Una terra abitata e vissuta è una terra amata e sofferta, segnata dalla presenza dell’uomo che con la sua storia ha saputo attribuire a quel luogo una fisionomia, un’identità, un valore inalienabile. La vita di un paese passa attraverso l’intreccio di tante esperienze individuali, una trama fitta ed intensa riconducibile ad un’unica comunità, anima pulsante alla quale si resta legati come ad un cordone ombelicale. L’assenza o la distanza non spezzano il sentimento di appartenenza, e quando si ama un luogo, e in esso ci si riconosce, la sua immagine perdura nitida, intatta, fotografata nel cuore. Seui è sentimento per coloro che la vivono o l’hanno vissuta, è un angolo del mondo nascosto tra i monti, immerso nella bellezza di una natura florida e solenne. Una cartolina che raffigura la solitudine silenziosa dei boschi, l’immensità degli spazi, che lo sguardo da solo non è in grado di contenere. È una boccata d’aria fresca, intensa e pungente, profumata di leccio e di timo, è il cielo che si bacia con le cime dei monti e la maestosità imponente delle rocce nude a picco. Assaporando lo stupore dei suoi paesaggi, ci si sente come sull’ermo colle leopardiano: sedendo e mirando, interminati/ spazi di là da quella, e sovrumani/ silenzi, e profondissima quïete/ io nel pensier mi fingo…”. Nella seconda metà dell’Ottocento, il farmacista Raimondo Loy dedicava alcune affettuose righe al suo borgo natìo: “A 820 metri d’altezza, su un pendio d’un monte declive a libeccio, Seui appare quale cittadina linda e ridente attraverso gli splendidi vigneti, i rigogliosi orti, i densi verzieri di castagni e di nocciuoli che da ogni parte l’attorniano”.

L’immagine salvata tra queste pagine d’antica data è ancora attuale, specialmente quando ci si ferma ad osservare il paese a una certa distanza, per gustarne di nascosto l’insieme. Saldamente ancorato ai suoi monti, alle pendici meridionali del Gennargentu, Seui rappresenta il centro più importante della Barbagia di Seulo, nonostante appartenga amministrativamente alla recente provincia d’Ogliastra. Le origini relative al nome del paese sono diverse. Alcuni studiosi affermano che derivi da Seuli, secondo una leggenda che attribuisce la nascita dell’abitato a un gruppo di pastori seulesi. Altri invece sostengono che il nome significhi “gente che segue i buoi”, trasformatosi successivamente in Segui, che oggi si scrive e si legge Seui. L’archeologo Giovanni Spano afferma che il nome di Seui è di chiara origine fenicia, e significa letteralmente solitudine. Le prime testimonianze scritte del paese risalgono al XIV secolo, sebbene il suo territorio fosse abitato sin dal III millennio avanti Cristo. Questa zona è particolarmente ricca di testimonianze risalenti al periodo nuragico, tra le quali numerose torri a quote elevate, il villaggio di Ardasai, alcuni pozzi sacri e tombe dei giganti.

L’attuale centro abitato è di origine medioevale, riflesso di un passato che ha visto Seui capoluogo della Barbagia di Seulo in epoca giudicale e nel XVII secolo sede di una delle curie che amministravano la giustizia nel feudo di Mandas. Il territorio comunale è molto vasto, conosciuto per i suoi incantevoli paesaggi e i boschi verdeggianti rimasti in larga parte intatti. Sfogliando i racconti di Filiberto Farci, sarà facile per chi conosce Seui immedesimarsi in ciò che viene descritto, quel grandioso paesaggio di rudi e potenti alture rupestri, tra foreste e altipiani pezzati di grandi macchie paonazze, turchine, violacee, di vaste zone di ruggine, arse dai debbi, animato qua e là da ruderi di nuraghi, da capanne coniche di pastori e da greggi randagi [in cui] acute fragranze silvestri si sprigionavano da cespugli di salvia e timo. A circa venti chilometri dal paese, in una zona calcareo-dolomitica, si trova una delle più belle oasi naturalistiche della Sardegna, la foresta demaniale di Montarbu: è possibile ammirare lecci secolari, agrifogli, tassi, ginepri, corbezzoli, biancospini e peonie, ma anche branchi di daini, mufloni e cinghiali. Oltre alle superfici boschive, Seui è caratterizzato dalla presenza di aree montuose e rocciose, nelle quali spiccano imponenti i suggestivi tacchi, egregiamente descritti da La Marmora nei suoi appunti di viaggio: la parola toneri, insieme a quella di tacco, viene usata in questa zona per designare delle masse rocciose stratificate quasi sempre dolomitiche, ma isolate e che prendono spesso le forme di fortezze, castelli, torri, obelischi.

