La voce delle piccole comunità sembra destinata a tacere, sconfitta dal frastuono delle moderne città, chiassose e frenetiche. I ritmi di vita di un tempo, quelli semplici e genuini che ciascun paese viveva con ritualità, assecondando le esigenze della natura, si scontrano con le innovazioni veloci del mondo attuale, dove il mutamento avvolge e trasforma ogni cosa, omologandola alle nuove tendenze. Le leggi della matematica dànno ragione ai grandi numeri, a quei poli d’attrazione incantatori che sono le grosse città, serbatoi immensi in cui l’uomo, alla ricerca del tutto, rischia di perdersi.

 

Ma la saggezza popolare non cambia, mantiene fede alle sue convinzioni e sa bene che ”custa tzente de zittade, chi no s’imbreaca’ mai, chi misura donzi paraula e donzi passu e chi no ride’ mai a iscraccagliu e chi cando ride’ movet ebbia sa’ lavras tot’a misura e chi no ischi’ mancu pranghere cando b’a’ de pranghere chere’ timita” (Michelangelo Pira, Sos Sinnos). Il paese, microcosmo caldo e confortevole in cui ci si sente davvero a casa, va avanti con la propria storia nonostante i suoi numeri ridotti e guarda avanti, desideroso di offrirsi un futuro capace di arginare le proprie mancanze. Stimoli importanti per chi vive da sempre all’interno di piccole realtà, come quella di San Basilio, e ben ne conosce vizi e virtù.

 

Situato al limite tra la zona montagnosa del Gerrei e la piana della Trexenta, questo paesino della provincia di Cagliari ha rivestito una discreta importanza nel periodo antico. Le testimonianze risalenti al neolitico, la vicinanza con Pranu Mutteddu di Goni e la presenza di più villaggi nuragici confermano la vivacità di questo territorio, che assunse un ruolo centrale nel periodo della dominazione di Roma. Alcuni studiosi identificano San Basilio con l’antica “Ferraria” romana, ultima stazione prima di “Caralas”.

 

Le fonti letterarie tramandano invece che i primi abitanti del paese siano stati i componenti della famiglia di un pastore chiamato Virano o Birdano, nome riscontrato in una antichissima carta. Per quanto riguarda l’origine del toponimo, le notizie più attendibili raccontano che il villaggio di San Basilio sia nato per opera di una comunità di monaci greco-bizantini chiamati basileiani. Questi, insediatisi nel territorio, costruirono un monastero in onore del loro patrono, Basilio appunto, dal quale il paese che si sviluppò successivamente prese nome.

 

Ai monaci si deve inoltre l’apprendimento di una particolare tecnica utilizzata per la costruzione dei muretti a secco, ritenuta unica per tipologia in Sardegna e presente esclusivamente in questo paese. Durante il periodo medioevale San Basilio entrò a far parte della curatoria della Trexenta, territorio del Giudicato di Cagliari. Nel 1119 il Giudice Torgotorio di Cagliari fece dono dell’incontrada di Trecento al figlio Salusio di Laconi, ed il villaggio di San Basilio venne menzionato nell’atto di donazione.

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Sul finire del XIII secolo il paese divenne possedimento pisano ed infine passò sotto il controllo degli Aragonesi. Tra le tante testimonianze, il patrimonio archeologico locale vanta la presenza di un complesso termale d’epoca romana, i cui resti sono visibili all’ingresso del paese, in un’area sottoposta a scavo accanto alla quale sorge la chiesa dedicata a San Basilio. Costruita secondo moduli romanici durante il XII secolo, questo edificio si trova in una zona che venne utilizzata fin dal periodo bizantino. Nel 1500 subì alcune modifiche riguardanti la facciata, arricchita con un campanile a vela, mentre durante l’800 la chiesa venne impiegata come Monte Granatico.

 

I quartieri più antichi dell’abitato di San Basilio sono quattro: Solomardi, San Sebestiano, Surcuri, Gruttixeddas, quest’ultima così chiamata per la presenza di costruzioni e nicchie scavate nella roccia simili a piccole grotte. L’assegnazione dei nomi alle vie ed ai vicinati è data dal tipo di attività che si svolgeva in quella particolare zona o dalla presenza di luoghi di culto, come ad esempio nel caso di San Sebastiano. I quartieri erano collegati tra loro da ”is moris”, piccoli sentieri acciottolati sui quali si affacciavano le corti, chiuse con ampi portali. Ancora oggi il paese mantiene la fisionomia tipica dei centri della Trexenta e conserva alcune antiche abitazioni tradizionali costruite con pietre sovrapposte e mattoni di fango e paglia.

