– La sua voce non sembra di timbro sardo, anche se lei è cresciuta a Oschiri. È un’impressione errata?
Credo di no. Tutti, inevitabilmente, nel sentire cantare in sardo rievocano in qualche maniera l’eccezionalità di Maria Carta.
– In effetti non è facile trovarle dei paragoni…
Per mia fortuna sono dotata di timbri che mi permettono di esprimere una musicalità personale senza ricorrere ad accostamenti canori che non sempre vengono apprezzati. Non vuol essere un atto di presunzione, ma penso di essere riuscita a maturare una identità precisa di cui sono molto soddisfatta.
– A proposito di anni, lei ha iniziato a cantare prestissimo?
Fin da piccola, anche all’asilo, mi hanno dato la possibilità di esprimermi cantando. Ho partecipato a uno Zecchino d’Oro organizzato proprio a Oschiri: mi sono divertita molto proprio grazie allo spirito fanciullesco di quell’età. Diventando più adulta ho sentito l’esigenza di migliorare e ho partecipato a molte rassegne musicali. Ma sono state di importanza fondamentale le serate nei locali: mi hanno dato modo di curare l’interpretazione affinando la tecnica che è alla base di ogni successo.
– In quegli anni ci sono state partecipazioni significative?
Di sicuro nel 1996, a Olbia: partecipai a Una città per cantare ed ebbi l’opportunità di conoscere Renato e Gianni Piccinnu. Con loro si è sviluppata una collaborazione molto proficua.
– E come andò il festival, quale fu il risultato?
Con mia grande soddisfazione, inaspettatamente mi classificai seconda. Ciò mi permise di incidere su cassetta il mio primo brano, Le voci di dentro. In seguito ho partecipato a spettacoli di varietà dove ho avuto anche la possibilità di collaborare con Marongiu e Pitzalis.
– Quanto conta per lei la lingua sarda?
Parlo da sempre in sardo, una frequentazione totale: lo utilizzo con i miei amici, penso e scrivo in sardo. I suoni della mia lingua incidono sul mio umore.
– Ritiene che in Sardegna ci sia bisogno di riconnettersi con le proprie radici culturali?
Ci sono stati strappi, in tal senso. Uno strano modo di confrontarsi con il modernismo ha destabilizzato le nostre tradizioni. Dall’esterno possono essere considerate brutte o belle, arcaiche o fuori moda, ma costituiscono un bagaglio consolidato nel tempo. Bisogna riconoscere e custodire questo enorme patrimonio per condurlo con umiltà nel futuro.
– Parliamo dei suoi collaboratori: Soleandro, Marongiu, Pitzalis, Elio e le Storie Tese, Finardi.
Senza limitare la mia libertà, mi hanno permesso di accedere al mondo della canzone isolana e non, decretando il successo che ci si aspetta viaggiando su un altissimo livello di professionalità.
– A che punto della sua carriera pensa di essere arrivata?
Credo di essere a metà. Ho molte idee e l’intenzione di svilupparle studiando e lavorando tenacemente.
– A proposito della sua lingua, ci ha detto che scrive in sardo: di che si tratta?
Una delle mie idee per il futuro sono le canzoni con il testo scritto da me. Ormai ci sto lavorando da tempo, non ho fretta, a volte mentre esercito la voce mi vengono delle idee, le scrivo, le lascio riposare e poi ci ritorno.
– Lei ha dedicato una canzone a questa città, perché ha voluto che facessimo quest’intervista proprio a Bosa?
Bosa mi stupisce, mi diverte, mi accoglie sempre con grande affetto, è una città viva sia negli aspetti più irriverenti, come il Carnevale, sia in quelli più intimi e religiosi: tutti vengono frequentfati con un’intensa partecipazione.
– Che pensa della situazione economica dell’isola, dei licenziamenti dell’Alcoa?
I problemi sono in tutto il mondo, ma qui la situazione sta diventando drammatica. La perdita di così tanti posti di lavoro rischia di umiliarci profondamente. Se accadesse davvero sarebbe difficilissimo far ripartire l’economia. Non è certo il turismo, seppur importante, a risolvere il problema. Come artista, e penso di parlare anche a nome di tutti miei colleghi, sono pronta a dare una mano nei limiti delle mie possibilità.
Siamo convinti che Carla di possibilità ne abbia molte: a chi la conosce non sfuggono possono la luminosità del suo sguardo, l’innata dolcezza, e soprattutto l’energia che sprigiona la sua personalità di artista matura e consapevole avviata verso un futuro professionale certamente pieno di successi.