La struttura del centro abitato, tipicamente montano, è caratterizzata da rioni orientati in gran parte secondo le curve di livello del terreno e la loro pendenza. Il paese ha conservato il suo assetto tradizionale, suddiviso in due parti separate tra loro dalla principale via Roma, chiamata su stradoni: Pes de Idda, la parte inferiore di Seui, e Cabissa de Idda, la zona alta. Cuore del centro storico e rione più antico dell’abitato, Pes de Idda è un dedalo di viuzze tortuose di impianto medioevale, su cui si affacciano antiche abitazioni a più piani realizzate con la caratteristica pietra locale di scisto, guarnite di ballatoi in legno e graziosi balconcini in ferro battuto. In questo rione è possibile visitare il carcere spagnolo, interessante edificio costruito nel XVII secolo ad opera del duca di Mandas. A Cabissa de Idda, da cui si può godere di una singolare visuale panoramica, si trova l’ottocentesca stazione ferroviaria, decorata con merletti di legno che ne abbelliscono l’esterno. Nei suoi locali sono conservati un antico telegrafo e un vecchio pendolo. Apprezzata destinazione di viaggio, la stazione di Seui è tra le più importanti della linea e rappresenta un reperto di archeologia industriale ancora operante. Da qui inizia un tratto di percorso davvero spettacolare: si procede sugli 800 metri di quota, attraverso le montagne del Gennargentu, che vengono superate con lunghe gallerie e audaci ponti da brivido.

Lungo la via Roma si incontrano interessanti edifici storici, inseriti all’interno del percorso museale seuese: la casa Farci, dove nacque lo scrittore Filiberto, la palazzina in stile liberty con gli interni decorati da affreschi floreali, sede del museo della civiltà contadina, pastorale, artigianale, della miniera e dell’emigrante, e infine il palazzo comunale. Sopra la via principale, il municipio è un edificio di tre piani realizzato in pietra di scisto. Le facciate esterne sono caratterizzate da bugnati in porfido verde, di origine locale, e da balconcini in ferro battuto, espressione del fiorente passato artigianale seuese. Attualmente al suo interno è ospitata la galleria civica. Quasi adiacente al municipio, alla sommità di una doppia scalinata, si trova la chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena, costruita nel XVI secolo in stile tardo-gotico e ristrutturata ampiamente nel primo Novecento. A testimonianza del passato della comunità seuese, è consigliabile la visita alla laveria del carbone dell’800 e del villaggio minerario di Fundu ’e Corongiu, sito dismesso nel 1959. Lo sfruttamento della miniera di antracite, scoperta da Alberto La Marmora nel 1827, ha prodotto tra la metà del XIX e del XX secolo un discreto sviluppo economico del paese. Questo giacimento, a pochi chilometri dal centro abitato, rappresenta un importante esempio di archeologia industriale e fa parte del parco geominerario storico-ambientale della Sardegna. Tale era l’importanza del sito che furono fatte forti pressioni politiche affinché, in sede di scelta del tracciato ferroviario, fosse preferito quello che passava sopra il paese, in prossimità della laveria. Il notevole sviluppo economico che ha caratterizzato Seui fino alla metà del Novecento è dato inoltre dalle attività artigianali del falegname e del fabbro ferraio, mestieri ormai quasi scomparsi, la cui maestria è ampiamente documentata dai balconcini e le lunette in ferro battuto presenti anche nei paesi limitrofi.

Il settore produttivo tradizionale è rappresentato dalla pastorizia. Ma i seuesi si sono sempre distinti per la particolare vocazione al commercio, soprattutto nel settore della ristorazione, che ha spinto molti dei suoi abitanti a trasferirsi altrove. Già a metà del 1800 La Marmora evidenziava che Seui è abitata da gente industriosa che ha l’istinto del negozio, ne fa fede il gran numero di seuesi sparsi nell’isola, e massimamente a Cagliari. “Oltre ai servizi commerciali, è la forestazione l’ambito che include più addetti – spiega il sindaco Giampaolo Desogus -. All’interno del paese operano inoltre tre cooperative, impegnate nel settore sociale, turistico, culturale, ambientale”. Lo sfruttamento delle risorse paesaggistiche e naturali, oltre che fonte di occupazione, è un importante punto di riferimento per il turismo montano. A tal fine nell’area di Montarbu sorgerà prossimamente un campeggio con novanta posti ed un albergo-ristorante. “Le attuali attività comunali sono volte a portare avanti il progetto di riqualificazione urbana e a valorizzare le risorse culturali, musei e siti archeologici, attraverso la creazione di una rete, a livello provinciale, che proponga un circuito delle realtà da visitare e conoscere – prosegue Desogus -. Ulteriori iniziative riguardano le energie rinnovabili, fotovoltaico ed eolico, e lo sfruttamento delle biomasse in collaborazione con l’Ente Foreste”.

Seui è famoso per la bellezza del suo territorio ricco di storia, cultura e tradizioni e per l’incantevole fascino del suo patrimonio boschivo. Un luogo accogliente e solitario che mette in luce il valore dell’essenzialità, fatta di fedeltà alla terra e di piccole cose genuine, come lo è la gente di montagna. “Un uomo percorre il mondo intero in cerca di ciò che gli serve e torna a casa per trovarlo” (G. Moore).