La regione storica del Barigadu, inserita in un contesto di forte valenza paesaggistica, appare oggi fortemente caratterizzata dal bacino artificiale del Lago Omodeo, realizzato sbarrando il Tirso (1918-1924), uno dei corsi d’acqua più importanti della Sardegna. L’Omodeo, creato a scopo idroelettrico e irriguo, divenne il lago artificiale più grande d’Europa: nell’ultimo decennio del novecento, cedimenti strutturali della diga di Santa Chiara, resero necessaria la costruzione – a valle del precedente – di un nuovo sbarramento.

 

La creazione di questo invaso, oltre ad aver mutato profondamente il paesaggio naturale, ha causato l’obliterazione di numerose tracce di vita del passato. Tra le emergenze archeologiche andate sommerse sotto le acque del lago Omodeo, sono da segnalare diverse necropoli prenuragiche e numerosi nuraghi, molti dei quali rifrequentati in età storica. Fu salvata solamente la chiesa tardoromanica di San Pietro di Zuri (Anselmo da Como, 1291) mediante un’operazione di anastilosi, uno dei pochi casi in Italia.

 

Le più antiche attestazioni della presenza umana nelle fasce areali sommerse e contermini del lago Omodeo, risalgono al Neolitico Recente (IV millennio a.C.). Possono ascriversi a quest’epoca almeno 150 tombe ipogeiche del tipo a “domus de janas”, così denominate dalla fantasia popolare che le ritiene abitate dalle janas, esseri sovrannaturali e misteriose figlie delle tenebre. Si può senz’altro affermare che tali monumenti costituiscono l’elemento peculiare e caratterizzante del patrimonio archeologico di questa regione.

 

Nel Barigadu il fenomeno ipogeico si presenta con manifestazioni interessanti soprattutto per quanto concerne le rappresentazioni di partiture architettoniche (soffitti decorati, pilastri, lesene, zoccoli, etc.), incisi, scolpiti o dipinti sulle pareti delle sepolture.

 

Si ritiene comunemente che tali decorazioni traessero esempio dalle principali strutture dell’architettura civile, quasi a sottolineare il rapporto ideale fra l’abitazione e la tomba nelle concezioni religiose del mondo prenuragico.

 

Si collega invece al patrimonio di valori e credenze relative all’ideologia funeraria, la presenza in alcuni ipogei della cosiddetta falsa porta, interpretata quale porta inferi. In altre domus compaiono, scolpiti sulle pareti d’ingresso protomi taurine, raffigurazioni, forse, di una divinità maschile, Dio-Toro, posta a protezione del sepolcro e simbolo di forza riproduttrice. In alcuni casi queste raffigurazioni magico-religiose compaiono sulle facce di un pilastro.

 

Fra le domus de janas del Barigadu, di straordinario interesse, non solo per la particolarità dei motivi architettonico-decorativi riprodotti sui soffitti e sulle pareti degli ambienti principali, ma anche, e soprattutto, per il fatto che tali motivi sono resi simbolicamente tramite pittura rossa (forse ocra), è la Tomba di Mandras.

 

In Sardegna si contano solamente sessantotto domus de janas dipinte, ricadenti per lo più all’interno della provincia di Oristano.

 

L’ipogeo di Mandras, pluricellulare e dalla planimetria articolata, si apre alla base di un basso affioramento trachitico, ove, accanto, sulla destra, è presente il chiaro tentativo di escavazione di una seconda grotticella. Al suo interno coesistono, oltre a quelle che richiamano semipilastri e finte nicchie, le rappresentazioni dipinte di due tipologie di soffitti: ellittica nell’anticella, ad uno oppure a due spioventi con lati brevi arrotondati nella cella principale. Il soffitto dell’anticella è segnato da sei travetti dipinti di rosso – tre per lato – che convergono verso una banda circolare appena visibile, interpretabile, forse, come il sistema di legatura dei travetti. Il soffitto della cella principale mostra invece la rappresentazione del tetto ad uno oppure a due spioventi con lati brevi arrotondati reso da fasce di colore rosso. Ma l’impatto più emozionante viene dal motivo dipinto “a reticolato” presente sulla parete d’ingresso e in parte su quelle laterali della cella principale, ottenuto con fasce orizzontali e verticali di colore rosso. Il motivo a “reticolato”, allo stato attuale delle ricerche, per le dimensioni eccezionali e soprattutto per il fatto di essere reso tramite pittura, costituisce un unicum. Questo motivo riprodurrebbe, pur con le riserve che si impongono in assenza di confronti sicuri, l’intelaiatura delle pareti laterali della capanna preistorica costituita da pali sistemati sia in senso verticale che orizzontale. Non è escluso che all’interno della nostra domus possano essere presenti altri elementi simbolici non più visibili a occhio nudo, soprattutto nella cella principale.

 

La Tomba di Mandras, straordinaria testimonianza dell’arte funeraria prenuragica, versa in uno stato di totale abbandono e degrado. Il monumento, aggredito esternamente dal proliferare della vegetazione, è attraversato da profonde fenditure, motivo per il quale la tomba è soggetta a costanti allagamenti. A causa dell’eccessiva umidità, le pareti dei diversi ambienti risultano deteriorate da muffe e concrezioni. Ciò rende indispensabile un progetto di recupero e restauro.

 

Il comune di Ardauli si è impegnato a mettere a disposizione i mezzi finanziari necessari a coprire le fasi iniziali del progetto. Per Alessandro Usai, funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano, i lavori dovranno riguardare innanzitutto la realizzazione di microinterventi di pulizia esterna ed il consolidamento delle fessurazioni diffuse, in modo da bloccare l’azione delle acque meteoriche. Successivamente dovrà avvenire il restauro delle pitture, intervento delicato ed impegnativo che non sarà possibile affrontare nell’immediato, ma per il quale si possono già predisporre i contenuti. Per quanto concerne i costi, appare chiaro che all’impresa dovranno concorrere, oltre al comune di Ardauli, anche altri soggetti istituzionali.

 

Da queste colonne messe a disposizione da Lacanas, l’associazione Paleoworking Sardegna si fa promotrice di un appello alle istituzioni, al mondo scientifico e delle fondazioni, affinché si intervenga tutti, ciascuno nei rispettivi ambiti e con le specifiche competenze, per difendere questa importante testimonianza, di modo che il recupero e il restauro della tomba di Mandras – unitamente ad un piano di tutela e salvaguardia degli altri monumenti preistorici individuati nel territorio – permettano di preservare ai posteri questo inestimabile patrimonio.

 

Questi monumenti, considerato il loro interesse scientifico, costituiscono infatti un patrimonio da salvaguardare e gestire, sul quale è possibile fondare concrete prospettive di sviluppo sostenibile.