Si stringono in un tenero abbraccio uomini e donne dipinti su tela o su pannelli di masonite. Hanno uno sguardo innocente, ma sono intimamente felici, il padre, la madre e i numerosi figli che animano la pittura acrilica di Luigi Pillitu. Anche le sculture, spesso scolpite su legno o lavorate con la ceramica, sono affollate di uomini sognanti. Raramente i loro sguardi si incrociano, i volti cercano continuamente l’artista; sembrano modelli in posa, sereni, in attesa di narrarci chissà quale storia di vita. C’è molto spesso la famiglia unita, a sottolineare intimità e gioia, in quasi tutti i lavori di Luigi Pill itu il più apprezzato artista naif dell’Isola.
Ex operaio alla Rumianca, non lontano da Assemini, dove vive ormai da molto tempo, Luigi Pillitu ha fatto parlare di sé negli anni Ottanta con la sua pittura genuina. Ora è un artista affermato che espone nei
principali centri della Sardegna e della Penisola. Alcuni suoi lavori sono presenti in importanti gallerie e mostre permanenti a Parigi, Nizza e al Museo Nazionale dei pittori naifs creato a Luzzara, in provincia di Reggio Emilia, per una geniale intuizione
dello sceneggiatore Cesare Zavattini. La sua storia di artista comincia quasi per caso. Bisogna tornare indietro nel tempo:

“Una sera mi trovavo con mio padre che accatastava la legna per il fuoco. Restai colpito dalla forma di un ceppo di cisto che, a mio avviso, aveva la forma di un uccello.
Non bruciarlo dissi e così, poco tempo dopo, realizzai la mia prima scultura. Avevo 19 anni quando mi resi conto che
l’arte per me poteva diventare un modo splendido per esprimermi.
In quel momento non pensavo ad altro, sinceramente”.

Nessuna scuola ha formato questo singolare artista la cui esistenza, fino agli anni della pensione, è trascorsa tra fabbrica, famiglia e arte, equamente divisa, quest’ultima, tra pittura e scultura con una caratteristica in comune: il sapiente uso cromatico
dei colori acrilici che si esalta in ogni sua opera. Molte sculture sono realizzate su un unico blocco di legno, arancio, quercia e olivastro, soprattutto. “Prendo ciocchi, tronchi o rami contorti, mi basta osservarli e immediatamente colgo l’anima perché dentro, così come accade nella pietra, si nasconde una scultura che va liberata. Ecco questo è il compito principale dello scultore. Il colore è importante ma rappresenta soltanto il tocco finale”, dice mentre nella sua bottega-laboratorio mi mostra le nuove opere realizzate per la recente esposizione di Cagliari dedicata alla donna e che si è conclusa proprio in questi giorni. Per Luigi Pillitu è stato un altro successo che, come i precedenti, non ha modificato il suo atteggiamento di uomo semplice ma che ormai,
grazie al suo instancabile lavoro, fatto di grande passione, occupa un posto di rilievo nel mondo dell’arte naif nazionale.