La Penisola del Sinis, un paradiso tra storia e natura

Paesaggio, archeologia e bellezze naturali in uno scenario unico e incantevole: è la penisola del Sinis, nella costa centro-occidentale della Sardegna. Qui, in una posizione strategica del Mediterraneo, la storia ha lasciato le sue tracce, trasformando e modellando un territorio in cui esistono insieme testimonianze culturali e risorse ambientali e naturali diversissime.

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La penisola de Sinis in zona Capo San Marco

La Penisola, che ricade tra i comuni di Cabras e San Vero Milis, è caratterizzata da ambienti terrestri e lacustri di straordinario valore ecologico oggi riconosciuto dal Ministero dell’ambiente; tra questi, l’Isola di Mal di Ventre, lo scoglio del Catalano e San Giovanni di Sinis, inserite tra le zone Sic (Siti di importanza comunitaria) e gli stagni di Cabras (Zona speciale di conservazione) e Mistras (Zona di protezione speciale), dichiarati di rilevanza internazionale secondo la Convenzione di Ramsar del 1971.

L’ambiente marino è caratterizzato da una grande varietà di fondali e habitat. Per proteggere questo grande patrimonio nel 1982 è stata istituita l’Area Marina Protetta “Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre”, gestita dal Comune di Cabras e tutelata da precise norme che mirano proprio a limitare l’impatto dell’uomo sulla natura e sulla biodiversità e favorire l’educazione all’ambiente e la ricerca.

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Capo San Marco, vista da sud

L’area di mare che rientra nell’Amp, prospiciente alla costa del Sinis, ha una superficie di circa 25 mila ettari, e comprende tre zone con tutele diverse.

Nella zona A, 529 ettari e una linea di costa di poco più di un chilometro nella parte settentrionale dell’isola di Mal di Ventre e attorno allo scoglio del Catalano, esiste una tutela integrale: possono accedervi solo mezzi e personale autorizzati, e le uniche attività che si svolgono sono quelle di ricerca e sorveglianza. La zona B, su una linea di costa di cinque chilometri, comprende una superficie di mille ettari e vi si accede con numero chiuso e solo per determinate attività. La zona C si estende lungo 18.507 chilometri di costa e ha una tutela parziale; qui c’è il divieto di pesca subacquea ed è vietato asportare sabbia, roccia, organismi vegetali e animali vivi o morti, mentre si può fare seawatching, immersioni, pesca ricreativa e balneazione.

E’ proprio in questo angolo di Sardegna che nel 2007 è nato il laboratorio del Cres, il Centro di recupero del Sinis delle tartarughe e dei mammiferi marini, nato dalla collaborazione tra Area marina protetta e Cnr. Nel laboratorio si programma e organizza il recupero, la cura e lo studio di tartarughe e cetacei; molti di questi vengono soccorsi in situazioni di difficoltà, sempre più spesso vittime dell’attività dell’uomo, della pesca. dell’inquinamento da plastica. Oltre all’aspetto del soccorso, il Cres svolge una funzione preziosissima di studio e ricerca, finalizzato alla conservazione di specie che oggi sono sempre più a rischio, come la comune tartaruga del Mediterraneo Caretta Caretta, e di sensibilizzazione e educazione ambientale.

Non solo natura: la Penisola del Sinis è ricca di importanti testimonianze culturali. Nell’estremità più meridionale c’è il promontorio di Capo San Marco, un luogo di grande bellezza dove si trovano le rovine della città fenicia di Tharros. La zona era abitata dall’età nuragica, e qui nell’VIII secolo avanti Cristo i Fenici in arrivo dalla costa orientale del Mediterraneo fondarono una grande città di cui ancora oggi si possono vedere case, strade, monumenti civili e religiosi. Tharros venne successivamente ampliata e fortificata dai Cartaginesi prima e sotto il dominio romano dopo, e fu un importante e attivo centro commerciale per secoli; intorno all’anno Mille venne abbandonata e contemporaneamente nacque la vicina città di Oristano. I primi scavi archeologici con metodo scientifico furono condotti a metà dell’Ottocento dall’archeologo e storico Giovanni Spano, e da allora in poi l’interesse e l’attenzione verso Tharros non sono mai venuti meno. Da qui arriva la più grande e preziosa collezione di manufatti fenici e punici della Sardegna, conservata tra i musei di Cagliari e Oristano.

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Gli scavi archeologici della città di Tharros, che guarda all’interno del Golfo di Oristano
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Spiaggia di Mari Ermi

Poco lontano ci sono le tracce del borgo dei pescatori di San Giovanni, dove fino a pochi decenni fa si potevano vedere le tipiche capanne costruite con canne di giunco.

Dalla storia alle spiagge: nei trenta chilometri di costa dell’Area marina protetta si susseguono, da Sud verso Nord, Maimoni, Is Arutas e Mari Ermi. Tutte e tre sono caratterizzate dalla presenza di sabbia finissima con granuli di quarzo: arriva dall’erosione di un costone granitico subacqueo di cui emerge oggi in superficie l’isola di Mal di Ventre.

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La lunga spiaggia di quarzo di Is Arutas

Il litorale di Maimoni si estende per circa tre chilometri: è una spiaggia ampia, delimitata da dune di macchia mediterranea, e si affaccia su un mare cristallino con fondale basso e sabbioso. Poco distante c’è la chiesa di San Salvatore, costruita nel Seicento su un ipogeo paleocristiano, e a sei chilometri c’è il villaggio con lo stesso nome, meta della Corsa degli scalzi, evento religioso che si svolge ogni anno a settembre. Risalendo la costa verso Nord troviamo la piccola, incantevole spiaggia di Is Arutas, famosa per la sabbia dai colori chiari e scintillanti dal bianco al verde al rosa, e proseguendo c’è Mari Ermi, due chilometri e mezzo di sabbia e granelli di quarzo racchiusi da dune e da uno stagno dove si possono vedere i fenicotteri rosa.

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Mari Ermi

Francesca Mulas

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