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Tag: gruppi di difesa della donna

  di Lucia Cossu L’Issasco, Istituto sardo per la storia dell’antifascismo e della società contemporanea, in collaborazione con il polo Falzarego 35, in occasione del 25 aprile 2021, 76esimo anniversario della liberazione dell’Italia dal nazifascismo, ha deciso di richiamare l’attenzione sul ruolo delle donne nella Resistenza, promuovendo l’iniziativa “Antifasciste”. Tre video, pubblicati sul canale YouTube e sulla pagina Facebook dell’Issasco, ripercorrono le vite coraggiose e significative di cinque antifasciste legate alla Sardegna per nascita, origine o per ragioni familiari e di militanza. Io ho avuto l’onore di raccontare le biografie della triade antifascista sardista, composta dall’orunese Marianna Bussalai e dalle nuoresi Graziella Sechi e Angela Maccioni (qui il video: https://youtu.be/WXs3BK9vLkA ); Leila El Houssi ha tracciato il ritratto della comunista e costituente Nadia Gallico (qui il video: https://www.youtube.com/watch?v=Q07l4tWVfTo&ab_channel=ISSASCOIstitutosardoperl%27antifascismo ); Alice Strazzeri ha raccontato Giovanna Marturano, confinata dal fascismo con la madre a Ventotene (qui il video: https://youtu.be/gQ7aPpxRBCI ). Ma che cos'è la Resistenza? Chi vi prese parte? Fu solo una guerra in armi? Quale fu il contributo, spesso dimenticato, delle donne? Settembre 1943. È il tempo delle scelte. A seguito della firma dell’armistizio di Cassibile- la resa incondizionata agli Alleati, firmata il 3, ma annunciata pubblicamente l’8 settembre-, i Savoia e il generale Badoglio scappano a Brindisi, sotto il comando alleato, lasciando lo Stato, esercito e civili, senza direttive. In Italia la guerra entra in una nuova fase, la penisola è divisa in due: il nord subisce l’invasione tedesca e la ricostituzione dello stato fascista, la repubblica di Salò -nata per volere dei nazisti, che hanno liberato Mussolini dal carcere nel Gran Sasso-; a sud, gli angloamericani sbarcati in Sicilia, e accolti come liberatori, iniziano a risalire lungo lo stivale. Che fare? Uomini e donne devono decidere da che parte stare: collaborare con il fascismo e il nazismo o lottare per la libertà, per la giustizia, per un futuro di pace e di uguaglianza. Ha così inizio la Resistenza, con le sue molteplici anime antifasciste e le diverse posizioni politiche. Gli antifascisti storici si organizzano insieme ai nuovi: a salire su montagna sono spesso i giovanissimi, i nomi di battaglia scelti tra i romanzi di avventura appena letti. L’inizio della lotta è segnato dagli scioperi nelle fabbriche del nord, poi su in montagna, nei borghi, nelle città. La Resistenza e la lotta partigiana, dal settembre del 1943 all’aprile del 1945, hanno saputo redimere i vent’anni di dittatura fascista: la cancellazione dei diritti, l’infamia delle leggi razziali, le atrocità della guerra. La Resistenza non fu solo guerra in armi, fu anche resistenza civile: l’opposizione costante al fascismo che è costata indicibili sofferenze, carcere e l’esilio, talvolta la vita, da parte di coloro che l’hanno coraggiosamente professata. E le donne cosa fecero? Se ripercorriamo con la mente le immagini successive al 25 aprile, vediamo schiere di uomini sfilare nelle città festanti, sono poche le donne a marciare con loro. Sono poche, perché è stato chiesto loro di non prendere parte ai cortei, perché non è decoroso, la Resistenza è una cosa seria, non la si può mettere in cattiva luce: una guerra in gonnella? Cosa hanno fatto quelle donne su in montagna? La morale cattolica e vent’anni di fascismo hanno rafforzato l’immagine casalinga e familiare della donna: madre amorevole e moglie devota. Con modi moralisti si allontanano le donne fuori da quello spazio pubblico tenacemente conquistato. “La Liberazione si è fermata sulla porta di casa” afferma la partigiana Sergia, Odilla Rossi, animatrice a Verona di gruppi di difesa della donna (in Storia della Resistenza di Marcello Flores e Mimmo Franzinelli). La Resistenza, come ci insegna lo storico Claudio Pavone, è stata un intreccio di tre differenti guerre: la guerra patriottica per la Liberazione dell’Italia dall’invasore nazista; fu guerra civile tra i partigiani e i repubblichini fascisti, e fu guerra di classe, la lotta che