I bambini sono cittadini a tutti gli effetti, rappresentano per noi il primo motore del processo di integrazione. Cosi, attraverso il gioco, abbiamo fatto emergere la loro visione del quartiere. Perchè il miglior modo di giocare con loro è farlo seriamente. Siamo stati travolti dalla fiducia, dall’energia, dalla voglia di fare, dalla concretezza di circa 40 bambini (e dei loro genitori), di tutte le età (dai 18 mesi alla prima classe delle medie), maschi e femmine. Un gruppo che comprendeva bambini residenti e non, di nazionalità italiana e straniera. Nessuna barriera, i bambini si sono affidati a noi e si sono relazionati tra loro con spontaneità. Grazie al reciproco ascolto, alla curiosità di conoscere l’altro, il risultato è stato straordinario. Per noi l’obiettivo era chiaro: lavorare sulla percezione delle relazioni dei bambini con i luoghi fisici, nello specifico una piazza che loro non frequentano abitualmente, per capirne le ragioni e provare a ridisegnarla a modo loro; verificare le modalità di relazione tra di loro, per riscontrare un’assoluta mancanza di pregiudizi e barriere. Ognuno di noi, con un post-it colorato sul petto, ha dato il via al primo approccio di presentazione, focalizzando il luogo in cui tutto questo prendeva forma: città, quartiere, piazza. Una piazza che abbiamo attraversato e poi abbracciato grazie a un girotondo, portando i bambini alla scoperta di un luogo che avrebbero dovuto successivamente osservare, grazie al gioco degli “occhi grandi”, utile a individuare ciò che piaceva e ciò che invece avrebbero voluto cambiare. Dall’osservazione si è poi passati alla creatività, e il “tuffo sull’erba” (un tappeto di erba sintetica) e la pioggia di pennarelli hanno permesso di dar voce alla fantasia e alle esigenze dei bambini. I loro disegni e la loro entusiasmante parlantina, ci hanno portato nella loro dimensione, in cui la piazza veniva costruita e arredata grazie a quegli occhi attenti che pochi istanti prima hanno permesso loro di prendere confidenza con spazi e sogni. Una volta concluse le attività in parallelo, con gli adulti, dall’osservazione e dalla creatività, si è passati alla condivisione di quanto accaduto, attraverso i racconti dei bambini, curiosamente a proprio agio con un microfono in mano. Noi, con un passo indietro, abbiamo preferito preservare l’indipendenza di espressione dei bambini, evitando qualsivoglia condizionamento. I protagonisti avrebbero dovuto essere loro, e cosi è stato. Una piazza più grande e aperta, senza le aiuole in cemento, con l’erba vera, al posto del tappeto, dover potersi rotolare e disegnare, senza il gazebo perché ci sono già gli alberi, con tanti giochi da utilizzare tutti insieme, dai classici altalena, scivolo, dondoli, giostre, ai più moderni gonfiabili: questo è emerso quando i bambini, con tanto di microfono in mano e una certa puntualità nei dettagli, hanno dato voce alle attività appena svolte e ai loro sogni. I bambini di oggi sono i potenziali adulti di domani, anche a Villanova: occorre coltivarne la spontaneità, tutelare la preziosa mancanza di barriere e la capacità di inclusione. I bambini possono raccogliere le radici storiche del quartiere per innestarne di nuove, per disegnare una Villanova da sentire propria, come hanno fatto con la piazza. Alle loro richieste va attribuito il giusto peso, ma la loro serietà è indiscussa, è compito degli adulti farne tesoro, ciascuno per il suo ruolo, cosi da trasformarle in istanze concrete nella catena cittadino-politica e circolo politico-amministrazione. La capacità naturale dei bambini di attivare processi di integrazione e contaminazione può e deve diventare un esempio per tutti noi.