Restituire al popolo il ballo sardo, è questo l’obiettivo della Pro loco di Gesico che vuole garantire un futuro all’antica tradizione popolare purtroppo un po’ in disuso soprattutto tra i giovani. Per raggiungere il suo scopo l’associazione turistica chiede al Coni il riconoscimento del ballo sardo senza costume come disciplina sportiva. L’iniziativa ha uno scopo ben preciso: “Serve a ridare vera dignità al nostro ballo, il quale deve avere un suo valore e una sua identità anche al di là dell’importanza del costume”. Spiega il presidente Pro loco e segretario Figest Sardegna (Federazione Italiana giochi e sport tradizionali) Carlo Carta. “E’ così per il tango, per il valzer e per tante altre discipline che rappresentano l’identità dei popoli. Da noi il ballo sardo in costume è giustamente considerato una tradizione folcloristica, al contrario non è prevista nessuna considerazione o classificazione ufficiale per i passi di danza in abiti borghesi”. Un vuoto che rappresenta un danno per la tradizione. L’iniziativa parte da una ricerca importante allegata alla documentazione rilasciata alla Figest-CONI: il reperimento di foto d’epoca, un dizionario storico geografico, l’acquisizione di alcune parti originali (o di ricambio) del costume e soprattutto le testimonianze delle persone anziane di età compresa tra i 70 e i 90 anni. In Trexenta il Costume Sardo comincia a cadere in disuso proprio all’inizio del 1900. Il riscontro avviene su un campione di testimonianze di almeno 40-50 anziani. Il ballo sardo invece è stato sempre ballato, soprattutto senza costume in quanto la sua riscoperta è da attribuirsi alle pro loco che tra gli anni ‘70 e ‘80 hanno svolto ricerche riproponendo i costumi dei territori. La storia del ballo sardo non si è mai interrotta, ancora oggi i ricordi degli anziani ci riportano a quelle lollas affollate, quando per feste religiose si ballava in casa alla presenza de su sonadori. Le danze incominciavano in occasione dei festeggiamenti di San Sebastiano nei territori come il Campidano e la Trexenta dove non si è mai avuta una tradizione per maschere tipiche e l’unico modo di festeggiare il carnevale era il ballo sardo. Così anche per le feste patronali, su ballu tundu riempiva la piazza e tutti partecipavano senza avere un costume o aver frequentato una scuola di danza. Il rituale era sempre lo stesso, ballava anche chi non sapeva farlo, spinto dalla musica e dai passi di danza altrui. Era il modo più genuino e spontaneo di festeggiare, qualche volta senza musica era sufficiente il rumore dei passi per dare ritmo al ballo in un gioco di sguardi che faceva innamorare le giovani coppie. Il ballo come veicolo di gioia e allegria, sintomo di uno stare in compagnia a manu pigada per sentirsi partecipi di un improvvisato corpo di ballo. La danza popolare come prova fisica, tipico esempio ne è sa sciampìtta (il passo incrociato): un ballerino, sorretto da altri due, effettua una serie di acrobazie agitando le gambe verso l’alto al ritmo della musica, mentre gli altri componenti del gruppo ballano sullo sfondo con passi incrociati, un po’ strisciati ed un po’ sulla punta dei piedi. I ballerini come atleti evidenziano i passi immettendo salti, battute di piedi e aumentando la sussultorietà ritmica di tutto il corpo, secondo la regola per cui s’alza il suono e si eleva anche il passo con tutto il corpo. Ora tutto questo non accade ma il ballo sardo è patrimonio di tutta l’isola, dalle coste all’entroterra risulta essere una tradizione che il tempo non ha cancellato ma ne ha diminuito l’importanza e il valore nella vita delle persone. “E’ come se la danza fosse una prerogativa dei gruppi folk, in questo modo perdiamo un aspetto importante della nostra storia”. Continua Carta. Attualmente si rivivono quei momenti di improvvisazione nei circoli dei sardi all’estero dove è sufficiente un po’ di spazio e una musica, magari portata dalla Sardegna quando si è deciso di emigrare, per avere con sé un suono, un sentimento irrinunciabile accompagnato dalla conoscenza dei passi di danza insegnati dai genitori ai figli. La Pro loco, per recuperare l’aspetto più popolare della tradizione, ha fatto richiesta alla Figest (la “Federazione Italiana giochi e sport tradizionali” affiliata al Coni) per inserire il ballo sardo senza costume tra le discipline sportive. Si tratta trovare il giusto compromesso tra tradizione ed innovazione, capace di riportare la gente a ballare ed ad affollare le piazze così come avveniva 25 –30 anni fa. Da qui le idee, le iniziative per il rilancio del Ballo Sardo in tutto il suo fascino, la sua bellezza, il suo portamento. Una di queste è il “Trofeo di ballo sardo senza costume sardo” promosso a Gesico nel 2007 in concomitanza con la Festa dell’emigrato. È stato un successo senza precedenti perché l’intento di unire folk e cultura sportiva è senz’altro una necessità sentita da chi vorrebbe rivivere ciò che ora giace solo nei ricordi degli anziani. L’ obiettivo è quello di elevare il Ballo Sardo in “borghese” al rango di disciplina sportiva, al pari di Tango, Paso Double, Valzer, Flamenco. Il Coni Provinciale ha già mostrato molta sensibilità verso questa tematica e il prossimo passo sarà quello di estendere l’iniziativa a tutte le pro loco della Sardegna impegnate in questo progetto culturale per valorizzarlo insieme ai Sardi.