All’estremità sud-occidentale della Giara di Serri, in un’area estesa di oltre venti ettari, sorge il Santuario Federale Nuragico di Santa Vittoria, scoperto dall’archeologo Antonio Taramelli nel 1907: si tratta di un importante centro religioso con ampia valenza storico-culturale e artistica, uno dei più importanti della Sardegna, che gode di una continuità insediativa iniziata nel periodo nuragico (dal bronzo medio alla prima età del ferro), proseguita in quello punico (VI – III secolo a.C.) e romano (III secolo a.C. – II secolo d.C.), fino all’età bizantina (VI – IX sec. d.C.). Per meglio conoscere l’intera area archeologica, nella quale è ubicata una grande varietà di resti e rovine, forniamo adesso un itinerario, ideale per il lettore e utile per il visitatore, affinché sia strumento di approfondimento, o più semplicemente guida, ad integrazione del percorso didattico già presente all’interno dell’area.

 

Il viaggio ha inizio dall’ingresso dell’area archeologica, nelle strutture di accoglienza, da cui si dirama un sentiero che si sviluppa tra i colori e gli aromi tipici della natura mediterranea, che termina a ridosso della chiesa di Santa Maria della Vittoria: un portichetto arricchito da archi introduce all’interno dell’edificio a due navate, separate da quattro arcate a tutto sesto; la copertura, con travi in legno, risulta a doppio spiovente. A meridione, sono visibili i resti di due ambienti di servizio. L’impianto originale si data con molta probabilità al VII secolo d.C., mentre la ristrutturazione che dovrebbe risalire all’età giudicale intorno al 1100, fu opera dei monaci Vittorini; ulteriori modifiche sono attestate anche nel XIX secolo. Per diversi anni, a causa del suo critico stato di conservazione, la chiesa è rimasta chiusa. Di recente è stata restituita al culto dopo interventi di restauro.

 

Dal santuario si svolta a sinistra, in direzione del Protonuraghe, struttura a pianta ellittica che doveva articolarsi in altezza per almeno un piano superiore e che potrebbe essere stata anticamente la residenza del capo della città. Da questo, si raggiunge la Torre con feritoie risalente al bronzo finale: si tratta di un nuraghe complesso – attualmente meglio conosciuto come Fortezza – dotato di scala di camera della quale si conservano solo pochi gradini che, attraverso un lungo corridoio fortificato, la collegava al protonuraghe. Accanto si trovano altre due strutture: la prima, affiancata alla Torre, è il Tempio ipetrale – ora denominato Bacino cerimoniale – un edificio a pianta rettangolare ripetutamente ristrutturato e modificato a partire dalla tarda età nuragica, e poi in epoca romana e bizantina, verosimilmente descritta come un’area riservata al culto. La parte interna presenta una pianta più o meno rettangolare e un paramento murario composto da grossi blocchi in pietra vulcanica, perfettamente squadrati. Attualmente l’ambiente ospita due grandi altari con basi in calcare, per l’esposizione dei bronzi votivi attribuibili all’ultima fase d’utilizzo nuragico. Affianco si trova la seconda struttura, detta Capanna con atrio, di pianta circolare ed edificata con blocchi squadrati in basalto: la planimetria risulta particolare per la presenza di un atrio quadrangolare. In esso son stati ritrovati molti elementi di cultura materiale, quali vasellame nuragico, resti di ossa suine e un bronzo votivo rappresentante un personaggio maschile con bastone. Dalla Capanna con atrio, muovendo verso nord rispetto all’area del Protonuraghe, incontriamo la Capanna con sedile, di pianta circolare e dotata di un ingresso aperto ad est; all’interno è visibile un pavimento in lastricato, mentre lungo tutto il perimetro è ancora conservata una porzione di sedile anulare in basalto e calcare.

 

Forse, l’edificio era adibito in epoca nuragica ad adunanze rituali. Percorrendo la Via Sacra, si arriva alla struttura più importante del santuario: il Tempio, destinato al culto delle acque. Il pozzo è inserito all’interno di un ampio recinto ellittico (témenos), ed è caratterizzato da un atrio con sedili laterali – nel quale si trova una canaletta trasversale al piano pavimentale – e una scala di tredici gradini che conduce alla camera sotterranea. In origine questa presentava una volta a tholos e una pianta circolare, e fu edificata con filari di conci in basalto. La struttura si data tra il bronzo finale e la prima età del ferro. Nei gradini del pozzo sono state rinvenute in fase di scavo, dall’archeologo Taramelli, alcune tombe attribuite all’epoca tardo-antica, grazie alle fibbie bizantine ivi ritrovate.