri dei poveri». Per il folklore della terra e delle costruzioni litiche, cfr. E. Delitala, Materiali per lo studio degli esseri fantastici del mondo tradizionale sardo, pp. 331-32.