Il nuraghe è uno dei segni emblematici della Sardegna antica. Nell’isola si contano dalle 7 mila a 8 mila torri. Nella Sardegna nord-occidentale si trova un nuraghe ogni 4.81 kmq mentre nella regione della Trexenta e Marmilla quasi un nuraghe per kmq. Si ipotizza che la popolazione nuragica fosse distribuita diffusamente in cantoni che comprendesse dai 200 ai 250 mila abitanti (circa 30 unità in media per singoli o gruppi di nuraghi con le dipendenze). Se fosse stata fatta una spartizione economica terriera dei 2 milioni e 400 mila ettari della Sardegna, ogni cantone risulterebbe costituita mediamente da 300 ettari per comunità. Nel territorio comunale di Suelli, ricco di siti archeologici, sono state rinvenute alcune necropoli preistoriche e numerosi nuraghi. I siti archeologici censiti dalla sopraintendenza archeologica di Cagliari (come risulta dagli atti di archivio e dalla relativa carta I.G.M. in scala 1:20000) ancora presenti nel territorio sono:  Nuraghe Ruinezzu, Nuraghe Tracaccis, Nuraghe Su Nomini Malu, Nuraghe Bega, Nuraghe Bia, Necropoli Pranu Siara I e II, Nuraghe Pranu Senis, Nuraghe Ruina Coa, Nuraghe Saccaionis, Nuraghe Piscu, Nuraghe Ruina Figu, Nuraghe Cixi, Nuraghe Pranu Siara, Necropoli Santu Perdu, Nuraghe Simieri, Nuraghe Nuraxi Mannu, Nuraghe Setti (Cea peddis).

 

Tra tutti spicca il Nuraghe Piscu, situato all’interno del parco archeologico di proprietà comunale dal 1982, costeggia la S.S. 128 in direzione Mandas. La torre centrale sovrasta la piccola collina, a 250 m. s.l.m. dall’alto della quale si domina con lo sguardo tutto il territorio circostante e si possono scorgere a breve distanza altre presenze archittettoniche e nuragiche. Il nuraghe probabilmente deriva il suo antico nome da “nuraghe de su piscu” (nuraghe del vescovo) perchè un tempo appartenuto al Vescovo di Suelli , al quale i giudici di Cagliari avevano fatto numerose donazioni. E’ anche noto agli abitanti della zona come “sa domu de s’orcu”. Il complesso archeologico è una costruzione megalitica caratterizzata da una struttura quadrilobata formata da una torre troncoconica primitiva (thòlos dal greco antico) e quattro torri agli angoli (oggi semidistrutte) unite tra loro da spesse mura che l’attorniano e la chiudono lasciandole spazio solo nella parte antistante l’ingresso, delimitando così un cortile.  La torre centrale primigenia è quella più antica, appartenente alla seconda fase dell’Età del Bronzo (1500-1200 a.C.). Il bastione, di planimetria insolita, è un quadrilobo a profilo retto curvilineo, anche se due delle torri sono contigue per cui la struttura nel complesso è irregolare. Le torri principali, generalmente avevano un diametro di circa 8-12 m e un altezza di circa 10-20 m mentre il nuraghe piscu, giunto fino a noi dopo gli scavi del 1860 presenta una base circolare di circa 5,40 metri e un’altezza di circa 8 metri.  La torre principale ospita una grande camera a thòlos priva di nicchie, preceduta da un alto corridoio a sezione angolare nel quale si aprono due nicchie contrapposte (caratteristica poco diffusa nelle altre strutture nuragiche sino ad oggi conosciute). L’ingresso, unica apertura verso l’esterno, esposto a Sud, è delimitato superiormente da un architrave con sovrastante “feritoia quadrata di scarico” di importante funzione statica per alleggerire, in corrispondenza della mezzeria, l’architrave. Il vano principale è costruito ad anelli di pietra calcarea in base alla tecnica costruttiva dell’ aggetto che diminuiscono di diametro in ragione dell’altezza. I blocchi di marna calcarea sono squadrati e disposti in filari orizzontali, progressivamente più piccoli man mano che si procede verso la parte superiore , internamente amalgamati con malta argillosa fino a costituire una cupola litica. Attualmente nella cupola litica mancano alcuni filari, crollati nel tempo, per avere il profilo completo. Dagli scavi effettuati nel 1860 dal Can. Comm. Giovanni Spano nella sala della torre centrale furono rinvenuti un grande giara infissa in terra ad un lato coperta da una gran lapide, gusci di ostriche, zanne di cinghiale ed ossame di animali.  In una delle camere e nell’andito furono rinvenuti resti di grano carbonizzato, uno scodellino di bronzo, cocci vari, zanne, alcuni pezzi di macine di pietra vulcanica, un pezzo di marmo bardilio (forse utilizzato per conciare le pelli). Nella parte interna del muraglione è stato riportato alla luce un “pozzo” (nella struttura simile al nuraghe) che probabilmente fungeva da cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. Nel fondo emersero diversi tipi di vasellame, alcuni di questi vasetti si presentano con manico e cavità superiore tagliata diagonalmente si presume venissero utilizzati per bere.