Siamo alle porte del Natale 2011 quando scoppia sul web la polemica che accusa Maria Ausilia Fadda, responsabile dello scavo di S’Arcu de is forros a Villagrande, di aver smantellato la parete di fondo del megaron II recando un grave danno al patrimonio archeologico. L’archeologa, autorizzata dalla Soprintendenza, giustifica il suo intervento con la necessità di preservare la modanatura dai numerosi furti e che hanno perturbato il monumento e, con il NTP dei carabinieri, rimuove il pezzo dalla sede originaria per portarlo al museo di Nuoro.

 

Non è la prima volta: stessa sorte toccò ad altri pezzi, provenienti da altre aree quali Sa Carcaredda (Villagrande) o Su Monte (Sorradile), rimossi e spostati nei magazzini della Soprintendenza. La polemica sembra affievolirsi ma, alcune settimane orsono, la stampa pubblica la notizia che l’archeologa esporrà le nuove elaborazioni in un convegno all’Accademia dei Lincei a Roma, scatenando l’indignazione del sindaco della cittadina ogliastrina. La ciliegina sulla torta riguarda il rinvenimento, nella stessa area, di una tavoletta con incisi segni di scrittura legati agli Shardana e ai Popoli del Mare, e dichiarata più antica della stele di Nora, nota per essere finora il più antico manufatto scritto rinvenuto in Sardegna.

 

L’amministrazione comunale ogliastrina insorge accusando di essere stata tenuta all’oscuro dei risultati di scavo dell’area, in opere che hanno fruito di finanziamenti pubblici. Molti cittadini di Villagrande condannano lo scempio: defraudazione della propria identità. Siamo alle solite: la ricerca e la cultura in Sardegna vengono quasi considerate per pochi eletti, perle da non dare ai porci, ma è altrettanto vero che molti amministratori, forse perché troppo politici, aspettano che le pere caschino mature, senza preoccuparsi di verificare i lavori sulle opere da loro stessi autorizzate e in che modo vengano spesi i soldi pubblici.

 

Complesso S’Arcu de is Forros

 

Località

 

Villagrande Strisàili

 

Come raggiungerlo

 

Sulla SS 389 SSV da Nuoro in direzione Villagrande, oltrepassare la cantoniera di Pira Onni e proseguire per circa 1,7 km. L’area archeologica è segnalata da una piazzola di sosta e da un cartello sulla destra. Arrivati all’indicazione, lasciare l’auto e percorrere a piedi il sentiero in salita che dopo circa 300 metri giunge al complesso. L’area è servita da biglietteria.

 

 

Descrizione

 

Il sito rappresenta solo uno dei quartieri di un insediamento più ampio che comprende i nuraghi Interabbas e Lalzoracesus e la Tomba dei Giganti di Sa Carcara. Risulta frequentato almeno dal XIV al VII sec.a. C. e racchiude al suo interno -alla luce degli ultimi rinvenimenti- due megara, una fornace a graticola e un isolato addossato a un edificio rettangolare. Le indagini satellitari da noi condotte rivelano la presenza di almeno altri nove isolati, mostrando un contesto altamente antropizzato. Il megaron I, di forma rettangolare, si sviluppa in direzione NE-SW e risulta composto da quattro vani a cui si accede da quattro accessi di luce rettangolare. La tecnica muraria è resa a sacco e le pareti lunghe si prolungano nel retro ad antis. La pavimentazione viene descritta come un battuto d’argilla e, secondo la prof.ssa Fadda che ha condotto le indagini, in origine la struttura presentava un tetto a doppio spiovente coperto da lastre di scisto.

 

 Nel secondo vano una canaletta faceva defluire l’accumulo di acqua all’esterno, mentre nell’ultimo vano durante gli scavi si rinvennero delle basi in calcare per sostenere delle spade; frammenti di armi stesse, una statuetta e un askoide in bronzo. Attorno all’edificio venne eretto una sorta di cortile, marginato da due sedili, su cui si affacciavano più ambienti. Uno di questi in particolare, dal punto di vista formale, si può ricondurre alla struttura in antis di Su Monte di Sorradile. In quest’ultimo una cella circolare preceduta dall’antis con vestibolo e ingresso presentava un grosso braciere al centro della sala, in cui bruciava un fuoco forse rituale mentre nell’ambiente di S’Arcu ’e is Forros i focolari erano due.

