Cagliari 24-27 giugno 2014 – Nei tre giorni trascorsi in Sardegna – con la delegazione della Regione Ecclesiastica Piemonte, ospiti di monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo metropolita di Cagliari – il vescovo Gabriele si sarà certamente ricordato del “Nuraghe Chervu” di Biella e del calore dei sardi “biellesi” che ogni anno, in occasione della Settimana Santa, gli fanno dono delle palme “filadas”, intrecciate alla sarda. Ma dei sardi si sarà ricordato anche delle tante altre espressioni di fede e di tradizione popolare, ma anche di impegno concreto che, in ogni momento dell’anno, si esprime sul territorio della diocesi di Biella. E proprio nella Sardegna – terra animata da un fortissimo e radicato senso della fede cristiana – si è dipanata l’esperienza del vescovo di Biella, che comunque già conosceva questa bella isola.
Arrivati nell’ìsola nella serata del 24 giugno, i vescovi del Piemonte si sono trattenuti fino a venerdì 27. «Un viaggio di una Conferenza Episcopale cementa i sentimenti fraterni tra i vescovi. La collegialità episcopale ha bisogno di momenti di incontro e di fraternità. I viaggi, in questi anni, hanno arricchito le nostre relazioni. Un altro obiettivo era andare a Cagliari per fare visita al nostro carissimo arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio che fino a qualche tempo fa era vescovo di Ivrea. Un confratello con cui abbiamo condiviso le fatiche e le gioie apostoliche per parecchi anni. Fargli visita ci pareva molto desiderato da noi e molto atteso da lui. In questo caso è stato anche un viaggio per aprire un po’ i nostri orizzonti su una realtà di una regione italiana che più di altre conosce crisi e difficoltà».
A colpire, ancora una volta, il vescovo Gabriele è stata l’ospitalità. «Abbiamo subito notato l’ospitalità intensa che forse noi del Nord non conosciamo» commenta. «Tutto perfettamente organizzato da parte dell’arcivescovo Arrigo Miglio e dei suoi collaboratori.  Abbiamo alloggiato nel Pontificio Seminario regionale di Cagliari» racconta monsignor Mana «dove si formano per diventare sacerdoti 50 seminaristi (con loro abbiamo condiviso alcuni momenti) delle nove diocesi della regione Sardegna. La Sardegna non è una regione densamente popolata: ha un milione 600mila abitanti, meno della metà del Piemonte».


Iniziato la sera stessa del loro arrivo dall’Episcopio, la casa del Vescovo, l’itinerario è proseguito con la visita alla Cattedrale di Santa Maria, dove i vescovi sono stati accolti dal parroco monsignor Alberto Pala e da una delegazione del clero cagliaritano. La visita è continuata nelle sale del Museo diocesano dove il direttore, l’ingegner Maria Lucia Baire, ha accolto i vescovi illustrando le bellezze dei manufatti del Tesoro della Cattedrale. «È stata occasione per riscopre come le origini cristiane in Sardegna siano molto antiche, nel terzo secolo. D’altra parte dalla Sardegna è venuto a noi, Eusebio, il primo evangelizzatore del Piemonte».


Il giorno successivo, mercoledì, i vescovi hanno visitato il Nuraghe di Barumini. «È il più antico e meglio conservato della Sardegna, che risale a 1500 anni prima di Gesù Cristo» spiega. «Guide competenti ci hanno introdotti a capire il significato dei Nuraghe in Sardegna. Si stratificano periodi storici diversi: età punica, fenicia, romana… Abbiamo visitato alcuni altri luoghi, con scavi archeologici in cui si riconoscono anche i resti di vita cristiana del II-III secolo». Nella stessa giornata i vescovi hanno visitato gli edifici più antichi di Cagliari. «Due luoghi» racconta monsignor Mana «hanno evocato in me maggiori pensieri: la chiesa paleocristiana di San Saturnino – martire cristiano del III secolo – protettore della città di Cagliari e la visita al luogo del martirio di santa Restituta, mamma di sant’Eusebio».


La giornata di giovedì è stata dedicata alla visita dell’Inglesiente, sub-regione storico-geografica della Sardegna Sud-Occidentale. «Abbiamo compiuto dei percorsi con guide molto competenti sulle miniere dei dintorni di Iglesias. Certo, le miniere sono abbandonate da 30-40 anni però rimangono le conseguenze molto gravi di un inquinamento del terreno e probabilmente anche delle falde acquifere. Lavori così duri che conoscevano forme quasi di schiavitù, esauritesi nel tempo. D’altra parte nella storia si parlava della condanna “ad metalla”, cioé il condannato veniva trasportato in Sardegna per andare a lavorare nelle miniere. Lo stesso Quintino Sella, in una visita alle miniere dell’Inglesiente-Sucis, dichiarava che si lavorava per tre turni, quindi otto ore, ma era stupito di questo, quasi che bisognasse lavorare con orari più lunghi… Sono impressionanti le dichiarazioni storiche, che ci narravano nel Sulcis».

 

I vescovi hanno anche visitato Carloforte sull’isola di San Pietro, in provincia di Carbonia-Iglesias. L’isola è a circa dieci chilometri dalla costa sarda e costituisce, insieme alla vicina isola di Sant’Antioco con altri isolotti e scogli, l’Arcipelago del Sulcis. Carloforte è anche un comune onorario della provincia di Genova e fa parte del circuito de “I borghi più belli d’Italia”. «Si parla il dialetto genovese – un po’ come ad Alghero dove si parla il Catalano…» spiega il vescovo. «Sono isole di pescatori, oggi soprattutto di indole turistica. Posti meravigliosi. Ed anche lì, l’accoglienza – del parroco di Carloforte, di altri sacerdoti e dello stesso vescovo di Iglesias che ci ha accompagnati per tutta la giornata – è stata molto cordiale ed intensa. Nel pomeriggio siamo passati a Iglesias a vedere i restauri della cattedrale».
L’ultimo giorno i vescovi l’hanno dedicato alla visita del Santuario di Bonaria a Cagliari. «Abbiamo pregato e poi siamo andati a vedere i reperti archeologici nella zona Est di Cagliari, ed ancora la zona di Pula dove ci sono gli scavi di Nora, di grande interesse, soprattutto quelli di epoca romana» spiega ancora.
All’interno di questo itinerario di visite, i vescovi di Piemonte e Valle d’Aosta hanno soprattutto incontrato tante persone. «Abbiamo sentito la preoccupazione, ma anche la voglia di riscatto, il desiderio di futuro» spiega il vescovo di Biella. «Le serate le abbiamo dedicate ad approfondire con esperti alcune tematiche. Due i temi particolarmente acuti e intensi: il rapporto tra pietà popolare e fede e il lavoro. «Con alcuni teologi della Facoltà Teologica di Cagliari e con altri esperti è stato molto interessante approfondire alcuni aspetti e confrontarli con la nostra situazione tra fede e secolarizzazione. Altrettanto importante è stato il tema del problema sociale della Sardegna, con la disoccupazione, soprattutto giovanile. Se in Piemonte i problemi sono già gravi, in Sardegna lo sono ancor di più. Abbiamo affrontato l’argomento con la segretaria regionale della Cisl, con un ex assessore regionale al Lavoro e con altri esperti. Guardando a queste tematiche» conclude monsignor Mana «si è visto che il futuro della Sardegna è nel turismo e nell’agricoltura, soprattutto specializzata. Si rende però necessaria una rivoluzione culturale -come in Piemonte – per tornare ad apprezzare anche il lavoro manuale. Il Piemonte tuttavia non può guardare solo a questa prospettiva per superare la crisi e per pensare al futuro».