poettando a cagliari sul palco del jazz expo nel 2007Certo si potrebbe dire che nella vecchia fattoria ia-ia-o tante bestie ha zio Tobia ia-ia-o. Ma non sarebbe sufficiente a spiegare la lucida follia di questa band. Si potrebbe allora andare tutti quanti allo zoo comunale: vengo anch’io? No, tu no. Ma sarebbe ancora troppo poco per identificare questa nuova specie di musicisti, avvistati e scoperti a San Gregorio (Sinnai) dal dottor Chissachì della Facoltà di antropologia musicale dell’Università di Bò.

Perché questi matti sono unici nel loro genere, e per descriverli andrebbero elaborati libri a parte con alfabeti a parte e via col vento. Un vento musicale fischiante, urlante e buferante: pazzoide come i Pedditzi Trasporti. Che hanno mandato il loro inserviente, scagnozzo e arringapopoli e spezza incantesimi: Maurice Pastice, e il loro bassista Cottafava – uno dei tre indistinguibili gemelli – a raccontarci in territorio neutrale cos’è questa dolce e lussureggiante melodia che percorre tutta l’isola a suon di clava: la musica forestale.

 

– Pastice: sappiamo che esiste una leggenda all’origine dei Pedditzi…

 

Già, più che una leggenda è un uomo-mito, un capostipite: si tratta di Ottavio Sapone, l’uomo che ha sognato la nostra musica già 40 anni fa. Colui che è stato il nostro mentore: un musicista perseguitato fuggito da Asti e rifugiatosi nella foresta amazzonica. Lì ha composto i nostri pezzi senza saperlo…

 

– Cottafava, oltre il mito, quando e come nasce il gruppo?

 

Nasce nel 2005 a San Gregorio con l’idea di mettere insieme le nostre energie creative. L’obiettivo principale era divertirsi. Col tempo ci siamo resi conto che l’alchimia funzionava e che, nonostante le differenze tra i componenti del gruppo, nel modo di vedere la musica e la vita stessa, eravamo riusciti a creare una bella sintesi: piacevole per noi e per il pubblico.

 

– Pastice, che genere fanno i Pedditzi Trasporti?

 

Un genere che abbiamo inventato noi. Citando ‘il panegirico della musica forestale’, potrei dire che i Pedditzi si moltiplicano esteticamente e stilisticamente in una varietà di generi musicali ignoti a loro stessi, quanto basta per frantumarli e farne un non-stile, o meglio uno stile nuovo, primario: la musica forestale, appunto.

 

– Cottafava, traduci prego…

 

Tanti stili in uno. Siamo un gruppo di amici che, diventato band, ha continuato a mantenere lo stesso spirito di sempre, quello delle uscite in giro, delle goliardate. Il nostro modo di suonare e di comunicare col pubblico è per metà animato dalle stupidaggini e metà dalle cose serie. Come si fa tra amici, insomma: si passa dallo scherzo più vero al discorso più serio. Sempre cercando di stare bene insieme, di sdrammatizzare le cose della vita.

 

– Pastice: cos’è che vi caratterizza?

 

Forse l’aspetto pseudocircense e teatraleggiante. Ogni nostro spettacolo è diverso: ricco di travestimenti, monologhi, piccole trovate sceniche. A noi non è mai piaciuta l’idea di portare il giro uno spettacolo univoco: vogliamo scuotere la gente con la musica ma anche con mille gag e trovate che lo invitano a partecipare. Il gruppo ha una formazione che oscilla tra otto e quindici persone, non tutti strumentisti. Abbiamo sì bassisti, percussionisti, chitarristi, violinisti, e polistrumentisti che suonano sax, tromba, mandola, ma ci sono anche incursori, come me e Pigi.

 

– Cottafava: testi folgorati, continui cambi di tempo e di stile: l’ironia è la vostra bandiera o tutto questo è il preludio all’internamento in un ospedale psichiatrico?

 

Noi vogliamo salvaguardare una certa libertà stilistica. Quando la strada presa è un po’ troppo ‘impegnativa’ ovvero quando il pezzo diventa troppo serioso lo smontiamo. In realtà ci piace dire cose divertenti senza essere demenziali: questa è un’etichetta che ci va stretta. Sentiamo il bisogno di essere leggeri senza essere troppo stupidi, vogliamo salvaguardare elementi vicini al sentimentale e al poetico. E vogliamo essere autentici, a differenza di tanti che viaggiano tutti impostati.

 

– Pastice, come mai questi nomi strani… e poi: se non suoni che fai nei Pedditzi?

 

Sono nomi d’arte, per giocare. I gemelli Cottafava stanno per Maurizio Favarolo. Io mi chiamo Maurizio Masia, e sono Pastice appunto perché faccio pasticci. Ognuno se l’è scelto di modo che rispecchi le proprie qualità. Io sono un inserviente, come quello che nei circhi sta dietro gli elefanti col secchio e la pala, aspettando di ripulire quel che il pachiderma lascia sull’arena. Ma sono anche una sorta di presentatore: faccio il preambolo al concerto e cerco di confondere le idee a chi ascolta. Ballo, mimo, libero il pubblico dallo stato di torpore che attanaglia la terra.

 

– Cottafava: Jazz expo di Cagliari, Made in S di Macomer, festival del cinema di Gavoi, tanti concerti in tutta l’isola, non è ora di fare un disco?

 

Abbiamo le nostre registrazioni personali, una quindicina di pezzi che portiamo in live, che ci servono per ‘studiacchiare’. L’idea di mettere su un disco ci è saltata in mente tante volte, ma anche quella non l’abbiamo presa molto sul serio. Per il momento utilizziamo myspace e il nostro sito, che comunque hanno permesso di farci conoscere: continuiamo a suonare per divertirci e vediamo se l’alchimia seguita a funzionare. Poi chissà: valutiamo proposte.