Se non è un cartellino giallo, poco ci manca. Il Consiglio d’Europa richiama ufficialmente l’Italia per la mancata ratifica della Carta Europea delle Lingue. È la prima volta che i ritardi del Bel Paese vengono sanzionati dalle istituzioni europee che contano. Le proteste, provenienti anche dalla Sardegna (l’Unione Sarda con un intervento pubblicato il 31 gennaio) hanno sortito un qualche effetto.
Da Strasburgo, dopo l’esempio virtuoso della Francia di qualche settimana fa, arriva un documento che stigmatizza l’immobilismo italico. Il Bureau del “Congresso dei poteri locali e regionali”, braccio armato della politica linguistica del Consiglio d’Europa, ha emesso un deciso e perentorio comunicato che ha come destinatari i paesi che ancora persistono nell’ignorare la tutela della lingue minoritarie. È dal 1992 che si attende l’atto dovuto che invece rivela il gioco duro delle istituzioni italiane. Una scorrettezza grave e continuata per la repubblica che si vanta di essere una delle più democratiche del mondo.
E che invece fa melina sulla difesa dei diritti linguistici delle minoranze interne. Con la ratifica parlamentare della Carta, infatti, l’Italia assumerebbe degli obblighi internazionali precisi, nei confronti del sardo e di altre 11 lingue regionali riconosciute nel 1999 con l’esangue legge n°482. Invece, si continua ipocritamente a perdere tempo. Da una lato si finge di tutelare le lingue “altre” rispetto all’italiano, dall’altro si mettono in atto politiche che portano all’eutanasia linguistica del territorio. A parte il caso di tedesco altoatesino, francese e sloveno (tutelate da trattati internazionali che obbligano l’Italia al bilinguismo) per gli altri idiomi “diversamente italiani” la vita è grama.
Il caso di sardo e friulano è emblematico: lo Stato si tiene la competenza principale su lingua e educazione scolastica, impedisce alle Regioni Autonome di legiferare proficuamente, ma non legifera a sua volta. Risultato: sardo e friulano sono nelle scuole grazie alle acrobazie legislative degli uffici (in Sardegna con la legge 3 del 2009), ma in maniera sempre esangue, episodica e precaria. Ma lo strappo dell’ultranazionalista Francia mette in fuori gioco la presunta Italia liberal. Difficile, dopo che a Parigi hanno cominciato l’iter per cambiare la Costituzione e ratificare la Carta, persistere nell’attuale politica di ostracismo.
E non c’è solo l’Italia nel mirino: il Consiglio d’Europa chiede anche a Islanda e Malta di seguire l’esempio positivo della Francia. Richiami anche a Albania, Azerbaigian, Georgia, Moldova, Russia e Macedonia. Una compagnia imbarazzante per l’Italia dei diritti civili. L’improvvisa iniziativa del Consiglio d’Europa ha rianimato decine di minoranze linguistiche che da troppo tempo attendono tutela.
In particolare il coordinamento Eurolang, che ha diffuso la notizia in rete, facendo notare, per bocca del suo direttore Davyth Hycks, che <il Consiglio ha pero “dimenticato” di sanzionare la Grecia, campione al pari dell’Italia della mancata ratifica, forse perché si è arreso>. Citati invece gli ultimi atti del Parlamento Europeo come il Rapporto sulle minoranze linguistiche e la diversità del 2013 e le raccomandazioni del Comitato di esperti della Carta. <Il contesto attuale di crisi – come ha peraltro sottolineato Jean-Claude Frécon, presidente della Camera dei poteri regionali del Consiglio d’Europa – non è favorevole alla promozione delle lingue regionali>.
In Sardegna, la volontà collettiva è forte sul tema, ma le élites frenano. Prevale l’idea ‘orientalista’ dei dialetti-varianti e la resistenza disperata e ottusa a una lingua comune e normale. Ora tocca ai parlamentari che rappresentano le minoranze linguistiche, tra cui anche i sardi, prendere l’iniziativa. Riscoprendo i diritti dell’isola anche in base alla Convenzione Quadro sulle minoranze nazionali. Per l’Europa, infatti, la Sardegna è già una nazione perché ha la sua lingua.