Estate, caldo afoso, mangiamo qualcosa di rinfrescante? Che cosa c’è di meglio di verdure crude e cibi conditi con peperoncino? Nei climi caldi dell’America Latina da cui proviene, il peperoncino è sempre stato usato come condimento di alimenti ma anche come loro conservante e uno dei principali vegetali capaci di innalzare la temperatura corporea, così da stimolare il processo di termoregolazione fisica, per cui sudando si refrigera tutto l’organismo.

È come quando si ha sete e non bastano acqua e bibite fredde per eliminarla ma con un the caldo si ha subito sollievo. In climi più temperati se ne apprezzano altre virtù curative, dovute alle sue qualità focose ed esuberanti.

Il capsicum annuum (dal latino capsa: scatola, cassettina) è una pianta annua, a volte perenne, erbacea, alta da 30 cm a un metro. Produce una bacca cava priva di polpa, piena di semi appiattiti e rotondi. Nel suo Herbario novo del 1585 il medico-botanico Castore Durante scrive: “Si usa in tutti i condimenti dei cibi, è di migliore gusto che il pepe comune. Conforta molto, risolve le ventosità, è buono per il petto, anche per chi è di frigida complessione”.

Al di là del nome, tra pepe e peperoncino non esistono affinità elettive né botaniche. Il primo, Piper nigrum, appartiene alla tropicale famiglia delle Piperacee, il secondo alla famiglia delle Solanacee del Nuovo Continente: patate, pomodori, melanzane, tabacco.Tra i nuovi frutti, solo il peperoncino non conobbe sospetto né condanne. La patata era ritenuta insapore e gommosa. Il tabacco scatenò le ire dei moralisti dell’epoca che predissero malattie innominabili a chi ne facesse uso. Il pomodoro fu nominato Lycopersicum, pesca da lupi. La melanzana ancora si trascina il suo nome infamante: mala insana.

Si stima che il peperoncino sia una delle piante più coltivate al mondo: dall’Estremo Oriente  alla Thailandia, dall’India  alla Spagna, oltre alla zona d’origine, prima fra tutte il Messico. Comprende centinaia di varietà, poche perenni e molte stagionali. Orientarsi in questa babele è impresa ardua anche per gli esperti. Meglio seguire  il consiglio salomonico di un amico: chiamare le varietà di capsicum con i nomi locali e dimenticare la possibilità di classificarle in base a grandezza e forma.

Seguo il suggerimento:

a Nuoro e dintorni: piperoneddu ruju, diauleddu, pipereddu

nella Sardegna meridionale: Pìbiri moriscu, Pibireddu

a Sassari e nord Sardegna: Pebaroni, Pìbere moriscu

ad Alghero: Prebett, Preba

 

Parti utili

Frutti maturi

 

Principali costituenti

Un’oleoresina contenente capsaicina cui si deve il sapore piccante

Pimenti carotenoidi

Flavonoidi

Minerali: calcio, rame, fosforo e ferro

Vitamine C,B2 e PP

 

Attività farmacologica

Uso interno: eupeptica, carminativa antidiarroica, espettorante, antisettica, sudorifera, antiossidante. Uso esterno: rubefacente (fa affluire il sangue in superficie), anti-reumatica e anti-nevralgica, anti-erpetica

 

Impiego terapeutico

Insufficiente circolazione periferica, estremità fredde, geloni. Atonia dell’apparato digerente, fermentazioni intestinali, flatulenze, diarree, dissenterie. Raffreddori, attacchi d’influenza, affezioni laringofaringee, tosse e bronchiti (la vitamina C migliora la resistenza alle infezioni).

 

Uso esterno: in forma di tintura, pomata o linimento, è indicato per nevralgie reumatiche, lombaggini, sciatiche, herpes zoster e sindrome del tunnel carpale.

 

Lozione per capelli (contro l’alopecia e la perdita dei capelli): in mezzo litro di alcool si fanno macerare per otto giorni, al buio, tre peperoncini. Si filtra e si friziona una o due volte al giorno sulla cute.

Avete notato che tra i popoli che consumano più peperoncino c’è meno calvizie?

 

Usi e dosi

Uso interno: tintura madre  10-15 gocce tre volte al giorno, con acqua.

In polvere (peperoncino essiccato e polverizzato) aggiunto al cibo 1-2 mg a pasto o in compresse pronte.

