Lo diceva -due millenni orsono- un famoso commediografo romano, Publio Terenzio Afro: morbus senectus ipsa (la stessa vecchiaia è una malattia). Dunque, in questo caso, vista la forte analogia di formulazione, è ragionevole ipotizzare un’origine colta del proverbio. C’è però da dire che negli ultimi due millenni la medicina ha compiuto tanti e tali progressi che lo stesso aumento della vita media ci può condurre a qualche riflessione importante. Per gli antichi romani, ad esempio, la senectus iniziava a sessant’anni. Oggi chi più annovera i sessantenni fra i ”vecchi”? Rimane però sempre vero che l’ultima fase dell’esistenza umana -anche se la spostiamo in avanti di qualche decennio- registra invariabilmente una multiformità di patologie, nonostante le prospettive di sviluppo della genetica aprano ben più di uno spiraglio di speranza per tutti. Nella versione più diffusa in Sardegna, questa massima si struttura in un verso di undici sillabe. Con tutti gli accenti a posto, naturalmente.