Un piccolo santuario di Bitti ospita l’ultimo affresco di Diego Asproni. Dedicato a Sant’Elia, sorge in un cucuzzolo da cui lo sguardo abbraccia il paese e non solo. Nell’estate del 2008, il pittore ha percorso ogni giorno 300 metri di salita ripida, tra pini e lecci ancora in attesa dei sorrisi dell’alba, “per smantellare un pezzo di intonaco,  realizzarlo nuovo e dipingerlo”. Li ha poi ripercorsi a ritroso, soddisfatto della sua giornata, nel verde diventato barriera per il sole morente.

 

La tecnica dell’affresco è complessa e faticosa: “Mescolo grassello di calce spenta, sabbia di fiume grossa ben lavata, polvere di marmo e coccio pesto per il  primo strato di intonaco, sul quale, quando è asciutto,  disegno l’abbozzo dell’affresco utilizzando terra naturale (sinopia) e acqua. Sullo schizzo  stendo poi un secondo strato di calce e sabbia di fiume setacciata fine,  ben lisciato e, prima che asciughi, vi incido i contorni delle figure e poi coloro con le terre mescolate ad acqua di fonte”.

 

La scelta delle tecniche, compresi l’encausto e l’acrilico che l’artista utilizza nelle sue opere, segue la maturazione dei semi del racconto: “Tutto comincia con una storia che mi commuove. Allora immagino i corpi, vedo le persone nella fatica e nel riposo, nella festa e nel dolore . Le vedo durante il giorno, le sogno di notte”.

 

Nei  riquadri di muro preparati, il pittore immerge le figure dei sogni nel loro rilievo plastico. Il mondo in cui vivono è fatto di realtà e di sogno, di amore e di sopraffazione, di pace e di guerra. Del valore sacro della vita. La sua raffigurazione mediante canoni di semplicità  rende immediate le storie che l’ hanno ispirata.

 

Guardare il risultato a Sant’Elia, un tardo pomeriggio di settembre, quando la luce  rosata del tramonto avvolge il tempietto e allunga carezze morbide alle figure dell’affresco, suscita impatti emotivi che invitano al raccoglimento. E non solo per gli effetti di luce che dànno vita ai colori.

 

Lo stesso sentire si mischia infatti a stupore nell’osservatore che scopre dei purissimi gioielli di arte a Bitti (oltre che a Sant’Elia anche nella chiesa della Madonna del Miracolo), come nel paese-museo di  Onanì (negli oltre  300 metri quadri  di murales all’aperto e nelle chiese di San Francesco e di San Damiano), o a Lula (nei murales del paese e dei siti minerari di Guzurra e Sos Enathos).

 

Gran parte delle sue opere è stata ripresa dal regista Antonio Sanna. Il video didattico Sa terra e su chelu, progettato e interpretato dall’ artista, è arricchito dalle suggestioni sonore di Tomasella Calvisi e dalle foto di Donato Tore. E’ stato presentato al convegno internazionale Id-entities: Cultural and Literary Re-inscriptions of the Feminine, organizzato nel 2009  all’Università di Udine dalla professoressa Antonella Riem Natale, presidente italiana dei Presidi di Lingue. “Il convegno – testimonia la presidente – prevedeva l’incontro di scrittori,  musicisti, pittori e studiosi di tutto il mondo, che hanno dialogato, dipinto e danzato sul tema dell’identità e del rapporto fra locale e globale”.

 

A settembre di quest’anno,  la  proiezione del documentario ha aperto la versione bittese di  Autunno in Barbagia, nella piazza del Museo affollata di gente. Il video racconta di una produzione artistica nel suo farsi. Le porte dello studio di Diego Asproni si spalancano infatti fino all’esito identificativo  con i  luoghi che ospitano le sue opere. Ma l’inizio è più a monte, nel suo peregrinare alla  ricerca delle terre. Nei tempi lunghi necessari allo scopo, i tesori da trovare sono le ocre gialle dell’altopiano di Bitti, le limoniti gialle, le cloriti verdi e il bianco di zinco della miniera di Sos Enathos a Lula. Buggerru offre invece le ematiti oscure, Piscinas la pirite dorata, San Pietro i neri di manganese e l’ amaranto, il Campidano i rossi e i viola, il Logudoro i verdi.

 

Le terre di Sardegna,  sottoposte al rito di trasformazione, diventano colori e luce coi quali vestire le figure e, come dice il pittore, “uniscono il silenzio  delle laverie con il martirio  dei santi, il sudore dei minatori e le nicchie delle chiese”: temi e luoghi della sua arte.

 

Forse Giotto oggi sarebbe fiero dell’ artista bittese che sembra citarlo con la perizia nel realizzare affreschi del Trecento e l’abilità a comunicare il senso del sacro dipingendo storie le umane dei personaggi e  gestualità composte e solenni. Ma le figure di Diego Asproni sono originali. Colte nella loro tensione lirica,  hanno forza e densità corporea tutte popolari,  solide come quelle degli uomini e delle donne reali e, oltre alla lezione di Giotto, sembrano  conoscere anche le traduzioni geometriche di Picasso.

 

Si dice che la vita senza passioni forti sia incolore. L’assioma  non riguarda Diego Asproni. La capacità di emozione e la vena della  passione, unite all’attitudine a farne dono, sono in lui tenaci come la terra di Sardegna che colora “i cieli dei miei dipinti e quelli dei miei giorni”.