In olio (macerare in olio d’oliva per almeno 10 gg poi filtrare) 3-5 gocce a pasto. Spezzettato e aggiunto ai cibi a fine cottura.

 

Precauzioni e controindicazioni

Dosi eccessive possono dare infiammazioni della mucosa gastrica e del parenchima renale. Non toccare occhi e mucose dopo averlo maneggiato! Se dovesse succedere, lavarsi abbondantemente con acqua tiepida (non calda) in cui sia stato sciolto un po’ di sapone e pazientare. Usare con parsimonia e dosare con scrupolo. Quando è di tipo pungente anche un pizzico può causare bruciori insopportabili a chi non è abituato a consumarlo.

 

Come si conserva

Metodo tradizionale: formare una collana infilando con filo e ago un certo numero di peperoncini freschi. Esporre all’aria e al sole fino a completo essiccamento e di volta in volta staccarne alcuni secondo necessità, o conservarli in barattoli di vetro asciutti, al buio. Una volta secchi, i peperoncini si possono macinare e ridurre in polvere, Si fa passare il macinato in un colino a maglia fine e si ottengono due tipi di condimento: uno più fine e meno piccante, l’altro ricco di semi, di sapore molto più deciso.

 

Altre indicazioni terapeutiche

 

Durante le diete dimagranti

La capsaicina è un ingrediente dei più popolari prodotti dimagranti. Aumenta l’attività metabolica stimolando l’organismo a bruciare calorie e grasso. Dosi basse quotidiane di peperoncino hanno azione  antiemorroidaria.

 

 

Curiosità

Nel 1937 il ricercatore ungherese Gyorgyi ebbe il Nobel per aver scoperto il contenuto vitaminico della paprika, varietà di capsicum frutescens e tetragonum. Le quali, accanto a sataniche quantità di vitamina C, contengono l’alfabeto vitaminico A, B2, E, PP oltre a sali minerali, lecitina, pectina, acidi grassi e personalissimi oli come capsicolo, capsicina e la già nota capsaicina.

 

E in Italia?

C’è l’Accademia Italiana del Peperoncino, onlus nata per diffondere la cultura piccante. Fondata in Calabria, in breve si è diffusa in tutta la penisola. Le sue finalità sono espresse in un articolo dello Statuto. Testualmente: “L’Associazione si propone di creare, approfondire e diffondere una vera e propria cultura del peperoncino”.

 

In generale, più il peperoncino è piccolo -da2 a6 cm- più è piccante. Nel 1912 il chimico americano Wilbur Scoville si prese la briga di misurare la piccantezza dei peperoncini. Dai suoi test è stato attribuito il valore SHU (Scoville Heat Units). Per avere un’idea, i peperoncini italiani hanno valori oscillanti tra le 100 e le 500 unità Scoville, lo jalapeno messicano tra 2500 e 5000, il thai  tailandese 50.000-100.000, l’habanero dello Yucatan 100.000-300.000.

 

Riassumendo:

– questo benedetto frutto è il re della cucina povera in quanto è capace di dare fuoco e vitalità alle vivande

– per le sue proprietà terapeutiche è come avere una farmacia in casa

– lo si può coltivare dappertutto, dall’orto al vaso in terrazza.

Unica attenzione: non dimenticare la dose.

 

Spesso i segreti dei grandi chef sono aromi aggiunti in dosi minuscole: fra questi, un pizzico di peperoncino è il tocco che fa la differenza tra il capolavoro e la mediocrità.

Avete letto il Grande Dizionario della Cucina di Alessandro Dumas padre? C’è la ricetta di un’insalata alla paprika adatta a tutto: uovo sodo, tonno, cerfoglio, cetrioli.

“Diluisco il tutto con buon aceto, aggiungo nell’insalatiera, ovvio, l’insalata. Chiamo un domestico perché la rimescoli. Conclusa la prestazione del domestico, intervengo con una minuta pioggia di paprika dall’alto. L’insalata è pronta”. Inezie. Ma non venga in mente di risparmiare facendo a meno del domestico. Il segreto della riuscita del piatto è nel contrasto tra performance del cameriere e intervento finale del padrone che con aristocratico disdegno spruzza una spolverata di peperoncino che solo la mano del maestro sa dosare.