Domani è il primo di maggio. Da più di 130 anni questa data rappresenta nel mondo la Festa dei lavoratori. Ma ultimamente non tutti i lavoratori sono festeggiati! Nonostante un referendum avesse bocciato nel 1995 le liberalizzazioni degli orari di apertura degli esercizi commerciali, solo tre anni dopo Bersani, ministro del Governo Prodi (centro sinistra), inizia a deregolamentare le aperture, fino a quando il Governo Monti (sostenuto dal PD) ha approvato il decreto “Salva Italia” nel gennaio del 2012 (v. in particolare art. 31). Da allora la Grande Distribuzione Organizzata può aprire a proprio piacimento anche durante i festivi, primo maggio incluso.

La norma sulla liberalizzazione del commercio ha sottratto la disciplina degli orari degli esercizi commerciali agli enti locali e ha reso possibili aperture domenicali, notturne e durante i festivi.

Mentre le associazioni della grande distribuzione festeggiano introiti da record, i piccoli commercianti, i mercati cittadini e rionali e gli stessi negozi privati dentro i grandi centri commerciali ci perdono e sempre più spesso chiudono letteralmente bottega non riuscendo a reggere il peso di questa concorrenza sleale.

 

Ma cosa ha significato tutto ciò per coloro che sono occupati in ipermercati, centri commerciali?
L’impossibilità di programmare la propria vita, di dedicarsi ai propri affetti, di concedersi del riposo. Turnazioni decise settimanalmente e molto spesso giorno per giorno sono l’assoluta normalità in questo settore. Sono poi ordinarie le storie di reparti punitivi, ricatti e mobbing!

La vita quotidiana di questi lavoratori di fatto inizia e finisce sul loro posto di lavoro. L’inesistenza di una giornata settimanalmente deputata al riposo e di feste “comandate” porta a situazioni familiari estreme, in cui è praticamente impossibile riunirsi intorno allo stesso tavolo, arrivando a distruggere i rapporti umani ed affettivi. Questi lavoratori, a cui spesso viene rinfacciato che sono dei privilegiati, perché “loro almeno hanno un lavoro”, e che quindi non hanno diritti (neanche quello di lamentarsi), vengono remunerati con stipendi da fame e visto l’alto ricorso a contratti part-time, che in media ammontano a 600-700 euro al mese, l’indipendenza economica è un miraggio.

A questi lavoratori, alle piccole botteghe e agli operatori dei mercati civici e rionali va tutta la mia solidarietà e vicinanza e l’impegno preciso a difendere i loro diritti in qualità di primo cittadino. Farò valere in tutte le sedi necessarie la mia voce istituzionale battendomi per far tornare la materia degli orari e delle aperture delle attività commerciali di competenza comunale, tutelando in tal modo gli interessi dei dipendenti della GDO e di tutti gli esercizi commerciali, degli ambulanti, degli operatori del mercato civico.

 

Fermeremo l’emorragia delle licenze ai nuovi centri commerciali visto che Sassari è al vertice della classifica europea per espansione della GDO per abitante: 172 metri quadri ogni mille persone.

Una volta in Consiglio Comunale noi spezzeremo il patto di ferro fra l’amministrazione e la Grande Distribuzione riportando produttori, commercianti, artigiani e piccole botteghe in città e ripristinando il rapporto fra la nostra città e la campagna circostante.