All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne

confortate di pianto è forse il sonno

della morte men duro?

 

disse qualcuno. Ma probabilmente la questione era mal posta, e quel che Foscolo intendeva chiedersi in realtà era

 

Dolcetto o scherzetto?

Il punto focale della questione Giorno dei Morti è proprio qui: in futuro avrà ancora un significato parlare di giorno dei morti come se ne è parlato finora? O non dovremo forse rivedere e correggere finanche tutta la letteratura relativa all’argomento?

 

Non è possibile ignorare quello che sta succedendo ovunque grazie al perseverante bombardamento mediatico e all’invincibile senso d’inferiorità che il mondo nutre nei confronti degli Stati Uniti. Anche in Sardegna, che pure ha tradizioni antiche e molto radicate, si nota uno scivolamento verso il modello americano di Halloween, che non ha niente a che vedere con il senso profondo che il culto dei defunti ha avuto fin dall’antichità per i nostri padri.

 

Bisogna riconoscere che è difficile contrastare il multicolore carosello dei media, anche perché le multinazionali hanno colto al volo l’occasione per inserire sul mercato ogni genere di gadget sull’argomento. Come sempre i primi destinatari sono i bambini, in quanto tallone d’Achille (mediaticamente parlando) della società, ma è la società nel suo insieme il destinatario ultimo. Chi, per ingenuità o per dolo, vuol giustificare il cambiamento di mentalità e di costume che si produce necessariamente in un caso come questo, dice che in questo modo viene esorcizzata la paura della morte.

 

A parte la considerazione che mai come in questi tempi l’idea della morte è diventata tabù, non è certo con le carnevalate che si potrà esorcizzarla. Esiste infatti una sostanziale differenza fra il modo di intendere la morte che avevano i nostri antichi (che pure con la morte erano abituati a convivere) e quello che ci viene propinato per più o meno legittime esigenze commerciali (per non dire di peggio).

 

Il culto dei defunti, si sa, è stato fin dalla notte dei tempi un importante momento di riflessione sul senso della vita e sul legame d’affetto che ci unisce a quelli che non ci sono più. Per i cristiani il giorno di Ognissanti è quello in cui si riflette con maggiore attenzione sulla speranza dell’immortalità dell’anima e sulla comunione spirituale che unisce i vivi e i morti in un legame eterno di amore. Santino Marteddu, uno dei poeti premiati nell’ultima edizione del concorso di poesia di Santulussurgiu, in pochi versi rende perfettamente questo concetto: muzere e fizas, de coro afligidas, / pranghen s’isposu’e unu babbu caru / e pro nois amicos est amaru / a fine chida non t’ider presente / ma ischimus ch’in artu, sorridente, / che faru luminosu nos guidas. (Il titolo della poesia è Lestru che lampu).

 

Anche per i non cristiani il Primo Novembre è un giorno di riflessione sul senso dell’esistere: a questo mirano le parole presenti talvolta all’ingresso dei cimiteri: Ricorda che quello che tu sei noi eravamo, e quello che noi siamo tu sarai.

 

Il senso profondo di Halloween, invece, non ha niente a che vedere con il culto dei morti, anzi tende per molti versi a stravolgerlo. I morti di Halloween non sono ’i cari defunti’ della tradizione del passato, bensì degli spiriti inquieti provenienti da un oscuro Mondo delle Tenebre. Ben lo spiega Isaac Asimov nell’introduzione a La notte di Halloween (Roma, Editori Riuniti,1996): ”Halloween, o vigilia di Ognissanti, è il giorno in cui ci troviamo di fronte alle forze del male, in cui i demoni, folletti, streghe e spiriti maligni sono in cerca di preda”.

 

Si vede bene che i concetti di fondo sono radicalmente diversi. Negli Stati Uniti in occasione di Halloween si arriva a eccessi che iniziano a preoccupare, dal momento che si ha una sorta di legittimazione a comportarsi in modo sfrenato e fuori da ogni regola. C’è chi parla addirittura di matrice satanica all’interno della festa di Halloween, e comunque questa festa si inserisce in una generale perdita dei valori di base. Stiamo educando le nuove generazioni a un insano gusto del macabro.

 

Si potrà obiettare che alcuni degli aspetti legati ad Halloween erano presenti anche nella nostra cultura, come per esempio l’usanza di andare di casa in casa a chiedere dei doni. Ma quello che era diverso era il significato del gesto: è vero che i poveri bussavano alle porte dei ricchi chiedendo loro viveri, ma non vi era il ricatto ”trick or treat” (”o mi dai qualcosa o ti faccio un maleficio”), bensì vi era la sacralità di un gesto fatto ”a suffragio delle anime”, cioè per provvedere al benessere spirituale dei propri cari defunti.

 

Anche l’antica usanza di imbandire la tavola per la cena dei morti, che ritroviamo in Sardegna come in molte altre regioni d’Italia (in Calabria, nelle comunità italo-albanesi, si approntavano i banchetti direttamente sulle tombe) ha comunque in sé l’idea popolare dell’affetto e dell’attenzione verso chi non c’è più.

 

La domanda sorge spontanea: che vantaggio potremo mai trarre da un tanto radicale stravolgimento delle nostre tradizioni? Ritengo nessuno, a meno che non possediamo azioni delle multinazionali dei dolciumi.