Il circolo A.M.I.S. (Alleanza Milanese Immigrati Sardi) ha organizzato presso la Sala dei Paesaggi di Villa Ghirlanda Silva, un convegno nel centenario della Grande Guerra per ricordare la figura di Emilio Lussu. Un momento di riflessione per quel contesto non celebrativo, ma di sacrificio. Con il coordinamento degli interventi del giornalista Giacomo Serreli, due sono state le relazioni che hanno intrattenuto il numeroso pubblico: Franco Siddi, membro del Comitato Esecutivo Internazionale dei Giornalisti con la relazione “Emilio Lussu e la Brigata Sassari” e Paolo Pillonca, giornalista e scrittore “Gli scritti di Emilio Lussu”.

 

Emilio Lussu dedica il suo libro più conosciuto, “Un anno sull’altipiano”, alla Grande Guerra. Scritto fra il 1936 e il 1937, dopo le insistenze dell’amico Gaetano Salvemini, viene accolto da un grande successo. In esso, Lussu si proponeva solo di dare una testimonianza italiana della Grande Guerra: “Sono ricordi personali… mi sono spogliato anche della mia esperienza e ho rievocato la guerra così come noi l’abbiamo realmente vissuta, con le idee e i sentimenti di allora”. Infatti la preoccupazione essenziale appare essere quella di voler semplicemente dare una documentazione, della cui autenticità era in grado personalmente di farsi garante. Fra tutte le opere di Emilio Lussu, “Un anno sull’altipiano” è uno dei testi più disinteressati, meno politici. Ma questo realistico racconto autobiografico di per se stesso risulta essere un’analisi spregiudicata, una critica schietta e coraggiosa, un’alta accusa contro la guerra. Le esperienze di guerra descritte nel libro portano Lussu a maturare un diverso atteggiamento, una nuova posizione ideologica che nasce da una graduale presa di coscienza. I fatti narrati abbracciano un periodo che va dalla fine del maggio 1916 (quando la sua Brigata lascia i monti del Carso, in Friuli Venezia Giulia, poco a nord di Trieste, per raggiungere l’altipiano di Asiago, ad est di Trento) al luglio 1917 (quando arriva l’ordine di partire per la Bainsizza, ad est di Udine): nello spazio di quest’anno, Lussu si trova a combattere gli Austriaci.

 

Alla narrazione di una prima fase di guerra di posizione e di trincea, che viene combattuta dai due eserciti attestati l’uno di fronte all’altro, su linee fortificate, dopo la grande offensiva russa in Galizia che costringe gli Imperi Centrali a rallentare le operazioni sul fronte italiano, segue quella di un periodo di guerra di movimento, quella che si combatte allo scoperto, con manovre tattiche e strategiche tendenti ad aggirare e distruggere le forze nemiche, nella quale pare che gli italiani abbiano il sopravvento. È un continuo logorio delle forze ed una continua perdita di vite umane. Innumerevoli morti vengono inoltre provocate dai tiri di artiglieria: vere e proprie stragi nelle quali i soldati vengono fatti uscire dalle trincee in massa, con l’ordine di conquistare quelle nemiche, e in tal modo sono esposti in pieno al fuoco nemico. L’ufficiale di complemento Lussu vede morire tutti i compagni del Carso, l’uno dopo l’altro, durante i ripetuti assalti sull’Altipiano.

 

Per affrontare tali combattimenti, i soldati, consapevoli di affrontare una probabile morte, devono perdere coscienza, offuscare le proprie menti: per questo la vita dei soldati nelle trincee è legata al cognac ed al whisky e la maggior parte di essi sono alcolizzati. Si può affermare che la stupidità e la ferocia dei generali siano al centro del racconto di Emilio Lussu: gli alti comandi e gli ufficiali superiori sono quasi sempre impreparati dal punto di vista militare, commettono errori strategici e tattici, danno ordini scriteriati, assurdi, che rispondono molto più ad una logica di ambizione personale, di competizione interna fra i comandanti, che non all’obiettivo di conseguire i migliori risultati militari con il minore sacrificio possibile di uomini e mezzi. La rassegnazione, nell’interpretazione di Lussu scrittore ed ufficiale, è il tipico atteggiamento del soldato semplice. Questa prima Grande Guerra basata sulla coscrizione del cittadino mostrava quanto fosse ancora netto e risolutivo, all’interno di un’organizzazione fondata sulla forza, il primato dell’obbligo sulla coscienza. La rassegnazione dei soldati, per Lussu, è penosa, inquietante rivelazione, fonte di dolore e paura.

 

Emilio Lussu (Armungia 1890 – Roma 1975), finita la guerra è tornato in Sardegna e nel 1919 fu tra i fondatori del Partito Sardo d’Azione a Cagliari. Fu eletto deputato nel 1921 e nel 1924. Tra i più fermi accusatori di Mussolini, subì nel 1926 un assalto di squadristi nella sua casa di Cagliari. Si difese a colpi di pistola e un fascista fu ucciso. Lussu venne arrestato e incarcerato per 13 mesi. Assolto per legittima difesa, fu confinato per cinque anni a Lipari. Riuscì ad evadere nel 1929, rifugiandosi a Parigi dove, con altri rifugiati politici italiani, diede vita a “Giustizia e Libertà”. Ritornò  in Italia e nel 1945 entrò a far parte del governo Parri. Nel 1946 fu eletto all’Assemblea Costituente e in seguito fece parte del primo Governo De Gasperi. Con lo scioglimento del Partito d’Azione aderì, nel 1947, al Partito Socialista e nel 1964 fu tra i fondatori del Partito Socialista di Unità Proletaria.