Tutelare i saperi artigianali degli Stati che si affacciano nel bacino del Mediterraneo, muovendo dalla convinzione che questi saperi non rappresentano soltanto parte essenziale della loro identità culturale, ma se collocati all’interno di circuiti virtuosi di valorizzazione e di scambio, possono diventare strumento strategico di sviluppo. E’ questo l’obbiettivo del nuovo portale http://www.mediterraneancraftsarchive.it/it/home che contiene una memoria “fruibile”, dove i ricordi e i saperi legati ai manufatti e alle persone diventano oggetto di nuova e inedita interpretazione e strumento di crescita per la comunità, utile a chiunque voglia intraprendere un percorso di conoscenza finalizzato quindi non solo alla conservazione ma anche e soprattutto alla valorizzazione dei saperi. I settori principali riguardano la tessitura, l’intreccio e il ricamo dove oltre ai riferimenti storici riguardo la nascita e l’utilizzo di questi saperi è possibile accedere ad una ricca galleria di immagini dettagliate con i costumi e gli abiti, la descrizione circa le misure e i materiali utilizzati con l’indicazione delle regione mediterranea di provenienza. Così per i canestri e le corbule, i cestini e i cofanetti dove sono distinti anche per tecnica di intreccio. Le bisacce e i tappeti continuano a testimoniare la condivisione di una cultura e di un sapere che il mediterraneo deve essere capace di conserva. La Convenzione dell’UNESCO del 2003 ha evidenziato che i processi di globalizzazione e di trasformazione sociale in atto creano gravi pericoli di deterioramento, scomparsa e distruzione del patrimonio culturale immateriale, specificando che per “patrimonio culturale immateriale” s’intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale L’indagine sul campo, condotta dettagliatamente in Sardegna, Marocco e in Egitto, ha riguardato la tessitura, la lavorazione a intreccio delle fibre vegetali e il ricamo. In tutti i territori si è provveduto a individuare i centri in cui vi fosse ancora una sopravvivenza, cioè delle artigiane ancora impegnate nel lavoro. L’opera di tutela che ci si proponeva di attuare doveva partire, infatti, da quanto fosse ancora vivo e soprattutto doveva muovere da una conoscenza profonda del fare. Il progetto è stato possibile oltre alla Regione Sardegna, al ministero degli affari esteri e dello sviluppo economico, anche grazie all’appoggio che il Ministero dell’Artigianato Marocchino ha dato, sia dal punto di vista operativo che di condivisione dei risultati. Per rispondere a uno degli aspetti più problematici che riguardano i progetti di cooperazione, per garantire la sostenibilità dell’iniziativa anche dopo che il progetto sarà concluso, si è inoltre stabilito che una persona interna al ministero venisse formata per essere in grado di procedere in maniera autonoma al caricamento dei dati nell’archivio multimediale. Ciò permetterà al Ministero di continuare ad arricchire di contenuti l’archivio e di estendere la metodologia e le linee guida elaborate e condivise ad altri settori e ad altri contesti. L’archivio si arricchisce di una sezione video che documenta la tecnica in modo puntuale e preciso, raccoglie le testimonianze di chi quella tecnica la pratica abitualmente e la inserisce in un racconto di vita vissuta. L’Archivio contiene allo stato attuale un totale di quasi 1000 schede manufatto, più di 500 schede riguardanti la tessitura in Sardegna, 150 schede concernenti i manufatti a intreccio, circa 200 schede relative alla tessitura e al ricamo in Marocco, 50 schede relative al ricamo e alla lavorazione ad intreccio a Siwa. Sono state caricate più di 5000 foto e realizzati circa 30 audiovisivi.