Tra il 580 al 576 a.c. si svolse ad Olimpia la 50° Olimpiade, e da alcune testimonianze storiche, a questa competizione parteciparono anche alcuni atleti Sardi-Nuragici. E visti i doni (in particolare le statue) presentati pressi i tempi dedicati a Dei e Deità, furono riportati anche clamorosi risultati.  Nei periodi di tregua e di pace, le competizioni tra Tribù ed in modo particolare i loro Giochi e gare sportive, avevano il compito di sostituirsi alle guerre. Gli atleti sostenuti dal tifo della propria tribù di appartenenza, si cimentavano in prove dove il vincitore spesso e volentieri dedicava il risultato ottenuto alle numerose divinità. Prove di forza ed abilità che si effettuavano sovente in occasione di Feste Religiose nei luoghi di culto (sacri ed inviolabili come i pozzi Sacri!) unanimemente riconosciuti dalle varie tribù Sarde. Esistevano apposite costruzioni per alloggiare gli atleti-pellegrini ( le antenate delle Cumbessias), recinti attrezzati per gare e competizioni varie oggi ancora identificabili nelle aree di Santa Vittoria di Serri, di Paulilatino o di San Mauro. Molti di questi sono ancora oggi luogo di culto e di festa cristiana, ed ancora oggi si svolgono gare come Pettias e Cariccias, Istrumpas, Pariglias o Sa Murra. Ma erano anche occasione “politica”, per sistemare attraverso la competizione, anche diatribe, alleanze e strategie di difesa tra le varie Tribù  tra loro Federate. Grandissima testimonianza  sono i Bronzetti, autentici protagonisti di quel “Popolo di Bronzo” silente testimone di quella grande Civiltà che fù quella dei Popoli Nuragici. In articolare: il Capotribù con il Bastone (Pettias e Cariccias), i lottatori (Strumpas), il Fromboliere (Frunzia), l’orante (Murra), Guerriero su cavallo (Pariglias) e l’Arciere (tiru cun s’arku).  Più di 3000 anni fa i  Nuragici avevano inventato uno sport antesignano del moderno baseball, lo comprova la ricerca effettuata dalla Pro-loco di Gesico ed in particolar modo alcuni bronzetti ritrovati in vari siti archeologici con una mazza simile a quella usata nel Baseball. Nel 1700 inalcuni documenti spagnoli, si parlava ancora di questo gioco diffusissimo nelle campagne e praticato da adulti e ragazzini durante le pause di lavoro; arrivando poi  all’inizio del 1900, anni questi che videro l’intervento delle autorità governative nell’impedirne la pratica a causa della sua non trascurabile pericolosità.  Così questo “baseball nuragico” praticato e diffuso in tutta la Sardegna, cominciò a rapidamente a scomparire. Ma non ovunque! Tanto è vero che a Gesico, paesino di poco più di mille anime,  segretamente venivano giocati veri e propri tornei di “Pettias e Cariccias”  fino alla metà degli anni ’70, ma ben presto vennero soppiantati dal moderno football sino a scomparire del tutto anche nella memoria collettiva.  L’ipotesi più accreditata è che si trattasse di un gioco-mitologico riconducibile alle 12 fatiche di Ercole, e più precisamente ai suoi “praxeris” ( piacere-divertimento) ed  a dimostrazione del fatto vengono citati tutti i numeri del gioco (a partire appunto dal 12), che sono tutti  simbolici e rendono bene l’idea di un concetto di circolarità. Inoltre non bisogna dimenticare, come gli storici ci insegnano che Ercole e la sua clava, erano di casa nell’antica Sardegna. Un’altra ipotesi è quella che questo gioco serviva a propiziare protezione per se e per la propria famiglia, e che il gesto atletico servisse in un certo qual modo a scacciare  tutte le negatività  per se e per tutti i consanguinei.  “Pettias e Cariccias”, riscoperta dalla Pro-loco, rispecchia un po la nostra millenaria cultura, dove spettacolarità, completezza del gioco, velocità, furbizia e forza, si fondono tra loro. Il gioco si svolge in un’area vasta più o meno come un campo di calcio, in terra battuta o erbetta, al cui centro è tracciato un quadrato avente come misura dodici metri di lato. Al centro di ciascuno di due dei lati viene praticato un foro circolare detto forada o forrisca. Le due foradasa, distanti 12 metri l’una dall’altra, devono avere un diametro di 20 centimetri per una profondità di 15. Al centro del campo un cerchio delimita su centru de su porru. Per giocare a Pettias e Cariccias non servono grossi equipaggiamenti, bastano due bastoni (pettiasa, che non devono essere lunghe più di un metro e dieci) di essenza d’olivastro e un cilindretto in legno (caricciasa) lunghi 10-12 centimetri. Due le squadre contendenti, ciascuna con due elementi, un lanciatore e un battitore scelti dopo un’accurata estrazione. Lo scopo dei battitori è quello di difendere la buca (sa forada) cercando di allontanare al volo il più lontano possibile sa cariccia; a questo punto il battitore scatta contemporaneamente col suo compagno, fino ad incrociarsi. Nel frattempo i lanciatori (caricciaiusu) devono recuperare più velocemente possibile sa cariccia impedendo in tal modo agli avversari di fare più incroci e quindi più punti. Su caricciaiu può però strappare il servizio e quindi il diritto di battere all’avversario se centra con sa cariccia la buca e il battitore avversario fallisce il colpo al volo de sa cariccia. Esiste però la possibilità che da lanciatori si diventi battitori, con una regola difficile da spiegare, ma assai semplice da attuare durante le fasi del gioco. Come in tutti gli sport anche in Pettias e Cariccias ci sono dei vincitori e il battitore può acquistare uno o più punti, detti foradas. Raggiunte le 12 foradas da una stessa squadra, questa si aggiudica il primo porru o gioco. Vince la gara la squadra che si aggiudica due giochi (porrus) su un totale di tre, oppure tre su uno totale di cinque.