foto0236Sardegna: isola piena di cultura al centro del Mediterraneo. Crocevia di popoli, melting pot di tradizioni, profumi, colori, sapori, approdo di genti, fucina di invenzioni da esportare. Nessuna chiusura, semmai intelligenza e capacità di custodire intatte le arcaiche eredità. Tra basso Sulcis e medio Campidano un progetto musicale dà voce alle varie anime di questa magica terra, di questo magico mare culla di grandi e fiorenti civiltà. Tribù Mediterranea è una barca che naviga tra i porti del mare nostrum, suonando le musiche di ogni popolo che ne ascolta la risacca. Tiziano Dessì, chitarrista e cantante di Santadi, timoniere del naviglio, ci fa salire a bordo per una chiacchierata sulla band.

 

Tiziano, come nasce il gruppo?

Dopo tanto tempo passato a suonare vari generi musicali, nel 1996 il chitarrista di Santadi Alberto Balia e il flautista di Tresnuraghes Eugenio Lugliè mi trascinano nel progetto del bassista berchiddese Juanne Marongiu a cui partecipo per tre anni. Dopo questa parentesi folk, coinvolgo alcuni amici musicisti provenienti da esperienze classico-jazz-pop-folk in un progetto etnofolk. Nel 2000, nasce Tribù Mediterranea. Con me Franco Dessì di Santadi (tastiere e voce), Corrado Salis di Soleminis (basso), Eugenio Lugliè (flauto traverso) e i teuladini Paolo De Liso (batteria) e Manuela Cara (voce).

 

Perché quest’amalgama di sonorità mediterranee?

Fanno parte della mia sensibilità musicale. In questo modo posso esprimermi al meglio, utilizzando alcuni strumenti acustici che mi vanno a genio.

 

– Che Isola raccontate?

Un’isola che vuol cambiare. I testi parlano di tradizioni, di riscatto sociale, di una tutela maggiore del territorio e dell’ambiente, di integrazione.

 

Chi di voi è il compositore? Come nascono i pezzi?

I brani sono composti da me. L’ ispirazione può nascere da un groove ritmico, da una struttura armonica particolare, dal suono di una parola o di una frase. Sono attratto dai suoni della natura: il vento, lo scorrere dell’acqua di un ruscello, la risacca del mare.

 

Parliamo del vostro primo lavoro: Tribù Mediterranea

Un viaggio sonoro nel Mediterraneo, prodotto nel 2003 dall’associazione Tribù Mediterranee e registrato all’Audio Studio di Sestu. Alla sua realizzazione hanno partecipato – oltre ai musicisti citati – Pier Paolo Meloni (flauti e cooproduzione artistica), Diego Deiana (violino), Raimondo Rubiu (batteria), Mirko Acca (percussioni), Giuseppe Joe Murgia (sax soprano), Bruno Camedda (fisarmonica) e Michela Dessi (cori).

 

 

– A giugno avete pubblicato il secondo disco: Antigu e Nou

L’album ripropone suoni, colori e ‘sapori’ del precedente lavoro: un secondo viaggio nella tradizione sarda e mediterranea. Chi vuole lo può ascoltare in anteprima sul nostro myspace. I brani sono dodici, i temi trattati vanno dal carnevale a sa murra in versione tarantella, dal rapporto uomo-natura a quello uomo-bambino. E poi inviti alla riflessione e un monito a non essere mai indifferenti di fronte alla sofferenza. È stato realizzato da me (chitarre, bouzouki e voce), Michela Dessi (voce), Carlo Vacca (tastiere e voce), Cristian Carboni (percussioni e batteria), Danilo Cadeddu (batteria), Massimo Battarino (basso), Eugenio Lugliè (flauto traverso, benas, pipiolu), Giuseppe Joe Murgia (sax soprano e contralto), Giorgia e Federica Dessi (cori). Il fonico è Mauro Mameli.

 

Oltre all’italiano utilizzate logudorese e campidanese nei testi…

La scelta dipende dalla scorrevolezza del timbro (suono) che la voce ha in quella variante e dall’impatto complessivo del brano. Per questo nel primo disco abbiamo fatto tradurre un brano persino in arabo.

 

Che ruolo ha la Sardegna nel panorama della cultura mediterranea?

Di primo piano. Pensiamo ai murales, alle pietre di Pinuccio Sciola, alle opere di Maria Lai, Grazia Deledda, Salvatore Niffoi, al canto dei Tenores di Bitti e di Neoneli, al jazz di Paolo Fresu, alle canzoni di Piero Marras. Questa gente ha fatto diventare la Sardegna ambasciatrice d’arte nel mondo.

 

– Il vostro pubblico è l’Isola o guardate all’esterno?

Il pubblico è quello sardo, ma ai concerti i turisti ci acquistano i dischi, per cui la lingua non è un problema.

– Quali esperienze musicali avete fatto e quali sognate?

Abbiamo suonato spesso nell’Isola, in Continente e all’estero, anche in jam session con Africa Djembè (Loiri), Guiney Africa (Festa del Mare – Siniscola), duo Papa Noel – Pedroso (Emmas – Olbia), Sonos Amisciados (Bosa 2003 – 2007), Lugliè – Mediterranea (Bosa 2008). Con Ilario Frau, percussionista di Arbus e Eugenio Lugliè abbiamo partecipato ai live sardi dei Dub Travel (Piemonte – Sardegna) e sempre con Frau ho collaborato all’album Echoes of Sekota (una sintesi per musica e immagini della campagna di sensibilizzazione igienico-sanitaria realizzata a Sekota, in Etiopia, dalla Regione Sardegna. Una produzione che ha coinvolto musicisti africani e italiani, associazioni e istituzioni). Inoltre Tribù Mediterranea è stato utilizzato come colonna sonora di Omines e Caddos e Ippovie del Mediterraneo del documentarista Luca Pinna. Per il futuro vogliamo continuare in questa strada.