sa regulaIl protagonista è un bambino di nove anni – Roberto Marci di Seui – sardoparlante perfetto dalla nascita. È lui, il piccolo, a far vivere magicamente la favolosa storia narrata nel mediometraggio (45 minuti) del giovane regista jerzese Simone Contu che presto potremo vedere in pellicola – la versione digitale è già pronta – in tutte le sale cinematografiche.

 

Il racconto è di una semplicità straordinaria ma ricco di simbolismi e di allegorie che lo rendono estremamente accattivante. Girata in Ogliastra – tra Jerzu, Ulassai e Seui -, l’opera prima di Simone Contu si avvale anche di panorami che tolgono il respiro e utilizza i silenzi per quello che sono veramente nella Sardegna delle zone pastorali interne: parte essenziale della comunicazione umana. Grazie all’originale linguaggio filmico di cui il regista è riuscito a vestire il suo film, Sa Régula si impone come “uno dei lavori più interessanti e credibili degli ultimi anni, e non soltanto nel campo della cinematografia sarda”. È il giudizio, sintetico ma unanime, di chi ha visto il dvd in anteprima, gente di cinema e non solo.

 

Al bambino – Efisio nella denominazione scenica – viene regalata una capretta bianca pezzata di nero soprattutto in testa: Conca Niedda, ovviamente. Per lui, la capretta è immortale. Nelle quattro settimane di vita in comune, Efisio e Conca Niedda formano un insieme affiatatissimo: la capretta gioca con il bambino, corre con lui, lo insegue e ne viene inseguita. A un certo momento la mamma di Efisio – magistrale l’interpretazione di Gisella Vacca – decide di macellare Conca Niedda, divenuta ormai troppo ingombrante per essere tenuta in casa.

 

Ma cerca di nascondere la verità al suo bambino, dicendogli di avere restituito la capretta al capraro donatore. Il padre di Efisio – il bravissimo attore di teatro Pierpaolo Piludu -, seppure a malincuore, conferma la versione della moglie. In un colloquio con l’allevatore che gli aveva fatto il regalo, dapprima decide di portare il bambino in montagna, nell’ovile. D’accordo con lui, in mancanza di un’altra capretta dalla testa nera, utilizza una normale tintura per capelli in modo da rendere nero il capo dell’animale.

 

Ma Efisio non crede alla pietosa bugia. Già osservando da lontano la capretta, dice: “Non è Conca Niedda”. Quando poi le si avvicina scopre che il piccolo animale non lo riconosce e non corre con lui: allora il bambino si intristisce e si protegge con un mutismo ostinato, più eloquente di qualsiasi parola. Durante il viaggio di ritorno, il padre (che era stato già da tempo consigliato in quel senso dal capraro donatore) cerca di spiegargli le regole principali della convivenza paesana, compresa quella che prevede la temporaneità del dono di caprette e capretti rimasti orfani, destinati tutti alla macellazione per le feste di Natale. Il finale è di quelli a sorpresa e non ve lo sveliamo per non togliervi il piacere di scoprirlo in sala.

 

Simone Contu ha chiesto a Piero Marras di comporre le musiche. “Desideravo tanto che fosse lui a inventare i suoni”, rivela. “Per fortuna Piero ha acettato”. Non solo, ma l’artista nuorese è rimasto molto colpito dalla storia di Efisio e Conca Niedda: ”Quella di Simone è una vera e propria cronaca poetica”, dice oggi. “Sul tema dell’identità, il regista ha evitato brillantemente di cadere nella retorica. E non si è limitato ad evidenziare la dicotomia fra lingua sarda e lingua italiana, ha esteso il discorso al contrasto fra la tradizione e l’assalto del modernismo esasperato”.