Troviamo la fonte di San Giorgio a tre chilometri dall’abitato di Suelli, lungo una strada che si insinua tra due colline, circondata da campi coltivati e siti nuragici.

Il sito nasce grazie al miracolo di San Giorgio poiché per sua intercessione l’acqua zampillò dal terreno per interrompere il perdurare della siccità. Troviamo testimonianza dell’opera miracolosa del Santo in un retablo situato nell’antisantuario  accanto alla tomba dove viene raffigurato il giovane Vescovo davanti a una roccia dalla quale sgorga l’acqua.

Numerose versioni vengono date sull’evento: mentre il Santo si trovava con i suoi chierici in viaggio verso una parrocchia della sua diocesi, arrivò in un luogo arido e deserto. Poichè tutti soffrivano per il caldo torrido e la mancanza d’acqua, il Santo, imitando Mosè, Ministro di Dio, percosse la roccia tre volte col bastone: immediatamente scaturì una sorgente che esiste tuttora. Un altro racconto narra di un viaggio nel territorio di Suelli, arrivati in una regione pietrosa e arida, vedendo degli uccelli ansimare per l’eccessivo calore San Giorgio fece percuotere la roccia dallo zoccolo del suo cavallo facendo scaturire una sorgente in cui gli uccelli potessero dissetarsi. È possibile che le versioni riguardino fonti diverse appartenenti al territorio della diocesi oppure si è incorsi in errore confondendo San Giorgio Vescovo di Suelli con San Giorgio Martire o San Giorgio del drago.

San Giorgio fu per la diocesi un vero pastore, amante dei poveri e dei deboli, dedito alla preghiera e ai digiuni. Il Signore lo gratificò del dono dei miracoli a volte richiamanti la semplicità francescana; morì il 23 aprile 1117 e sepolto nella sua cattedrale. La sede vescovile di Suelli compare nei documenti per la prima volta all’inizio del secolo XI; prima che la diocesi fosse incorporata a quella di Cagliari all’inizio del XV secolo, il culto per San Giorgio era già diffuso almeno dall’inizio del secolo XIII. Lo confermano l’Ufficio in suo onore, le chiese a lui dedicate a Suelli, Lotzorai, Urzulei, Perfugas, Ossi, Anela, Bitti e le cappelle a Tortolì e Girasole.   L’acqua divenuta non potabile a causa dell’utilizzo di prodotti chimici per i moderni metodi di coltivazione è stata sempre presente nelle tavole dei suellesi; ora solo gli anziani, abituati a quel sapore, a quella tradizione bevono ancora l’acqua del vescovo Giorgio come un vero e proprio elisir di lunga vita. Le caratteristiche organolettiche l’anno resa speciale in cucina: su lori ovvero i legumi lessati con l’acqua de sa mintza raggiungono la cottura in metà tempo rispetto alla normale acqua mente è vivamente sconsigliato il suo utilizzo per la cottura della pasta e della carne. Una strana composizione che sa di pozione magica per cuocere i frutti della terra, per soddisfare le esigenze di quella cucina povera che ha sfamato intere generazioni dedite al lavoro dei campi per una produzione di autoconsumo.

Il sito è stato oggetto di alcuni interventi per migliorarne l’edificio e sempre tenuta in ottimo stato di conservazione grazie a frequenti interventi di manutenzione e riparazione. Dietro la fonte da sempre esiste una piccola cappella in onore del Santo Vescovo meta di preghiera ogni volta che ci si reca a prendere l’acqua e meta di pellegrinaggio durante la siccità, ultima quella del 1994 che ha spinto i fedeli a portare per le strade del paese il simulacro del santo in piena estate. Nel marzo 1980 ignoti malviventi rubarono la secolare statuina di pietra raffigurante San Giorgio, vecchia di 5 secoli che si trovava custodita in una nicchia e protetta da una grata proprio nella cappella. È col miracolo che la fonte e la sua acqua si ricoprono di suggestione e fascino anche se l’origini può essere ricercata nella notte dei tempi quando l’uomo incominciò ad affidare la propria sorte a divinità ultraterrene. Infatti la spiegazione di questa denominazione sacrale delle acque minerali, non soltanto in Sardegna, può essere ricercata nell’antichità prima dell’avvento del cristianesimo quando tutte le sorgenti e soprattutto quelle alla cui acqua si attribuivano virtù curative, erano dedicate a divinità pagane. Ogni sorgente dunque si riteneva che avesse dietro di sé la presenza di una divinità, maschile o femminile. Quando però il cristianesimo finì col trionfare sul paganesimo, i cristiani, per effetto del forte attaccamento degli uomini alla loro credenza dell’esistenza di una divinità dietro ogni sorgente, misero in atto il procedimento della interpretazione, cioè della assimilazione o della identificazione con le figure della tradizione cattolica locale.