I poeti antichi dicevano che la dea Afrodite, nata dalla schiuma del mare, si fosse nascosta dietro una pianta di mirto per sfuggire allo sguardo curioso di un satiro. Il ramo del mirto era usato dai guerrieri greci perché si pensava infondesse coraggio e forza. Gli antichi egizi lo utilizzavano come ornamento durante le feste. Adamo lo avrebbe portato con sé dal paradiso, dopo esserne stato scacciato, come ricordo di una vita felice.

bacche di mirto 1

Sono infinite, remotissime le leggende attorno al mirto, pianta sempreverde tipica del Mediterraneo che cresce spontaneamente nelle zone litoranee e fino a un’altitudine di 800 metri, conosciuta, ricercata e apprezzata per le sue tantissime qualità. Ma se ovunque è considerato simbolo di buon augurio e utilizzato in cucina, in Sardegna ha una storia unica: la pianta dalle inconfondibili bacche di colore nero blu è legata al liquore, il mirto rosso, che da qualche anno ha lasciato le cantine private e ha conquistato i mercati di tutto il mondo con il suo profumo inconfondibile.
L’uso delle bacche per produrre il liquore è ben noto da tempo in ambito domestico in Sardegna e Corsica. Come per tante ricette popolari non sappiamo da quanto: di sicuro si usava già nel XIX secolo, visto che lo storico Goffredo Casalis nel suo “Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli stati di S.M. Il re di Sardegna” pubblicato nel 1855 ricorda alambicchi per la produzione  di acquavite e di alcol insieme alla presenza nell’Isola di grandi alberi di mirto. Offrire all’ospite un bicchierino di mirto fatto in casa a fine pasto è una consuetudine radicata in tutto il territorio sardo, e regalare una bottiglia della piccola produzione casalinga è un segno di affetto e amicizia.

imbottigliamento

Ma è da qualche decennio che le bottiglie del liquore dal colore rosso intenso, inizialmente destinate al consumo familiare, hanno iniziato a viaggiare. Almeno dal 1975, quando all’interno di due fiere agroalimentari nell’Isola alcuni produttori accanto ai liquori tradizionali esposero una novità, il mirto. Nel 1994 le principali aziende produttrici hanno fondato l’Associazione Produttori Liquore Mirto di Sardegna Tradizionale, poi trasformata in un Consorzio, con l’idea di tutelare e valorizzare il Mirto di Sardegna come materia prima e come metodo di lavorazione, e tutelare i consumatori, fruitori finali del prodotto. Per rendere concreto questo ambizioso obiettivo è stata firmata la collaborazione con l’Università di Sassari e l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, con cui si è dato inizio a un lungo e complesso lavoro di ricerca, reso ancora più difficile dalla assenza di studi in materia, che ha richiesto diverse fasi e l’uso di metodologie di indagine estremamente sofisticate. Da subito produttori e tecnici hanno stabilito dei punti fermi: l’uso di bacche mature, raccolte in Sardegna tra novembre e febbraio e messe in infusione fresche, e l’ assenza di qualsiasi additivo conservante, colorante o aromatico.

Oggi il liquore è riconosciuto tramite decreto del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali del 2 luglio 2013 come prodotto IG (indicazione geografica) come “Mirto di Sardegna”: l’indicazione è riservata a quello “ottenuto nella regione Sardegna dall’infusione idroalcolica di bacche di mirto (Myrtus communis L.) raccolte e trasformate entro il territorio della Regione Autonoma di Sardegna”. Lo stesso documento, infine, ne ricorda le “virtù digestive, balsamiche e disinfettanti“.

bresca dorada

La ricetta per creare il mirto rosso è semplice, ed è la stessa sia per le piccole produzioni domestiche che per quelle su larga scala: circa 150 grammi di frutti in macerazione in un litro di alcol per alcune settimane. Per il mirto bianco, invece, si usano foglie e bacche bianche. L’estratto viene poi mescolato a uno sciroppo di acqua e zucchero, eventualmente miele, e deve restare a maturare per alcune settimane prima di essere consumato. Le produzioni industriali del prodotto IG devono poi seguire indicazioni precise: l’infusione si fa in serbatoi di acciaio per un periodo non inferiore a 15 giorni e non superiore a otto mesi, in soluzione idroalcolica con tenore alcolico non inferiore al 40 per cento in volume. Dopo il periodo di infusione si procede con la spillatura, e le bacche possono essere infine pressate per recuperare l’infuso restante. Il prodotto finale deve avere un grado alcolico tra 28 e 36 gradi percentuali in volume, deve avere un colore rosso rubino, un aroma intenso. Il sapore è ben definito dal decreto del Ministero delle politiche agricole: “complesso, con forte caratterizzazione  tipica  derivante dal frutto utilizzato, struttura  ‘calda’  per  il  sostenuto  tenore alcolico ma al contempo ‘morbida’ per il contenuto zuccherino; rimarchevole il retrogusto leggermente amarognolo determinato dalle note balsamiche delle bacche”.

La magia del liquore di mirto non sta solo nella sua preparazione: la raccolta stessa delle bacche è un momento imperdibile per gli appassionati. Si esce la mattina presto per raggiungere le campagne dove cresce spontaneamente e si raccoglie solo quello che serve per la produzione. Le bacche vanno colte con delicatezza, magari con l’uso di un pettine speciale per non rovinare la pianta, mentre una pratica da evitare è quella di tagliare e portare via rami interi. Che si tratti delle bottiglie fatte in casa o delle grandi produzioni destinate al mercato, alla base c’è sempre un unico prezioso principio: il rispetto per la terra e per la natura.

Francesca Mulas

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