Vite (Vitis Vinifera), Fam. Vitaceae
a Nuoro: bide (per la vite) àchina (per l’uva)
nel Logudoro: ua, àghina
nel Campidano: axina
con la differenziazione di: a. bianca, a. niedda, a. de binu, a. de mesa, a. de mustu, a. de papai, fundu de a.
È un arbusto rampicante, con fusti lunghi, il tronco ha corteccia di color marron scuro, che si stacca in strisce longitudinali, i rami variano da bruno-giallastri a marrone-rossicci.
I rametti giovani hanno, dalla parte opposta della foglia, un cirro che permette alla pianta di attaccarsi ai sostegni. Esistono nel Mediterraneo alcune varietà spontanee, ma prevale ormai quella coltivata e sempre più selezionata.La Viteè una delle piante più note e sfruttate dall’uomo, le prime testimonianze della coltivazione della Vitis Vinifera si trovano nell’Asia e nel Caucaso.
Va ai Fenici il merito di averla fatta conoscere ai popoli del Mediterraneo, mentre furono i Romani a trasferire la coltura della vite a tutte le popolazioni conquistate, fin laddove il clima lo consentiva.
Si utilizzano le foglie, raccolte in autunno quando sono rosse, e i frutti raccolti da agosto a ottobre, alla loro maturità. Le foglie, ricche di sostanze bioattive come bioflavonoidi e antociani, proteggono la cute dalla degenerazione cellulare, che con l’esposizione al sole aumenta sensibilmente, ma soprattutto hanno un’ottima azione vasoprotettrice e antinfiammatoria, e sono utili per tutti i problemi di circolazione delle gambe, con pesantezza, senso di affaticamento, fragilità capillare e anche varici, emorroidi e geloni, poiché stimolano la microcircolazione, migliorano l’ossigenazione di tutto l’organismo (cervello compreso), con effetti rigeneranti e ricostituenti per il sistema nervoso affaticato dal caldo estivo.
Si può assumere in decotto facendo bollire 4 gr. di foglie secche in 100 ml. di acqua per 5 minuti e bevendo il filtrato durante la giornata, lontano dai pasti. Per chi non avesse il tempo di fare il decotto, 40 gocce di tintura madre mattina pomeriggio e sera diluite in un bicchier d’acqua.
È bene accertarsi, prima di raccoglier le foglie, che non abbiano subito alcun trattamento con prodotti chimici. L’uva, definita dagli antichi greci ambrosia o nettare degli dèi, possiede principi nutritivi di grande importanza per la salute: proteine, zuccheri, sali minerali, vitamine e oligoelementi.
La polpa degli acini è nutriente per l’apporto zuccherino che ne fa uno dei frutti a più alto contenuto energetico. Per questo motivo è controindicata ai diabetici. Pane e uva potrebbero, per un po’ di tempo, nutrire qualsiasi individuo senza bisogno di altri alimenti. Il suo valore energetico, riconosciuto da tutti i dietologi, ne fa un alimento incomparabile per adolescenti, bambini, sportivi ed anziani. Per le sue proprietà, costituisce un rimedio ideale contro l’ipertensione, l’arteriosclerosi, l’obesità, le nefriti, la stitichezza, la gotta, i reumatismi e disturbi del fegato, dell’apparato urinario e della pelle. E’ nota la sua azione disintossicante dovuta alla presenza di vitamine (A, B1, B2, B5, B6, B9, C, E, PP, P) e di elementi preziosi per l’uomo quali calcio, cloro, ferro, fosforo, iodio, manganese, magnesio, potassio, rame, silicio e zinco.
E’ un alimento antianemico e facilmente digeribile, in quanto i suoi zuccheri sono direttamente assimilabili; è consigliato in caso di sforzo fisico e intellettuale particolarmente intenso anche perché non provoca nell’organismo un sovraccarico proteico. La cura dell’uva (ampeloterapia) è una dieta disintossicante che consente di arrivare progressivamente a mangiare esclusivamente acini in tutto l’arco della giornata, e progressivamente reinserire gli altri cibi, nello spazio di alcuni giorni. Pur gettando le sue basi in tempi antichissimi, questa cura è stata rivisitata e riproposta con successo anche nei più moderni centri di benessere.