i comunisti, i più organizzati, portavano avanti contro il capitalismo e contro i padroni. Per le donne la Resistenza, come sottolineano gli storici Flores e Franzinelli in Storia della Resistenza, acquista un ulteriore significato: perché per loro fu anche lotta per la propria emancipazione e lotta contro il patriarcato. Decisero da che parte stare e come fare la Resistenza: civile o armata sui monti? Questi sono i dati ufficiali, forniti dall’ANPI sul sito nazionale, della partecipazione femminile alla Resistenza. Furono 35.000 le partigiane combattenti; 20.000 le patriote con funzioni di supporto; 70 mila le iscritte ai Gruppi di Difesa della donna; 4.653 donne furono arrestate e torturate; 2.750 furono deportate; 512 furono commissarie di guerra; ci furono 16 medaglie d'oro; 17 medaglie d'argento; 2.900 sono state le donne fucilate o cadute in combattimento. Queste sono valutazioni approssimative, perché i criteri utilizzati furono restrittivi e militaristi, che non ci restituiscono un quadro completo della partecipazione femminile. Inoltre, per tanto tempo, alle donne è stato riconosciuto solo un ruolo di appoggio secondario -la Resistenza civile fu importante tanto quanto la guerra in armi- e il compito di staffetta: quanto coraggio hanno avuto queste donne, sole e disarmate, ad ogni azione rischiavano la vita! Solo negli anni Settanta la questione femminile inizia ad acquistare centralità nel dibattito. “Caratteristica fondamentale della Resistenza femminile che fu uno degli elementi più vitali della guerra di liberazione è proprio questo suo carattere collettivo, quasi anonimo, questo suo avere per protagoniste non alcune creature eccezionali, ma vaste masse appartenenti ai più diversi strati della popolazione, questo suo nascere non dalla volontà di poche, ma dalla iniziativa spontanea di molte”. Marisa Saveria Borrelli in “La Resistenza taciuta. Le donne raccontano” parla dell’altro volto, non armato e caduto nell’oblio, oblio che ha colpito “le donne partigiane prima, le Madri Costituenti ed infine su tutta la vita in guerra delle donne comuni”. Finita la guerra, inizia il compito arduo di “far diventare ordinarie quelle regole straordinarie” scrive la partigiana, dirigente dell’Unione donne italiane e vicepresidente nazionale dell’ANPI, Marisa Ombra, nella lunga lettera “Libere sempre” indirizzata alle ragazze di oggi. La Liberazione aveva rotto gli schemi, la strada per la libertà delle donne era ancora lunga, ma la Resistenza aveva insegnato alle donne a vivere in libertà. Il dopoguerra, dopo l’esperienza su in montagna, vede nascere l’amicizia tra i sessi: se per noi poter parlare con tutti è un fatto scontato, in quei tempi fu una vera e propria conquista di parità, di considerazione e di rispetto. Anche l'amore non era più solo un fatto di piacere e di necessità, ma si inizia a decidere di stare insieme per affinità: di gusti, di desideri, di idee politiche. Le donne iniziano ad acquisire consapevolezza del loro ruolo nella società e di se stesse. “Era un mondo maschilista. Soltanto tra i partigiani la donna aveva diritti, era un compagno di lotta. La Resistenza ci ha fatto capire che nella società potevamo occupare un posto diverso. I diritti paritari garantiti dalla Costituzione non sono stati un regalo, ma una conquista e un riconoscimento per ciò che le donne hanno fatto nella guerra di Liberazione.” Così scrive la staffetta partigiana Laila, Annita Malavasi, nella sua testimonianza pubblicata su D La Repubblica, il 24 aprile del 2010. Questa lettera ha fatto nascere il desiderio di raccogliere le testimonianze di altri partigiani nel libro “Io sono l’ultimo. Lettere di partigiani italiani” a cura di Stefano Faure, Andrea Liparato, Giacomo Papi. Questa raccolta, scrive Andrea Liparato, responsabile comunicazione ANPI nazionale, è “una piazza delle radici dove dare appuntamento ai giovani. Per intrattenerli e per incoraggiarli. E offrire un sentiero”. La lotta delle antifasciste è la lotta di noi tutte e di noi tutti. A noi il compito di ricordarle e di portare avanti sempre i loro -e nostri- ideali di giustizia, libertà, uguaglianza e democrazia.

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Data di pubblicazione: 24 aprile 2015
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