 

Forse anche in questo contesto venne sistemato un braciere rifinito a “corona” di Sardus Pater,  successivamente rimosso e posto in altro ambiente. Il braciere venne reso in calcare – come quello della struttura di Sa Carcaredda – e una volta danneggiato venne rimosso e posto nell’ambiente più profondo del megaron insieme alle lastre per sostenere spade e oggetti metallici. All’esterno venne edificata una fornace a graticola con doppio camino, di fronte a un isolato. Il megaron II,  eretto a un centinaio di metri dal precedente, venne edificato all’incirca attorno al 1300 a. C., con una struttura in antis e due ambienti, dei quali quello posteriore absidato. In un ampliamento successivo l’antis del megaron II venne rifinito come ingresso, a cui venne sopravanzato un ulteriore antis. Alla struttura, intonacata con argilla, vennero aggiunti un recinto marginato da un sedile oltre che altri ambienti addossati alle pareti lunghe. Ma la peculiarità di tale struttura si osserva nell’ambiente più profondo dove, seguendo un profilo piano-convesso, i costruttori usarono conci di diverso materiale e colore, alternandoli in filari precisi. La parte centrale del muro venne rifinita con due conci di basalto con i caratteri della Dea Madre -un profilo a T di gusto neolitico ed eneolitico. La parte superiore del paramento fu decorata con una modanatura la cui parte centrale venne resa con conci in basalto decorati a corona di Sardus Pater. Abbiamo già osservato come tali arredi siano stati nell’antichità dei bracieri particolari e questo non fu da meno. In tale punto la dott.ssa Fadda rinvenne tracce di un focolare centrale di forma circolare incastrato nei conci di basalto decorati. Un altro focolare venne ricavato alle spalle del megaron II, altri ambienti vennero creati all’interno del temenos. L’ingresso al megaron ha restituito una grande quantità di pannelle di rame, frammenti di stagno e di ox-hide e una molla da fonditore: elementi che denotano intensa attività metallurgica.

 

Fu evidenziato un costrutto rettangolare addossato a un isolato, impianto di più strutture con diversi forni in pietra, accentrato su un unico cortile paragonabile a complessi presenti a Serra Órrios di Dorgali o a Sa Sedda ’e sos Carros di Oliena. La struttura rettangolare -ingresso orientato verso S- presenta nella parete di fondo a sinistra una fornace, sul lato destro un lastricato in granito con strati di argilla bruciata. Sulla parte sommitale della fornace sono presenti segni di arrostimento e lavorazione di metalli quali piombo e bronzo già documentati. Si è sottolineato l’addossamento del vano a un isolato – diametro circa 19 mt – composto da 12 ambienti, uno dei quali, circolare e riconducibile al bagno termale di Sa Sedda ’e sos Carros di Oliena, presenta una pavimentazione a lastre su cui si posano una vasca frammentata in trachite e un sedile circolare. Il vano a cui si addossa l’edificio rettangolare è considerato una sorta di magazzino: vi si ritrovarono ceramiche con decorazioni plastiche, spade, bottoni, lamine, parti di bronzetti, pannelle di rame, ox-hide e porzioni informi di metallo.

 

Nelle vicinanze

 

Diciannove nuraghi: Orotzeris, Oruntacu, Istoge, Orrùbiu, Giuoro, Marruscu, Pauli Costi, Niu Àbbila, Nieddu, Palancaddu, Orgi, Orgi II, S’Arcu ’e is Forros, Scala, Latzoracesus, Surtzaoe, Mummus Orgosa, Biddadeni; Tomba di Giganti di Genna Tróculu; complesso nuragico di Sa Carcaredda; tomba di Giganti Pradu su Chiai.