 

Uno degli edifici di maggior rilievo visibile all’interno dell’abitato è la chiesa parrocchiale di San Pietro, edificata tra il XVI e il XVII secolo in stile tardo-gotico. Il territorio circostante l’abitato di San Basilio si caratterizza per l’alternanza di collinette basse e arrotondate che, più elevate nel Gerrei, si abbassano gradatamente verso la Trexenta, dove lo sguardo può spaziare indisturbato.

 

La punta più alta, Cuccuru Turri, si trova ad est del paese e raggiunge i 675 metri. Il paesaggio collinare è rotto da una fitta rete di strade campestri, muretti a secco e campi coltivati. Numerosi sono i vigneti, i mandorli e gli olivastri, ma soprattutto le zone idonee al pascolo, importanti per l’economia del paese.

 

Le principali fonti di reddito di San Basilio sono infatti costituite dall’allevamento, il cui numero di capi è molto elevato rispetto a quella dei paesi limitrofi, e dall’ agricoltura, in particolare cerealicoltura, frutticoltura e viticoltura. La pastorizia resiste come mestiere tradizionale, tanto che negli ultimi anni si sta sviluppando una modesta attività industriale con piccole aziende del settore lattiero- caseario.

 

Da segnalare la presenza di laboratori di tessitura artistica tradizionale e di attività artigianali elementari specializzate nella produzione di miele e di dolci sardi. Di rilievo è anche la produzione tradizionale del torrone di mandorle.

”È molto importante portare avanti una politica di riconoscimento, che miri a certificare la qualità dei nostri prodotti con marchi di tutela- afferma il sindaco Pino Cogodi, molto attento ai bisogni del paese ed alle necessità di creare nuovi sbocchi economici-. Ciò che è frutto del nostro territorio, il latte, le mandorle, le creazioni artigianali, necessitano di essere identificate qualitativamente, per offrire all’acquirente la garanzia di un prodotto realmente genuino ed interamente realizzato in loco”.

 

La filosofia espressa mira a sfruttare ciò che si ha già per generare nuova economia. ”Bisogna saper utilizzare il vecchio in chiave moderna, integrare le iniziative valide collaborando anche con i paesi vicini – prosegue Cogodi – perché, unendo più forze, si arrivi ad una maggiore produzione di reddito”.

Intanto, nella zona di Pranu Sànguni, continuano i lavori di realizzazione di una grande struttura scientifica, un radiotelescopio tra i più importanti d’Europa: terzo al mondo per grandezza, primo per potenza. Un progetto di notevole importanza che sta prendendo forma nel territorio di San Basilio, eletto tra tanti per le sue caratteristiche idonee. Scopo del radiotelescopio sarà quello di controllare le sonde spaziali, fornendo inoltre rilevanti informazioni sui terremoti.

 

”La presenza del radiotelescopio all’interno del nostro territorio è una grande opportunità per il paese, se saremo capaci di sfruttarla appieno – spiega il sindaco-. Attorno a questo sofisticato apparecchio dovranno prendere vita tutta una serie di attività indotte. I visitatori che verranno a San Basilio, infatti, saranno una risorsa solo se saremo in grado di offrire loro opportuni servizi di qualità: strutture ricettive, ristorazione, prodotti agro-alimentari, itinerari archeologici ed ambientali”.

Il radiotelescopio apre nuovi spiragli di speranza per il paese: il richiamo di un nutrito numero di persone, che abbia una ricaduta positiva sul territorio. La politica di sviluppo deve partire da Pranu Sanguini ed estendersi a tutti i settori di produzione locali. ”La pastorizia ha da sempre un ruolo dominante nel nostro paese, e necessita di nuovi aiuti e investimenti- riferisce Cogodi-. È indispensabile creare un legame forte tra l’attività dell’allevamento ed il mercato, e realizzare una filiera più ampia per i prodotti del latte, comprendente la produzione di formaggi ma anche della ricotta, dei dolci (pardulas e seadas) e della pasta fresca, specialmente dei nostri culurgionis di zucchero e zafferano”.

 

Chi sta in un paese, chi appartiene ad una comunità, fa di tutto per non doverla abbandonare e, se qualcuno è costretto ad emigrare in cerca di lavoro, il sogno più grande è vederlo rientrare. Partire dall’offerta economica è un buon modo per poter garantire un ritorno. ”Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” (Cesare Pavese, La luna e i falò).