L’acido tannico e il fenolo, presenti naturalmente nell’uva, possono contribuire a distruggere diversi tipi di microbi. Da non disdegnare poi la capacità di far dimagrire, nutrendosi per due giorni ogni dieci solo di1,200 kgd’uva al dì. Per godere appieno delle qualità del frutto occorrerebbe masticarlo con buccia e vinaccioli, pur essendo possibili delle controindicazioni nel caso di difficoltà digestive; per chi ha stomaco e intestino delicati, è consigliabile l’uso, anziché del frutto, di succo d’uva ottenuto spremendo gli acini ed eliminando buccia e semi. Se ne possono bere da2 a8 bicchieri al giorno, ricordandosi di prepararlo al momento dell’uso e non prima poiché, come tutta la frutta fresca, si ossida facilmente.
L’uva è anche indicata, per uso esterno, nelle dermatosi e nella couperose: imbibire una garza nel succo e passarlo sul viso, attendere che sia completamente asciutto, quindi lavarlo con acqua e un pizzico di bicarbonato.
Il mosto di vino ha potere diuretico e lassativo, mentre l’olio estratto dai vinaccioli ha una spiccata azione antiradicalica e dermoprotettiva.
Che dire poi del succo d’uva fermentato, quindi …vino?
Gli enologi sono soliti affermare che l’uva e il vino sono i prodotti della terra che meglio riescono a trasferire sapori e profumi di un determinato territorio; profumi e sapori che prendono corpo quando gli acini sono ancora verdi e in base all’intensità di luce e sole che ricevono i grappoli sulla pianta. Il procedimento di vinificazione seguirà regole precise a seconda che si vinifichi in rosso, in bianco, in rosato, in passito, in vino liquoroso o se si voglia produrre spumante. Ed infine l’invecchiamento, variabile in base alla qualità di vino e della scelta delle botti, sulla quale si è sviluppata una diatriba per la preferenza -a sfavore delle tradizionali in rovere di Slavonia- dei barili francesi, più piccoli, realizzati in rovere del Massiccio Centrale (detti Barrique). Il vino contiene tannini e fenoli, sostanze che aiutano a produrre il colesterolo “buono” (Hdl) e a sciogliere quello “cattivo” (Ldl); hanno un effetto disinfettante e battericida e combattono l’attività dei radicali liberi che creano invecchiamento nel nostro organismo. In inverno, bevuto caldo, è coadiuvante nella cura dell’influenza (vin brulè).
Se assunto in quantità moderate e accompagnato da un pasto equilibrato, il vino infonde gioia e suggella la convivialità. In ogni tempo e in ogni cultura bere una coppa o un calice di vino non è mai stato un gesto muto e silenzioso; anche chi beve da solo, prima di portarlo alle labbra, leva il bicchiere augurando “salute”: a un dio, a se stesso, a una persona cara.
Mi viene alla mente ciò che mi raccontava la buonanima di mia suocera: aveva portato a Ozieri, sua città di origine, il piccolo Michele per farlo conoscere al parentado. Thiu Juanne, zio ottantenne -scapolone e grande bevitore- che ormai si nutriva solo di vino di sua proprietà, dopo averle fatto i complimenti e aver dato una carezza al bambino, le chiese come lo nutrisse.
-“Li dao su latte dae su sinu, thiu Juà !”
E lui, un po’ dubbioso: “Latte …e poi? Binu?”
-“Est minoreddu, thiu Juà, solu latte!”
Juanne, ancora più perplesso: “E a bibere? Si su piseddu at sìdiu?”
-“Thiu Juà… latte e abba!”
A questa affermazione egli la guardò a lungo e, quasi sottovoce, disse: “Mah! S’iscureddu …chissai chi si campet!”